In questa luunga e caalda estate ho deciso di colmare le mie lacune sulla cucina del Canavese (il territorio a nord del Piemonte tra Torino e Valle d’Aosta), che è una zona della mia regione che non frequento tanto spesso quanto vorrei. Invece di partire con l’organizzazione pindarica di improbabili gitarole domenicali fuori porta ho pensato di stuzzicare l’esploratore che vive nella dolcemetà partendo dalla tavola. Un grande esploratore gastronomico può sempre trasformarsi in un turista curioso no? «Sì, magari in un secondo tempo, dopo aver digerito… ». Mi ha detto il consorte. Fatto sta che non contenta di ricorrere alle ricette dei miei avi, e a quelle degli avi di congiunti e amici, mi sono messa a frugare tra le memorie di persone anziane a me sconosciute (e canavesane). Ho trovato in biblioteca un libro intitolato “C’era una volta…” zeppo di foto vecchie vecchie, di ricordi e di ricette. Un misto tra un tenerissimo album di famiglia, un erbario e la pagina fb di un paese intero (souvenir, dicerie, ciance e pettegolezzi). Quelle cose in cui io sguazzo e mi perdo, e mi incanto. Finisce sempre che mi affeziono. Come se le storie lette diventassero anche un po’ mie…e lo stesso dicasi per le ricette.
Potevo non innamorarmi di questi fiori ripieni di Marianna Bianco, classe 1896? A dirla tutta mi sono innamorata prima del nome del piatto (certe cose erano importanti anche nei tempi andati): questi non sono fiori di zucca qualunque, sono Madame quacion, ovvero “signore accovacciate”. Ora, dato che il potere evocativo delle parole è per me immenso io ho cominciato a immaginarmi queste signore di fiori un po’ tracagnotte accovacciate nella padella nell’istante in cui ho letto la ricetta. Non ci sono foto sul libro, ma il nome del piatto, e la pragmaticità del dialetto non lasciano dubbi: penso proprio che le Madame quacion di Marianna Bianco fossero così! E come sempre è un grande onore fare rivivere un delizioso sapore perduto (pur con qualche aggiustatina)…che ha conquistato anche l’esigentissimo palato del mio caro compagno di esplorazioni gastronomiche e letture assurde!
MADAME QUACION
Fiori di zucca ripieni
La ricetta originale la trovate sul libro 😉 questa che scrivo qui è quel che è saltato fuori dopo aver letto le sommarie indicazioni (per dirla in piemontese «truch e branca») di una cara signora di due secoli fa sicuramente più avvezza alla pratica della cucina che alla sua trascrizione su carta. Insomma, come sempre liberissimamente ispirata a “C’era una volta, memoria, gastronomia e medicina popolare nel Canavese passato prossimo” di Angela Valle, Ivrea, Priuli&Verlucca, 1996.
Ingredienti:
20 fiori di zucchino
pane grattugiato
4 uova intere
formaggio grattugiato tipo grana
prezzemolo
sale e pepe nero
la scorza di mezzo limone
250 g di ricotta (è una mia aggiunta non presente nella ricetta originale)
olio per friggere (io ho usato l’olio di arachidi)
Procedimento:
In una terrina battere tre uova, amalgamarvi una manciata di formaggio grana, la ricotta, il prezzemolo tritato finissimo, la scorza grattugiata di mezzo limone e 3 o 4 cucchiai di pane pesto. Il composto deve avere una consistenza bella densa, per cui regolatevi voi aggiungendo altro pane grattato se necessario. Regolare di sale e pepe nero, poi riempire i fiori di zucchina lavati delicatamente. Se i fiori sono belli aperti vi sarà sufficiente un cucchiaino, altrimenti vi conviene usare una sac à poche che faciliterà non poco le cose. Dopo aver riempito bene il fiori ripiegate le estremità dei petali in modo da chiudere il fagottino di fiore e creare la base su cui la Madama si accovaccerà.
É un lavoro piuttosto laborioso e lungo (anche Marianna Bianco, o meglio Angela Valle che ha raccolto la ricetta ci mette in guardia). In ogni caso pazientate e riempite tutti i vostri bei fiori giallo/arancioni. Una volta riempiti tutti i fiori sbattete un uovo in un piatto fondo con due cucchiai di latte. Preparate del pangrattato in un’altro piatto fondo e cominciate ad impanare i fiori (dovete fare in modo che l’impanatura “sigilli” bene il fiore in modo che il ripieno non fuoriesca durante la cottura).
Poi scaldate dell’olio di arachidi in una bella padella (di ferro raccomanda Marianna Bianco, e infatti io ho tirato fuori la mia lionese). Quando l’olio avrà raggiunto i 170° cominciate a fare friggere i fiori (in una padella media dovreste farcela in tre tempi). La signora Marianna ci dice di farli rosolare da ambo i lati, perchè, quando saranno ben dorati in superficie anche il ripieno sarà cotto (e in effetti così è)! Scolate i fiori fritti su della carta da cucina, tamponandoli delicatissimamente.
Serviteli subito. La nostra cuciniera Marianna li accompagnava a un contorno di erbe al burro, patate alla brace o insalata di pomodori. Mi perdonerà, Marianna, se vi dico di mangiarli con le mani, caldi bollenti che bisogna soffiarci sopra per non scottarsi la lingua. Dalla padella dei ricordi passati a una cena di mezza estate tra grilli, stelle e bollicine…
p.s: a scanso di equivoci io ho fritto le madame nella lionese in 3 turni in olio abbondante, poi ho gettato l’olio, ho lavato la padella e l’ho riempita con i fiori fritti, li ho sistemati per bene, e l’ho usata per portarli in tavola!
roberta dice
Questa ricetta evocativa di tracagnotte signore….m’incanta!!!
Le vedo , con il loro vestito color del sole ridere di sano gusto su pettegolezzi fatti , complici di segreti!!!
Come sempre …bravissima!!!
Silvia dice
Rimango sempre incantata da come scrivi. Ti adoro, un abbraccio Silvia
Betulla dice
Grazie mille davvero di cuore!