In occasione della manifestazione Gemona, formaggio e dintorni l’ Ecomuseo delle Acque e la Condotta Slow della Carnia “Gianni Cosetti” organizzano ormai da tre anni un concorso intitolato “Raccontate il vostro formaggio del cuore” (lo scopo è quello di fare conoscere diversità e qualità dei formaggi a latte crudo prodotti in Italia e nelle vicine Austria e Slovenia). Domenica 12 novembre si è svolta la premiazione e un mio articolo dedicato al Cevrin di Coazze (+ ricetta) ha vinto il premio speciale degli organizzatori (la rivista di cibo&bevande QB quantobasta e l’ Ecomuseo delle Acque). Le motivazioni del riconoscimento “efficacia narrativa e taglio giornalistico del testo” mi hanno resa davvero orgogliosa. Ma a parte la soddisfazione personale, comunque grandissima, sono felice di aver fatto “viaggiare” il Cevrin, preziosa e rara eccellenza delle montagne piemontesi, raccontandolo meglio a chi magari lo conosce solo di fama.
In attesa della pubblicazione sulla rivista cartacea pubblico qui il mio articolo con ricetta. Con un pensiero di riconoscenza e stima agli amici della Valle Sangone, che in più occasioni (qui e qui i post dedicati) mi hanno raccontato il loro Cevrin e le loro affascinati, faticose, straordinarie montagne.
“Il Cevrin di Coazze”
per “Raccontate il vostro formaggio del cuore” 2017
Tutto ha inizio con una piccola capra dal manto lucido e marrone, la “capra camosciata delle Alpi”, (deve il suo nome alla somiglianza del vello con il celebre cugino selvatico, il camoscio). Frugale nell’alimentazione, agile e affettuosa, si adatta benissimo alle situazioni estreme dei pascoli d’altura. Queste caratteristiche hanno fatto in modo che dall’originaria Svizzera, la capra camosciata si diffondesse in molti paesi europei, e in Italia soprattutto sull’arco alpino (Piemonte e Trentino).
In alta Valle Sangone (in provincia di Torino) da tempo immemore i pastori usano il latte di queste piccole capre marroni per produrre il rinomato Cevrin di Coazze, un raro formaggio a latte crudo (di solito caseificato con percentuali variabili di latte vaccino). I pascoli magri e impervi d’alta quota, habitat ideale delle capre camosciate, rendono l’idea dell’eccezionalità di questo formaggio che anche nel nome richiama le curiose bestiole dalle magnifiche corna. Il Cevrin è un formaggio prodotto nel territorio di Coazze e Giaveno, esclusivamente nella stagione dell’alpeggio (tra marzo e novembre) con il latte vaccino della munta serale, (latte delle vacche di razza Barà Pustertaler parzialmente scremato per affioramento), mescolato al 30-45% con il latte caprino della munta del mattino.
Alla miscela ottenuta, riscaldata, viene ed aggiunto del caglio liquido di vitello. Dopo circa un’ora la cagliata è rotta finemente e posta in fascere o in teli dove subisce una leggera pressatura. Infine le forme, salate a secco su entrambi i lati, vengono poste a stagionare per almeno tre mesi in grotte naturali ( devono però essere girate e pulite quotidianamente). I caci (a forma cilindrica di 15-18 cm, scalzo di 7-10 cm e peso variabile dai 0.8 a 1.4 Kg) hanno crosta rugosa e umida di colore rosso aranciato, con muffe grigie che fioriscono naturalmente durante la stagionatura.
Il risultato è un formaggio complesso, dal cuore morbido, ma non troppo cedevole, caratterizzato dai profumi intensi e persistenti (gli esperti identificano aromi di legno secco, di sfalcio di prato, di vello…). Più semplicemente assaggiare il Cevrin significa aspettare che in bocca cominci a sciogliersi liberando note di nocciola, di fieno e burro (quasi piccanti nelle forme più stagionati) che compongono un sapore inconfondibile. Tecnicamente c’è chi classifica il Cevrin come una toma, chi come una robiola. Ma chi lo assaggia sa che il Cevrin è Cevrin. Inconfondibile, complicato, variabile. Straordinario, e come tutte le cose non convenzionali estremamente fragile. Come detto il Cevrin è intrinsecamente legato alla Valle Sangone, che probabilmente proprio per la sua posizione “laterale” isolata e chiusa, rispetto alla parallela Valle di Susa (area di passaggio e collegamento con la vicina Francia), è riuscita a custodire immutata nei secoli la tecnica casearia che genera il Cevrin. Sono state condotte indagini in archivio per cercare di documentare le radici di questa eccellenza, ma le ricerche si sono arenate di fronte ad una conoscenza prettamente orale, che ogni famiglia tramanda di generazione in generazione (non è un caso che oggigiorno i produttori di Cevrin portino quasi tutti il cognome Lussiana).
Un tempo il Cevrin era prima di tutto merce di scambio e fonte di sostentamento nella risicata economia dei montanari della valle, che settimanalmente lo portavano al mercato di Giaveno (sulle spalle dentro a gerle di legno, che al ritorno erano riempite di pane), dove lo vendevano, non senza difficoltà. Il “carattere forte”del Cevrin non facilitava le cose: il numero sempre più esiguo di estimatori e tempi dai gusti facili e omologati hanno rischiato di compromettere per sempre la produzione di questo formaggio. Fortunatamente dagli anni duemila un Presidio Slow Food tutela il Cevrin, che da “sapore in via d’estinzione” è passato ad essere una specie di volano per l’immagine turistica della rigogliosa Valle Sangone. Grazie a questo riconoscimento tantissimi oggi conoscono il Cevrin, lo apprezzano, e intorno alla metà di ottobre non mancano di salire a Coazze per la Festa Rurale, occasione ideale per accaparrarsi un’ambrata forma di Cevrin (la maggior parte della produzione è venduta proprio durante la tradizionale manifestazione autunnale). Il campanile di Coazze, che pare abbia ispirato il nobel Pirandello in vacanza nel paesino presso la sorella, reca dipinta la frase “ognuno a suo modo”. Il motto, all’epoca dipinto per calmare gli animi sulle divergenze sorte durante la costruzione della torre campanaria, oggi appare quasi profetico. Inno e vessillo di un’originalità faticata, testarda e caparbia, che ha salvato il prezioso Cevrin, che oggi distingue e rappresenta il suo intero territorio di produzione.
Bibliografia, sitografia:
-Il Gusto del formaggio. Conoscere le forme del latte. Slow Food editore, 2015.
-Caratterizzazione della produzione tradizionale regionale dei prodotti lattiero-caseari: Toma del lait brusc, Murianengo, Formaggio crosta rossa, Cevrin di Coazze (ricerca finanziata dalla Regione Piemonte).
-Comune di coazze http://www.comune.coazze.to.it/cevrin-di-coazze/
Ringrazio di cuore Silvia Lanza e Turismo Torino per avermi fatto conoscere la Valle Sangone, Elisa Giacone (assessore al Turismo del comune di Coazze) e i suoi collaboratori. Ma naturalmente il ringraziamento più grande va a Lussiana Giancarlo che mi ha raccontato il “Cevrin” direttamente nella malga in alpeggio dove da sempre, ogni estate la sua famiglia produce il Cevrin (malga Sellery inferiore).
Ricetta:
BALE ‘D CANARIN al CEVIN di COAZZE
In Valle Sangone il Cevrin è solitamente consumato con l’ottimo pane locale, o servito con polenta arricchita da cipolle. Vista la sua complessità aromatica, non ci sono vere e proprie ricette che prevedano l’impiego del Cevrin come protagonista assoluto del piatto. Per rispettare questo uso tradizionale “in purezza” di un ingrediente così prezioso propongo una ricetta che, a parte l’aspetto estetico (la polenta a palline), non prevede alcuna lavorazione del formaggio, rimanendo in tutto e per tutto fedele a quei sapori semplici che da sempre sono i compagni d’elezione del Cevrin: polenta e cipolle (qui sostituiti dai porri).
In dialetto piemontese è ben attestato il proverbio canzonatorio “lenghe ‘d canarin” (“lingue di canarino”) per indicare cibi estremamente rari e raffinati. Allo stesso modo ho più volte raccolto la testimonianza di anziani che indicavano dei gnocchetti gialli di semola cotti in brodo come “bale ‘d canarin” (“pallottole di canarino”). Visto l’involucro giallo di polenta, e la rarità del Cevrin ho chiamato questo piatto proprio “bale ‘d canarin al Cevrin di Coazze”.
BALE ‘D CANARIN al CEVIN di COAZZE
Ingredienti
per la polenta:
2 lt di acqua
20 g di burro
500 g di farina di mais (“ottofile giallo” macinato a pietra)
15 g di sale grosso
per la salsa:
200 g di porri (di Cervere)
180 ml di latte fresco intero
250 ml di brodo di carne
30 g di burro
Cevrin di Coazze (un dadino da 2×2 cm per ogni pallina di polenta)
burro per la superficie delle palline di polenta
sale e pepe nero macinato fresco
timo serpillo fresco
Procedimento:
-Fare la polenta: versare nel paiolo di rame, i 2 litri d’acqua e accendere il fuoco. Quando l’acqua starà per raggiungere il bollore unire il sale, e il burro, mescolare bene, quindi versare la farina a pioggia girando con un cucchiaio di legno (o con l’apposito bastone). Continuare a mescolare attendendo che riprenda il bollore, quindi abbassate il fuoco al minimo e proseguite con la cottura per 50 minuti a fuoco dolce mescolando di tanto in tanto per non farla attaccare al fondo. Trascorsi i 50 minuti la polenta è pronta: alzate il fuoco in modo da farla staccare bene dalla pentola dalle pareti, poi rovesciarla in una teglia capiente (tipo lasagnera e farla raffreddare).
-Preparare la salsa ai porri: lavare il porro, mondarlo e asciugarlo bene. Pesarne circa 200 g, e affettarli sottilissimamente sul tagliere. In una padella fondere il burro, e farvi soffriggere dolcemente i porri affettati. Coprire con il latte fresco, mescolare bene e incoperchiare. Mescolare di tanto in tanto con un cucchiaio di legno. Non appena il liquido sarà esaurito, bagnare nuovamente con un mestolino di brodo caldo di carne, e proseguire così stufando a fuoco dolcissimo i porri per circa 30 minuti. Trascorso questo tempo trasferirli nel bicchiere del mixer a immersione e frullarli per pochi secondi fino ad ottenere una salsa pallida.
-Realizzare le palline di polenta: con una pinza per il gelato bagnata in acqua fredda realizzare le semi sfere di polenta tiepida che andranno farcite con un dadino di Cevrin. Con il dorso di un cucchiaio (anche questo bagnato in acqua fredda per evitare che la polenta vi si appiccichi) compattare bene la sfera di polenta e sigillare il dadino di formaggio nel cuore della sfera. Questa dose di polenta è piuttosto abbondante, calcolare indicativamente tre palline per ogni commensale (sarà comunque un primo abbondante). Disporre le palline su una teglia foderata con carta da forno.
– Per servire: Scaldare la salsa di porri e aggiustarla di sale. Spennellare le palline di polenta con pochissimo burro fuso. Gratinarle rapidamente nel forno (portato a 180à) sotto al grill acceso per 8 minuti circa (appena il tempo necessario per fare sciogliere il Cevrin). Nei piatti (meglio se riscaldati) allargare una cucchiaiata di salsa, poi disporvi 3 palline di polenta. Aggiungere una macinata di pepe nero e qualche fogliolina di timo serpillo fresco. Servire le “bale ‘d canarin caldissime”.
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