In una piccola libreria dell’usato dove ogni tanto vado a caccia di tesori ho trovato questo “Misticanze. Parole del gusto, linguaggi del cibo”. L’ho comprato incuriosita soprattutto dall’autore, Gian Luigi Beccaria, di cui avevo studiato diversi saggi all’università per l’esame di linguistica (qualcuno lo ricorderà anche in veste di giudice nella trasmissione “Parola Mia” di Rispoli). Anche questo Misticanze, tutto sommato è un testo di linguistica. Una grande, gustosa insalata mista di parole e linguaggi legati all’universo del cibo e della cucina. Non ci sono ricette, ovviamente, e forse direi che lo si apprezza meglio se si nutre già un certo amore per la lingua italiana e per le sue cangianti sfumature dialettali. In ogni caso è un libro che ho letto prendendo appunti, e sottolineando con interesse ad ogni pagina nomi e spunti utili anche per le mie esplorazioni culinarie. Una di queste note, tratta dal capitolo 3.Cibo cultura, consuetudini e identità era: «In Piemonte, all’uscita di Kippur, tornando a casa dal Tempio, si gustava la Bruscadela, preparato con fette di pane in cassetta abbrustolite sulle quali si versava vino rosso cotto con zucchero e spezie ».
La frase è rimasta qualche mese appuntata sulla mia agenda, poi siccome mi è venuta voglia di sapere dove fosse il ghetto ebraico di Torino (allego qualche foto) ho creduto che il mio pensiero nel “giorno della memoria” poteva anche essere un sapore: mi sono documentata un po’ e ho rifatto questa deliziosa “bruscadela”*. Si tratta di una non ricetta, perchè sostanzialmente è un buon vin brulè con cui si bagnano delle fette di pane tostato, ma la sua bontà genuina e corroborante ha conquistato i commensali con cui ho condiviso questa merenda.
Vi lascio infine un suggerimento libresco che ultimamente mi ha aiutato ad approfondire e a capire la cultura ebraica in moltissimi suoi aspetti (Claudio Aita, “Viaggio illustrato nella Cucina ebraica”, Nardini Editore 2018). Non fermatevi all’apparenza considerandolo “un semplice libro di cucina”, mantiene la promessa del titolo: è davvero un viaggio illustrato in una cultura affascinante, e mai come quando si fa necessaria l’istituzione di una “giornata della memoria” la conoscenza è un’arma appuntita per ricordare e non ripetere.
I due edifici chiusi tra via Maria Vittoria, via Bogino, via Principe Amedeo e Via San Franceso da Paola, che un tempo un tempo il ghetto ebraico della città di Torino.
*La ricetta è ispirata a E.Loewenthal, Buon appetito, Elia! Manuale di cucina ebraica, Milano, 1998.
Bruscadela di Kippur* degli ebrei piemontesi
Ingredienti per 4 perone:
2 fette di pane
2 bicchieri di vino rosso (nebbiolo)
2 cucchiai rasi di zucchero
3 chiodi di garofano
2 cm di stecca di cannella
4 grani di pepe nero
2 baccelli di cardamomo
1 bacca di ginepro
Procedimento:
tostare le fette di pane nel tostapane. Nel frattempo rovesciare in un pentolino il vino, mescolarvi lo zucchero e unire gli aromi. Accendere il fornello e portare il vino a bollore, poi lasciare cuocere il tutto per qualche minuto mescolando per fare sciogliere lo zucchero. Trasferire le fette di pane tostato in un piatto fondo, e rovesciarvi sopra il vino aromatizzato. Fare riposare fino a quando non finisce il digiuno di Kippur: consumare al ritorno dalla Sinagoga per ritemprarsi dopo la lunga giornata di espiazione.
*Yom Kippur significa “giorno dell’espiazione”. Cade al crepuscolo del 10 del mese di Tishri (tra settembre e ottobre), e prosegue sino alle prime stelle della notte successiva (può quindi durare 25/26 ore). Si tratta di un giorno di digiuno, afflizione e riconciliazione, che chiude il ciclo dei dieci “Giorni penitenziali” cominciati con il capodanno di Rosh haShana. Viene considerato come il giorno ebraico più santo e solenne dell’anno, durante il quale ogni attività va interrotta, perchè questo, si dice sia “lo Shabbat degli Shabbat” (lo Shabbat è il sabato ebraico, giorno in cui Dio si riposò dopo i sei giorni della creazione).
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