Carnevale in avvicinamento…così, dopo ben 5 anni di blog, mi sono decisa finalmente a pubblicare il dolcetto tipico del cuneese di questo periodo. Sì, si potrebbe partecipare quegli stupidi tormentoni che girano ogni tanto: sei di Cuneo se…Ebbene, sei di Cuneo (e dintorni) se a Carnevale non mangi bugie, chiacchiere &Co., ma Risòle. Tecnicamente non sono così diverse dalle bugie ripiene che si friggono nel resto d’Italia, ma nella “provincia granda” (specialmente nel capoluogo verso le vallate alpine), il nome originale resiste e serve a distinguerle (non c’è vetrina di pasticceria, panetteria, o cucina amante dei dolci in cui non si chiamino proprio così).
Ora, nonostante fantasiose ipotesi di etimologia popolare che si trovano in rete (nel monregalese hanno forma di mezzaluna da cui qualcuno fa derivare il “riso-sorriso”), il nome Risòle è una chiarissima influenza dell’antico francese roissole «sorte de pâtisserie frite». Come si legge persino su Wikipedia il verbo rissoler significa: «cuire à feu très vif et à découvert, sous surveillance constante, généralement des viandes ou des légumes dans un corps gras, de manière que l’aliment grille ou dore. Rissoler est en principe une étape de la cuisson, un feu très vif étant susceptible de bruler l’aliment». Insomma un altro di quei dolci bacucchi, che dalla Francia, sulle spalle di chi passava da una parte all’altra delle Alpi è arrivato in quel di Cuneo.
Vista la mia “chiacchiera facile con chicchessia”, mi sono resa conto che le fritture domestiche sono uno spauracchio per tante persone. C’è chi adora i cibi unti e bisunti, ma pur di non intasare la cucina (e ogni anfratto di casa) mangia fritture solo al ristorante (bhe, poi ci sono anche questioni dietetiche, ma non sono qui per questo). Chi mi legge da un po’ sa che sostengo da sempre la semplicità della cucina casalinga, che giocoforza non ha a disposizione tecniche, attrezzature e strumenti della cucina professionale. Detto questo sono convinta che un piccolo investimento su un termometro per alimenti sia il segreto per migliorare incredibilmente le fritture (limitando anche gli odori forti che vagano per casa). Friggere bene un tempo era una questione di esperienza, di olio abbondante, e di buona qualità (meglio evitare i cosiddetti oli misti per fritture e usare semplicemente olio di arachidi o di mais), e di una buona casseruola. Se oggi come oggi ci aggiungete il modo di capire con certezza come gestire l’olio non vi fermerà più nessuno (ormai i termometri si trovano ovunque, anche al supermercato con un prezzo che va dagli 8 euro ai 70 per quelli ad infrarossi). Ricapitolando quindi, alla domanda “tip&tricks” by Betulla per friggere rispondo così: termometro, finestra aperta durante la cottura, olio di gomito (dopo la frittura pulisco il fornello e le mattonelle con acqua e aceto o acqua e limone). A tutto ciò aggiungo un “buon consiglio da zietta”, ovvero uno o due listelli di “Carta d’Eritrea”.
La conoscete? Si tratta di una carta impregnata di essenze naturali che bruciando svolge fumi aromatici in grado di contrastare efficacemente gli odori, e sanificare gli ambienti. Da ragazzina ero ammaliata dall’oriente, dal buddismo e dal misticismo indiano, per cui annebbiavo continuamente la mia cameretta con fasci di bastoncini d’incenso (che vista la dubbia qualità lasciavano nell’aria un alone -mistico anche lui- di pipì di gatto). La mania, tra le urla inascoltate della mia mamma è durata fino a che una mia cugina più grande di me, di ritorno da una luunga missione con la croce rossa mi ha fatto conoscere questa carta (usata anche per sanificare gli ambienti in cui stazionano i malati). Ebbene non l’ho più abbandonata, e tutt’ora la considero una dei pochi rimedi davvero funzionanti per eliminare gli odori forti in modo naturale (perfetta se vivete in compagnia di un animaletto domestico). Anche questa -oltre ai miei dolci- è una di quelle “cose bacucche” diffusa un po’ in tutta Europa, come dimostrano le foto della versione francese (“Papier d’Armenie”) che ho avvistato di recente in un mercatino delle pulci. Quella italiana (d’Eritrea appunto), la si compra in farmacia (ve la ordinano senza problemi), nelle erboristerie e nei negozi bio più forniti.
É stata creata dal farmacista Vittoriano Casanova nel 1927 (notare la deliziosa grafica dell’epoca), e di recente è stata messa in commercio anche la versione blu (Tuareg) la cui formula è stata trovata nell’agenda del dottore piacentino. Io adoro entrambe (quella blu ha più legno di cedro e vaniglia), e per essere partita da 4 frittelle, e come togliere di casa la puzza di fritto, credo di aver cianciato abbastanza…
Risòle cuneesi
Ingredienti (per circa 20 risòle):
250 g di farina 00
8 g di lievito chimico per dolci
18 g di zucchero
1 tuorlo d’uovo
25 g di burro fuso
un pizzico di sale
60 ml di latte fresco intero
20 ml di vino bianco secco
15 ml di rum fantasia
(Aromi: bacca di vaniglia, scorza di mezzo limone bio)
un vasetto di marmellata
+ olio per friggere (orachidi o mais)
per servire:
zucchero a velo
Procedimento:
-potete mettere tutti gli ingredienti nell’impastatrice (nell’ordine in cui li ho indicati), oppure impastare il tutto sulla spianatoia partendo dalla classica fontana di farina. In entrambi i casi dovete ottenere un impasto della consistenza simile (forse appena più morbida) alla pasta per fare le tagliatelle (in Piemonte “i tajarin”).
– senza fare riposare la pasta stenderla in uno spessore di circa 3 mm (per farlo potete usare il mattarello oppure la comoda macchinetta per sfoglia tipo Imperia o Marcato che sia). Una volta ottenuta la sottile striscia di pasta appoggiatela sulla spianatoia infarinata e procedete esattamente come fareste per confezionare i ravioli: adagiate il ripieno (un cucchiaino di confettura) a due o tre cm dal lato inferiore della striscia di pasta. Ogni mucchietto di marmellata deve essere distanziato dall’altro di circa 4 o 5 cm. Ripiegate poi il lato superiore della striscia facendolo aderire a quello inferiore. Sigillate bene la pasta tra gli spazi esercitando una leggera pressione con le dita o con il manico della rondella tagliapasta (come vedete in foto). Poi con la rondella tagliate la pasta in eccesso e sistemate questi grossi ravioli dolci su un vassoio infarinato.
-Terminato di confezionare le Risòle mettete l’olio a scaldare in una casseruola. Quando raggiunge i 180° circa friggete le risole (4 o 5 per volta). Cuociono molto in fretta, per cui sarà sufficiente girarle una volta sola (con delicatezza per non bucarle) perchè si gonfino e siano belle dorate. Scolarle con una schiumarola per fritti e adagiarle su un vassoio coperto di carta assorbente da cucina.
-Terminare di friggere le rissole, tamponarle bene da entrambi i lati con carta assorbente e spolverizzarle con zucchero a velo prima di servire calde e fumanti (in ogni caso sono ottime anche fredde).
paola dice
wow,deliziosi,da fare,buona giornata
Betulla dice
Ciao Paola! Grazie per essere passata di qua, sono contenta che apprezzi i miei dolcetti…a presto!
Silvia dice
Ma dove le troviiiiii!!!!! ? ma io poi ci rimango sotto… Ora anche la carta d’Eritrea!
Quanto al fritto, ho fatto pace col fatto che per due giorni l’odore resti. Ma se voglio friggere non mi ferma nessuno!
Betulla dice
e dire che le “bambanate” che scrivo sul blog sono la minima parte di quelle della vita reale. Pensa la mia povera famiglia cosa passa??? Trucchi o non trucchi comunque ogni tanto un po’ di frittura rallegra amini e papille…e chi se ne importa del pentimento dei due giorni successivi! giusto? (lacrime di coccodrillo)!
Alessia dice
Ottime!!
Giovanna dice
Sono appassionata di cucina,ogni anno le bugie (nel Saviglianese le chiamiamo cosi’)per me sono in rito,mi riportano alle tradizioni dell’infanzia.
Ho lavorato per molti anni nella Scuola Primaria e ho coinvolto iiei alunni in laboratori di cucina,dove le esperienze facilitavano le relazioni e l’apprendimento.
Per eliminare gli odori ,appassisco bucce d’arancia ,dove infilo alcuni chiodi di garofano.
Betulla dice
Grazie mille per il suggerimento profumato, proverò anche io! A presto!