Bentrovati cari Amici bacucchi!
Visto il gran caldo del mese appena trascorso ho deciso di mettere da parte momentaneamente i dolci veri e propri di Cora Millet-Robinet (autrice de “La Maison Rustique Des Dames” 1844) per dedicarmi a un grande classico della cucina francese, ovvero la “gallette” detta anche “crêpes di grano saraceno” (leggermente meno impegnativa in termini di calore generato in cucina rispetto al forno). E chi meglio di Cora poteva condurci nell’esplorazione di questa delizia bretone passata ormai tra i vessilli della gastronomia dell’intero Hexagone??? Certo la nostra cara fanciulla cuoceva le sue galettes con la tipica “galettoire” sul fuoco del camino, noi invece ci accontentiamo di una padellina per “crêpes” sul fornello a gas, ma il risultato non cambia!
Per ricordarvi l’intero progetto a questo link trovate il post generale di presentazione “La Maison Rustique Des Dames” (spiego anche dove leggere gratuitamente l’intera opera di Cora). Di seguito invece, come sempre, ci sono i consigli di Cora in francese, poi la mia traduzione (moolto libera), infine la mia ricetta (“le galettes” sono una base straordinaria in cucina e si possono farcire in tantissimi modi diversi).
Mi auguro che abbiate passato una bella estate…ora vi saluto sperando che l’autunno ci riservi molte delizie condivise e tante ciance!
A presto…
GALETTES OU CRÊPES DE SARRASIN
di Cora Millet-Robinet “La Maison Rustique Des Dames” 1844.
Farine de blé noir ou sarrasin.
Le sarrasin peut être cultivé avec succès dans presque toutes les parties de France; cependant l’emploi de sa farine n’y est pas généralement connu, bien quell’elle se prête à diverses preparations fort bonnes; les personnes qui ont habité les pays où l’on en fait usage la mangent avec plaisir. Elle a le double avantage d’être d’une digestion très facile et d’un prix peu élevé. J’engage la maîtresse de maison à entroduire chez elle la culture du sarrasin et l’usage de sa farine.
Galettes ou crêpes de sarrasin (déjeuner). – Pour les preparer, il faut avoir une galettoire en fonte, munie d’un manche court. La galetoire est une espèce de pôele plate, sans rebord ou avec un rebord très peu élevé. Lorsqu’elle est dépourvue de pieds, on la pose sur un tépied. On ajoute au manche de fonte un morceau de bois assez long que l’on fixe avec un fil de fer, afin d’éviter de se brûler en maintenant le manche en fonte. Il faut de plus se munir d’une palette en fer mince, ayant la forme d’un grand couteau à bout arrondi, mais de 6 à 7 centimètres de largeur sur 30 à 35 de longueur, et ayant aussi un manche; et enfin d’un petit manche de bois, ou bout duquel on roule un peu de ligne bien blanc, pour en former un pinceau gros comme le doigt.Lorsqu’on est muni de tous ces utensiles, on prépare de la manière suivante la pâte qui doit servir à faire les galettes. Mettez dans un plat creux un litre de farine de sarrasin, cassez quatre oeuf au milieu; délayez avec la farine, en ajoutant du lait, de manière à former une bouillie très claire; salez.
Mettez la galettoire sur le feu; lorsqu’elle est bien chaude, prenez gros comme la moitiè d’une noix de beurre et étendez-le sur la galettoire avec le pinceau; le beurre peut être remplacé par de la graisse; versez aussitôt avec la cuiller à pot une cuillerée de pâte; assez forte pour qu’en inclinant de tous côtés la galettoire, la pâte, en s’étendant, couvre toute la surface d’une couche tès mince. Laissez cuire; soulevez avec la palette pour vous assurer que la galette a pris une belle couleur. Lorsq’elle est arrivée à ce point, passez avec adresse la palette sous la galette; soulevez celle-ci, tournez-la sens dessus dessous: laissez-la cuire de l’autre côté. Servez. Certains gourmets étendent un peu de beurre frais sur la galette avant de la manger; d’autres y ajoutent du sucre râpé. Il faut manger les galettes au fur et à mesurequ’elles sont cuites. Aussitôt que l’une est retiree, on remet du beurre, puis de la pâte, et on continue de même. Le feu doit être modéré du côté du fond de la cheminée; il doit être plus animé du côté du manche de la galettoire. On l’entrerien au moyen de petits morceaux de bois cupés très courts, qu’on ajouteau feu dans les entroits où on voit qu’il a besoin d’être animé. Au centre de la galettoire il en faut très peu. J’entre dans ces menus détail, parce que de la perfection de la cuisson dépend en grande partie la bonté du mets.
En posant la galettoire qui n’a pas des pieds, sur le fourneau économique, on y fait parfaitement les galettes; ells peuvent aussi se faire dans une poêle comme des crêpes, mais ce n’est pas aussi commode et ells se font moins bien et sont beaucoup plus petites.
Ces galettes sont excellentes et bien moins indigestes que les crêpes. Il faut entretenir convenablement le feu, et sourtout savoir le diriger vers le point où la galette paraît moins disposée à prendre une belle couleur.
En famille, on partage chaque galette, à mesure qu’elle sort de la galettoire, en trois ou quatre portion, afin de satisfaire à la fois un plus grand nombre de convives. C’est un mets de déjeuner, peu connu dans une grande partie de la France, et dont l’usage mérite d’être propagé.
Traduzione italiana con adattamenti a cura di chi scrive:
Farina di grano nero o di grano saraceno.
Il grano saraceno può essere coltivato con successo in quasi tutte le zone della Francia; tuttavia non è molto conosciuto l’uso della sua farina, benché questa si presti a diverse preparazioni molto buone; le persone che hanno vissuto nei paesi in cui se ne fa uso lo mangiano con piacere. Ha il doppio vantaggio di essere molto digeribile e poco costoso. Invito la padrona di casa ad introdurre nella sua casa la coltivazione del grano saraceno e l’uso della sua farina.
“Galettes” o crêpes di grano saraceno (pranzo). – Per prepararle vi occorre una “galetoire” in ghisa con il manico corto. La “galetoire” è un tipo di padella piana, senza bordo o con il bordo molto basso. Quando non ha zampe incorporate, viene posizionata su un treppiede. Aggiungiamo al manico in ghisa un pezzo di legno abbastanza lungo che fissiamo con un filo, in modo da evitare di scottarci mentre teniamo il manico in ghisa. Bisogna munirsi anche di una paletta di ferro sottile, a forma di grosso coltello con la punta arrotondata, ma larga da 6 a 7 centimetri e lunga da 30 a 35, e munita anch’essa di manico; ed infine un piccolo manico di legno, all’estremità del quale arrotoliamo un po’ di filo bianchissimo, per formare un pennello grosso come un dito. Quando saremo muniti di tutti questi utensili, prepariamo nel modo seguente la pastella che servirà per fare le “galettes”. Mettete un litro di farina di grano saraceno in un piatto fondo, rompete al centro quattro uova; mescolate aggiungendo il latte, in modo da formare un impasto molto chiaro; sale.
Mettete la “galetoire” sul fuoco; quando sarà ben caldo, prendete ben mezza noce di burro e spalmatela sulla padella con il pennello; il burro può essere sostituito con grasso; versare subito un cucchiaio di pastella abbastanza abbondante in modo che inclinando la padella su tutti i lati, l’impasto, allargandosi, ricopra tutta la superficie con uno strato molto sottile. Lasciare cuocere; sollevare con la paletta per far sì che la “galette” assuma un bel colore. Giunti a questo punto, passate abilmente la paletta sotto la “galette”; sollevatela, capovolgetela: fatela cuocere anche dall’altro lato. Servire. Alcuni buongustai spalmano un po’ di burro fresco sulla “galette” prima di mangiarla; altri aggiungono zucchero. Bisogna mangiare le “galettes” calde man mano che si fanno cuocere. Appena ne avrete tolto una conditela con il burro, poi preparatene subito un’altra e continuate così. Il fuoco deve essere moderato verso il retro e ai lati; mentre deve essere più vivo dalla parte del manico della padella. Mantenere la fiamma utilizzando piccoli pezzi di legno tagliati molto corti, che aggiungiamo al fuoco nei punti in cui vediamo che ha bisogno di essere animato. Al centro della padella ne basta davvero poco. Entro in questi piccoli dettagli, perché la bontà del piatto dipende in gran parte dalla perfezione della cottura.
Mettendo la “galetoire” senza piedini sul fornello economico, le “galette” si preparano perfettamente; Si possono fare anche direttamente in padella come le crêpes, ma non è così comodo: non cuociono altrettanto bene e vengono molto più piccole.
Queste “galettes” sono ottime e molto meno indigeste delle classiche “crêpes”. Bisogna mantenere bene il fuoco, e soprattutto saperlo indirizzare verso il punto in cui la “galette” sembra assumere meno colore. In famiglia, dividiamo ogni “galette”, appena tolta dalla “galettoire”, in tre o quattro porzioni, per poter soddisfare un maggior numero di ospiti contemporaneamente. Si tratta di un piatto da “colazione”, poco conosciuto in gran parte della Francia, e il cui utilizzo merita di essere divulgato.
Come sempre qui di seguito trovate la ricetta che ho seguito io per replicare le “galettes ”di Cora (arriva direttamente dal mitico e adorato Larousse Gastronomique ed è più che affidabile). Come si usa in Basse-Bretagne io preferisco una miscela di grano tenero e grano saraceno (quindi le mie “galettes” non sono troppo scure). In ogni caso è bene considerare che esistono centinaia di modi diversi per fare delle ottime “galettes bretonnes”, basta fare un giretto sui siti francesi ognuno dei quali propone la “véritable recette”, “l’authentique”, “la traditionelle”, “la meilleur”, “la facile”, “la vrai”, quella “de grand-mère”, “l’originale”…(con sottili e minime varianti territoriali – vedi “Crêpe bretonne” e “Galette de sarrasin Haute-Bretagne” su Wikipedia.Fr). Insomma migliaia di “galettes” diverse e ognuno ha i suoi trucchi e i suoi segreti di famiglia per realizzare queste delizie. I consigli di Cora comunque sono davvero preziosi, nel senso che come lei sono convinta dell’importanza di una buona padella per ottenere una cottura omogenea e una “galette” bella sottile. Da anni per crêpes e “galette” io utilizzo un’apposita padella dal fondo spesso in alluminio con interno antiaderente (la mia è della Ballarini e si trova on line e nei negozi di forniture alberghiere con diametri diversi). Non serve una costosissima e pesantissima padella in ghisa, ma se come me siete amanti del genere una piccola e agile “crêpiera” può essere un investimento da considerare. Detto questo le “galettes” sono una base straordinaria (la pastella dura anche due giorni in frigorifero, mentre le galettes cotte non farcite durano perfettamente fino a tre mesi in freezer). Le farciture sono praticamente infinite, ma a differenza delle “crêpes” classiche che sono più dolci e sanno più di uova, qui considerate bene il sapore leggermente nocciolato del grano saraceno…insomma valutate gli abbinamenti un po’ come fareste con una base di pane nero o di segale (qui su “Elle à Table” e su “Cuisine Actuelle” comunque trovate 50 e oltre idee per farcire una “galette” 😉 )!
PASTELLA PER GALETTES O CRÊPES DI GRANO SARACENO
Ingredienti:
125 g di farina di grano sarceno
125 g di farina di grano tenero
3 uova intere
Un pizzico di sale
Un pizzico di pepe nero macinato fresco
250 ml di latte fresco intero
350 ml di acqua fresca
Due cucchiai da minestra di olio extravergine
Olio o burro per ungere la padella
Procedimento:
In una terrina setacciare la farina di grano saraceno con quella di grano tenero. A parte in una scodella battere con una forchetta le tre uova con il pizzico di sale e quello di pepe. Incorporare quindi le uova sbattute alle farine setacciate mescolando con cura. Diluire quindi unendo poco a poco il latte, l’acqua, e infine l’olio. Fare riposare la pastella una o due ore a temperatura ambiente (coprire la ciotola con un piatto o con la pellicola alimentare. Poi procedere con la cottura: scaldare la padella apposita ungendola leggermente. Tamponare l’eccesso con carta da cucina, rovesciare un mestolino di pastella e facendo roteare delicatamente la padella coprire tutta la superficie. Tenere sempre il fuoco basso, ma costante. Con una “spatola per crêpes” (se avete una padella antiaderente meglio averne una in legno o in nylon) tastare i bordi della “galette”. Non appena avrà una buona consistenza girare la “galette” e cuocerla anche dall’altro lato.
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