Cari Amici,
siamo giunti all’ultimo dei nostri ormai cari appuntamenti mensili con le sorelle Bergamo. Come si poteva facilmente immaginare, Ines e Mimy escono di scena in maniera trionfale, regalandoci per dicembre un solenne e ricchissimo “menus” natalizio datato 1932 (anno di pubblicazione del libro)! Io ovviamente non posso che congedare, riconoscente, queste mie due dolci e attempate “corrispondenti culinarie” incontrate per caso in un mercatino delle pulci. Ci hanno allietato per ben 12 mesi raccontandoci nei dettagli la buona cucina borghese di 91 anni or sono (con e senza servitù). Eccessive, logiche, ironiche, confusionarie, inaffidabili, magnificenti, ragionate, squinternate…in questo lungo anno le abbiamo conosciute davvero bene, e sotto ogni aspetto (pregi, difetti)! E siccome ormai è arrivato il tempo di salutarci vi dico grazie care fanciulle, ovunque voi siate, so che eravate due ottime cuoche fantasiose, creative e cosmopolite (probabilmente molto migliori del vostro libro senza correzioni di bozze)!
Arrivederci Ines e Mimy!
Come sempre ricordo che le ricette che seguono sono riportate INTEGRALMENTE (quindi anche nella grafia, errori, virgole a caso, dosi e grammature) così come sono state pubblicate nel 1936. Io NON ho testato questi piatti nella mia cucina: tenete presente che essendo preparazioni elaborate per gusti, contesti e attrezzature di novant’anni fa, per essere replicati al giorno d’oggi avrebbero bisogno ammodernamenti strutturali notevoli. Trascrivo mensilmente appunti e ricette delle sorelle Bergamo con l’unico scopo di gironzolare insieme tra “anticaglie culinarie”, come se con queste letture bacucche addobbassi un mio “Cabinet des curiosité” a tema gastronomico. Spero apprezziate in mio intento da “flâneur” a spasso nel tempo e nei gusti.
Di seguito trovate i link a tutti i “mesus” dei mesi precedenti:
– Gennaio – Colazione di Capo d’Anno
– Febbraio – Buffet da Ballo
– Marzo – Colazione Bianca
– Aprile – Carciofi alla Cavour
– Maggio – Regina di Maggio a Tavola!
– Giugno –“Pique Nique” (“partita di piacere”)
– Luglio – “Cold Lunch inglese”
– Agosto – “Colazione all’aperto”
– Settembre – “The servito sui tavolini”
– Ottobre – “Cock-tail” (coda di gallo)
– Novembre –“ricette economiche”
– Dicembre – “Pranzo di Natale”
Ines e Mimy Bergamo
A TAVOLA! MENUS STAGIONALI RELATIVE RICETTEPER TUTTI I MESI E TUTTE LE RICORRENZE DELL’ANNO SEGUITE DA ALTRE 200 RICETTE SPECIALI PER CUCINARE ECONOMICAMENTE
ULRICO HOEPLI EDITORE – MILANO 1936
Dicembre…
È l’ultimo mese dell’anno, ma il migliore per l’arte culinaria.Tutti gli altri sono come una preparazione a questo mese di grandi feste, e di succulenti pranzettini consumati in famiglia in allegra compagnia. In questo mese ricorre Natale, festeggiato in tutto il mondo! Chi non s’affaccenda a preparare per quel giorno qualche cosa di nuovo, di speciale, per dare gioia ai propri cari? La donna di casa, riunisce tutti in quel grande giorno attorno alla tavola e serba sia ai piccoli, come ai grandi, sorprese culinarie; tra un piatto e l’altro, una chiacchiera ed un racconto, i membri di una famiglia, anche se una volta sola a Natale tornano a casa, si ritrovano tutti in dolce intimità. Corrono piacevoli e sciolti i discorsi, regna una nota di armonia che allieta le belle riunioni di carattere familiare, le quali sono semplici, ma così piene di serenità, di pace, e di completa affettuosità, specialmente se rallegrate dal giocondo chiacchierio di bimbetti felici e di gioventù spensierata. Queste riunioni sono un segreto delle donne, tengono saldo il nodo delle famiglie, l’amore alla casa e vivo l’affetto.
In questo mese tutti i frutti di mare hanno raggiunto il loro massimo di bontà e sul mercato c’è grande quantità di pesce fresco che per il clima rigido si lascia trasportare bene e diminuisce di prezzo. È il tempo delle oche, tacchini ingrassati e preparati apposta per le feste. Le galline ci daranno un brodo per cuocere gli immancabili ravioli di Natale. Solo le uova hanno raggiunto questo mese prezzi proibitivi e possono quasi passare per oggetto prezioso. La carne è eccellente, ma poiché il suo prezzo è elevato, daremo in questo mese tutte le nostre preferenze alla polleria che è a buon mercato e può benissimo supplire la carne rossa. Gli ortaggi e i legumi sono abbondanti, però sono aumentati sensibilmente di prezzo. I tartufi sono molto cari e la massaia si decide solo per l’occasione di Natale a permettersi il lusso d’offrirne alla famiglia.
A rallegrare la nostra tavola ed a portare una nota di colore ci sono i mandarini, i datteri e le banane; peccato che queste ultime siano sempre un po’ care; le rance non sono ancora a completa maturazione.
PRANZO DI NATALE
Terrina di patè di foie-gras alla borghese – Ravioli consommè – Trota salmonea al champagne – Filettini di bue – Patate duchessa – Cavolfiori al gratin – Dindo arrosto – Insalata – Asparagi all’italiana – Gelato – Panettone – Frutta.
TERRINA DI PATÉ DI FOIE-GRAS ALLA BORGHESE
Come avvolto in un profumato mistero resterà sempre per ogni buongustaio il patè. Questo assieme di quattro sostanze è un delizioso piatto fino ad oggi insuperato per l’armonia di ogni cosa e per il gusto piacevole. Si parla in Alsazia fin dal 1760 di patè, questa “delicatesse” ha fatto, sotto il nome di Strasbourg, il giro del mondo.
Ogni famiglia, amante della buona tavola, ha, si può dire, la sua ricetta misteriosa che tiene gelosamente segreta e fa il patè dosando a piacimento, secondo il gusto dei suoi di casa, i quattro ingredienti necessari. Ognuno può fare da sé un eccellente patè.
La tradizione vuole che il tempo del patè si inizi col mese di Natale e questo continui fino al primo risveglio di primavera poiché il patè è un insieme di cose delicate che si possono alterare facilmente con il primo caldo.
Procuratevi una terrina verniciata col coperchio che abbia un buchino. Pesate 250 gr. di filetto di maiale di un bel colore rosa, 250 gr. di lardo bianco, 300 gr. di fegato d’oca (foie-gras) che troverete in commercio. Esso differenzia dal solito per la sua grossezza che può raggiungere fino un peso di 500 gr. poiché si sa che vi sono oche come quelle di Toulouse, che possono raggiungere i 12 chilogrammi, e se sono alimentate artificialmente col sistema “Gavage” ingrassano talmente che il fegato può raggiungere un peso esagerato.
Segliere il fegato (foie-gras) privo di filettature o venature e senza macchie; tagliatelo a fette sottili ed infilate in ogni fetta una lista di tartufo nero, che avrete prima spazzolato bene senza però averlo lavato e lasciate questa fetta di fegato per una o due ore a riposare. Passate alla macchina, poi al setaccio il maiale e il lardo e fate del tutto, una pasta molto fine; salatela giustamente, unite un’abbondante presa di pepe bianco e una di rosso, un pizzico di droghe diverse e mischiate assieme. Coprite il fondo di una terrina di un leggero strato di farcia, mettete sopra questo uno strato di fette di foie-gras (fegato d’oca), uno di farcia e così di seguito finchè lo stampo sia pieno, avendo cura di terminare con uno strato di farcia. Coprite il tutto con sottili fette di lardo e mettete sopra il coperchio. Preparate una pentola che vada al forno, riempitela per tre quarti d’acqua ed introducetevi la terrina e cuocete al forno a bagnomaria per 15 minuti e non più. Ritirate e lasciate raffreddare completamente senza togliere il recipiente dall’acqua, né aprirlo.
Quando sarò freddo scoprite e togliete il lardo e il grasso che sarà alla superficie.
Fate una miscela con 100 gr. di burro fresco e 100 gr. di grasso tolto dalla superficie della terrina o grasso d’oca fuso e ricoprite la terrina. Quando servite questo patè di foie-gras, portate la terrina stessa sopra un piatto da portata comune col solito tovagliolino sotto ed accompagnatelo di un cucchiaio che immergerete nell’acqua calda perché sia più facile togliere il grasso.
RAVIOLI IN CONSOMMÉ
Fate la solita pasta come per le tagliatelle con 500 gr. di farina, 3 uova, un pizzico di sale e mezzo bicchiere d’acqua e dopo averla lavorata molto bene tirate la pasta il più sottile possibile. Mettete poi in linea retta a poca distanza l’una dall’altra delle noccioline di farcia. Bagnate con un pennellino il bordo della pasta con un uovo battuto, con un po’ d’acqua e voltatela sopra la noce di farcia tanto da coprirla interamente. Tagliatene fuori con un bicchierino delle mezze lunette e col rotellino a ravioli, formatene dei quadretti e posate ogni pezzetto affinché non attacchi, sopra un tovagliolo cosparso di farina. Dieci minuti prima di servire versate i ravioli in brodo bollente e lasciateli finchè vengano a galla, poi con tutta cura versate il tutto nella zuppiera.
FARCIA PEI RAVIOLI
Tritate finissimo 200 gr. di polpa di pollo arrosto, 100 gr. di midolla di bue, un abbondante cucchiaio di sugo di carne, 60 gr. di formaggio grattugiato e due rossi d’uovo. Lavorate bene la farcia, indi unite sale, pepe e noce moscata e 30 gr. di ricotta e passate tutto al setaccio. Formate tante noccioline che metterete nella pasta.
TROTA SALMONEA AL CHAMPAGNE
In due litri abbondanti d’acqua mettete una carota, un gambo di sedano, una rondella di limone e fate bollire coperto per un’ora e mezza; unite poi un cucchiaio di aceto e del sale. Pasate il brodo al setaccio indi mettete nella pesciaiola una bella trota salmonea di 1500 gr. circa e versatele sopra il brodo e una intiera bottiglia di champagne secco (o vino bianco). Coprite bene e lasciate che a fuoco dolce per un’ora il pesce si profumi dello champagne. Cotto che sia il pesce, toglietelo dal fuoco e lasciate che raffreddi completamente nel suo sugo. Per facilitare il suo raffreddamento sarà meglio portare la pesciaiola sul ghiaccio o fuori sulla neve (in campagna) poiché raffreddandosi presto conserverà maggiormente il suo aroma.
Togliete la trota dalla pesciaiola e con delicatezza togliete al pesce la pelle e posate sopra questo delle fettine di tartufi neri cotti in burro e spruzzati leggermente di champagne. Coprite così tutta la superficie della trota lasciando libera solo la testa e la coda. Posate sopra un piatto lungo, una fetta sottile di pane carrè spalmata di burro e d’acciughe; mettete sopra questa il pesce. Coprite il fondo del piatto di buona gelatina fatta col brodo della trota stessae lasciate gelare sul ghiaccio. Tenete il piatto sul ghiaccio fino al momento di servire.
FILETTI DI BUE
Scegliete un filetto ben tenero, mondatelo bene, tagliatelo come piccole medaglie e mettetelo a marinare un’ora in olio e succo di limone. Fate arroventare un tegame di ferro, mettetevi i filetti e voltateli da una parte e dall’altra affinchè conservino tutto il sangue che li tien teneri. Posate ogni filetto sopra le patate duchessa già precedentemente preparate. Coprite ogni filetto con due fettine di tartufo bianco fresco. Fate un leggero brodo con sugio di carne e mezzo bicchiere di buon Porto; lasciate evaporare qualche attimo sul fuoco e versate il tutto sul fondo del piatto che avrete prima riscaldato nel forno.
PATATE DUCHESSA
Cuocete un chilogramma di patate in acqua salata e quando saranno tenere, ma non troppo cotte, sortitele dal tegame, scolatele, pelatele bene e passatele allo schiacciapatate. Unite alla purè 100 gr. di burro, sale e pepe, 3 rossi d’uovo. Mischiate il tutto ben assieme e lavorate a lungo la purée. Formatene un cucchiaio di legno delle specie di brioche avendo cura d’appiattirle alla superficie e posatele man mano sopra la latta del forno imburrata prima. Fate dorare a forno caldo per dieci minuti.
CAVOLFIORI AL GRATIN
Scegliete un bel cavolo grosso e ben compatto, allontanate le foglie verdi, lavatelo in acqua e sale. Fate bollire in un tegame dell’acqua salata quanto abbisogna per il vostro cavolo e quando bolle bene immergetevi il cavolo e fatelo cuocere finché, provandolo con una forchetta lo sentirete tenero. Sortitelo poi dal tegame, scolatelo bene e mettetelo in una casseruola con burro spumante. Lasciatelo così sul fuoco e di tanto in tanto versatevi sopra con un cucchiaio il suo burro affinché ne resti ben imbevuto e mettetelo poi in una teglia di pirofila.
Preparate una salsa Mornay, salsa speciale per gratin.
SALSA MORNAY
Fate fondere in un tegamino 50 gr. di burro, unitevi una scodella di farina e diluite con mezzo litro di latte o di brodo in maniera che non si formi neppure un grano; rimestate bene e lasciate cuocere finché sarà di una giusta densità. Indi mettetevi 50 gr. di formaggio grattugiato (possibilmente la metà di gruviera e l’altra metà di parmigiano). Rimuovete il tutto bene ed incorporatevi etto di burro.
Prendete questa salsa e con un cucchiaino fatela penetrare nell’interno del cavolfiore così che tutto sia ben condito. Cospargetene tutto il fondo della teglia e coprite in ultimo della stessa salsa tutto il cavolfiore. Introducete la teglia nel forno e lasciate dorare bene. Servite subito appena d’oro.
TACCHINO ARROSTO
Il tradizionale tacchino che in questi tempi invade i mercati d’Europa e d’America, è la solenne comparsa, il pezzo grosso del pranzo di Natale. Il buon milanese, sempre tenacemente attaccato alle vecchie tradizioni, ne soffrirebbe quasi moralmente se non potesse in tal giorno gustare il suo “pulin”.
La brava massaia avrà cura di scegliere sempre una giovane tacchina e possibilmente una bella tacchina dalle penne bianche ( si sa che la carne di femmina supera in lungo per bontà quella del maschio). Le tacchine bianche sono tenere e squisite e si dice abbiano maggior somiglianza col così decantato tacchino selvatico che abita l’immensa plaga del Canadà e della Florida, ma che purtroppo va sempre più scomparendo. Quel tacchino selvatico, tenuto in gran conto presso tutti i vecchi buongustai giunse fino a noi attraverso i buoni padri Gesuiti.
Allestite un tacchino con ogni cura, lavatelo bene in tant’acqua poiché questa non gli fa perdere nulla del suo profumo particolare ed asciugatelo bene. Introducete con maniera, delle sottili fette di tartufi neri freschi fra la pelle e la carne, per profumare la sua carne. Preparate tritato finemente assieme 200 gr. di lardo bianco, il fegato e la minuta del tacchino stesso, più 4 fegati di pollo, una cipolla, uno spicchio d’aglio, tre pezzettini di tartufi neri, mescolate il tutto molto bene assieme. Diluite con un cucchiaio di grappa e uno di cognac. Riscaldate questa farcia in burro caldo e unitevi i tre tartufi neri crudi tritati prima e riempite l’interno del vostro tacchino. Chiudete bene l’apertura, coprite il tacchino con un lino e lasciate in luogo tiepido per due ore circa. Trascorso il tempo fatelo friggere bene d’oro da tutte le parti in burro spumante, indi introducete il tegame nel forno dolce. Pungetelo sovente con un ferro da calza, bagnatelo con qualche goccia di cognac diluita con poc’acqua o con brodo e, se vedete che si asciuga troppo aggiungete qualche pezzettino di burro e lasciate cuocere dolcemente per 3 o 4 ore. Così preparato e cucinato il tacchino sarà saporitissimo nonché squisito. Servite sopra un grande piatto lungo da portata, contornato da foglie d’insalata trevisana con tinte ben vive.
INSALATA WITLOOF
Questa insalata detta comunemente “indivia” si trova in commercio anche in scatole. Bisogna badare che questa insalata sia senza una macchia scura ed il suo cuore lungo si presenti molto bianco. Scelta che l’avrete, mondatela e lavatela bene e fatela sgocciolare.
Tagliatela per il rotondo. Fate a parte una salsa con un uovo poco cotto; passatelo ad un setaccio con uni spicchio di scalogna finemente tritata e due foglie di cerfoglio. Condite questa pasta fine con poco sale, pepe, poco olio e poc’aceto. Incorporate tutto bene e versate sopra l’insalata, servite all’istante. Questo condimento serve per tutte le insalate cicorie.
ASPARAGI
È usanza d’introdurre col menu di Natale gli asparagi, troviamo però che in questa stagione sono asparagi di serra, quindi troppo cari e senza gusto, sarebbe perciò più ragionevole astenersene. I conservati poi sono asparagi che hanno perso se non tutto, in gran parte il loro bell’aspetto, il profumo ed il gusto, e possono talvolta essere nocivi alla salute. Gli ortaggi fuori stagione, come abbiamo già detto, sono un lusso sbagliato poiché non si possono gustare come i freschi. Ad ogni modo il miglior modo di gustarli resta sempre quello della ricetta “Asparagi alla milanese”.
GELATO DI MANDORLE
Pestate, avendo cura di spruzzarle con acqua fresca, 125 gr. di mandorle cotte dopo averle rese in polvere e fatto a parte una crema alla vaniglia (vedi pag. 44) incorporatele insieme. Coprite la marmitta nella quale avrete versato la crema e lasciate riposare per due ore. Indi passate al setaccio e mettete nel secchio da gelati e procedete come sempre.
Servite questo gelato in una insalatiera di vetro, cristallo o argento e lasciate che ogni convitato se ne serva a piacere. Accompagnatelo col tradizionale panettone.
(le illustrazioni di questo post sono tratte da “L’Arte Cucinaria in Italia” di A. Cuorgnet, 1910, mentre la lista dell vivande compilata a mano è stata fotografata al Castello di Castellamonte).
pascal dice
complimenti ottimi consigli non si termina mai di imparare
Betulla dice
in effetti il mondo culinario delle sorelle Bergamo è pieno di cose interessanti, astuzie e trucchetti che noi non usiamo più. Sicuramente leggere le loro ricette è un modo curioso di imparae cose nuove. Grazie mille per il commento…a presto!
enzo dice
anche se non riusciro’ mai a rifare tutte queste ricette ne tenterò qualcuna prima del natale e se mi riescono…. grazie perchè mi sarò comunque divertito ed imparato qualcosa
Betulla dice
Caro Enzo, sono convinta che le ricette delle sorelle Bergamo siano una buona fonte d’ispirazione…poi ovviamente io devo sempre “mettere le mani avanti” e scrivere ovunque che non ho testato personamente tutte le ricette, perchè mi rendo conto che non sono precise e dettagliate come si addice al mondo moderno e potrebbero generare spaesamento e confusione. Ma se si è abituati a chiedere le ricette a una nonna, o anche a una mamma di una certa età, si incontrano le stesse “approssimazioni”, dosi generiche, procedimenti tracciati “a grandi linee”, tempi di cottura tarati “al campanile”. Insomma se si ha un po’ di esperienza le idee culinarie delle due nostre care, attempate, sorelle possono essere una traccia preziosa, una base da cui partire per realizzare delizie “fuori dal tempo” eppure sempre molto affascinanti.Il senso di questo mio vagare per “anticaglie culinarie” è proprio questo: ovvero non trovare la ricetta perfetta, ma imparare qualcosa che non sapevo, e impararlo con il sorriso! Grazie di cuore per aver colto con entusiasmo lo spirito di questo progetto lungo un anno (ovviamente incrocio le dita per gli esperimenti golosi)! a presto…