Ieri è stata una domenica piena di sole, di montagne e di belle scoperte. Grazie a Turismo Torino ho partecipato alla 16° Festa Rurale del Cevrin di Coazze. Andiamo per ordine, Coazze è un bel paesino dell’alta Val Sangone, in provincia di Torino. Ovviamente non c’ero mai stata, così come non avevo mai assaggiato il prodotto d’eccellenza di questo territorio, ovvero il famoso Cevrin (caprino in patois), talmente particolare e prezioso da essere un Presidio Slow Food.
Il programma della giornata era serratissimo e ricco di cose interessanti (almeno per una foodblogger!). Le fiere di paese, con la banda, le majorette, e le bancarelle colorate, mi riempiono un’allegria semplice e un po’ naif. Così è stato l’arrivo a Coazze, che inondata di un sole inaspettato (dopo giorni di pioggia e maltempo), ha immediatamente rivelato il suo carattere autentico con una festa popolare della comunità.

Dopo l’inaugurazione della fiera siamo partiti per gli alpeggi del vallone del Sellery dove monticano le capre di razza Camosciata delle Alpi e le vacche di razza Barà Pustertahler (dal cui latti si ricava il Cevrin). Ovvio che una che ha come nom de plume Betulla, non può che innamorarsi di un sentiero verso i monti in mezzo a boschi di faggi e betulle. L’incanto era potenziato anche dai colori di un autunno bizzoso e da qualche spruzzata di neve fresca rimasta sui versanti non esposti della valle.

Un pennacchio di fumo tra gli alberi (come nella migliore delle favole) indicava la nostra meta: la palazzina Sertorio, una bella ex-casa di caccia oggi adibita a rifugio. Che dire, essere accolti da un cavallo baio (tale Ramon) che gironzola libero tra gli alberi non capita tutti i giorni. Lo stesso stile, schietto e genuino si respira anche nel rifugio, dove abbiamo mangiato una sontuosa polentata.
Devo essere sincera, non sono una grande sostenitrice delle “polente da rifugio”, che sono più facilmente un riempi-pancia che un sinonimo di pasto di qualità. Qui invece mi sono ricreduta, perché l’uso sapiente di eccellenti prodotti locali* ci ha regalato un pasto davvero memorabile Consigliatissima la “polenta grassa”, una polenta concia innaffiata di ottimo burro fuso d’alpeggio e cipolle!
L’ex-Palazzina di Caccia del Cavalier Sertorio, costruita nel 1909, è un edifico solido (muri spessissimi), riparata da un poderoso (e curioso) paravalanghe. Il senso di calore e protezione all’interno del rifugio è incomparabile, tanto che durante il nostro pasto abbiamo pensato più volte a quanto deve essere magico questo posto nelle notti d’inverno di luna piena. Sulla via del ritorno la statua dedicata a Liborio Ilardi sentinella partigiana ci ha fatto capire che la Palazzina fu teatro di un’aspro scontro durante la resistenza (Coazze ha un Ecomuseo della resistenza, oltre che un centro di documentazione e una fitta rete di “sentieri della memoria” aderenti al progetto Cultura Materiale).

Tornati in paese abbiamo potuto visitare gli stand e parlare direttamente con i produttori locali**, scoprendo così una piccola comunità molto attiva nella valorizzazione e tutela delle sue eccellenze enogastronomiche. Dopo anni di blog, e qualche bloogtour, posso dire che parlare con un produttore è per me estremamente significativo. Al di là della capacità di presentare e rappresentare la propria azienda, (non che si debba essere tutti dei comunicatori) si capiscono davvero tante cose ascoltando chi ha voglia di raccontare il proprio lavoro. I piccoli produttori di Coazze sono gente di montagna, persone schive, quasi imbarazzate e stupite che qualcuno potesse interessarsi alle loro attività. Eppure ho trovato qui una passione davvero autentica…poche parole, tanta sostanza (come piace a me), e una disponibilità che in eventi più blasonati non c’è mai.
Durante il pomeriggio abbiamo assistito alla produzione dei biscotti di meliga (incantata da questo “estrusore” di biscotti mai visto prima!), alla mungitura e alla caseificazione, e (tanto per non farsi mancare nulla) anche a una degustazione di formaggi di montagna a cura dell’ONAF (forse che un giorno diventerò anche io un’esperta assaggiatrice di formaggi?). Infine, già stanchi e carichi di acquisti golosi, ecco la rocambolesca transumanza delle caprette camosciate, che dagli alpeggi scendono verso le stalle invernali attraversando il paese di corsa (adorabili bestiole infiocchettate e indemoniate per l’occasione).
Insomma, Coazze e il suo memorabile Cevrin sono stati una bellissima tappa della mia “strada panoramica”…sezione lenta, curiosa e golosa, del #Betullablogazonzo.
Un grazie particolare ai miei compagni di avventura, per l’ atmosfera affiatata e deliziosa: Silvia Lanza di Turismo Torino, Alessandra Giovanile di Ricette di Cultura, e i giornalisti Piera Genta, e Andrea di Bella.
Infine grazie di cuore a Elisa Giacone, attenta, presente e sorridente (assessore al Turismo del comune di Coazze).
Per informazioni questo è il sito dell’ufficio Turistico di Coazze.
*farina di mais pignoletto rosso del mulino La mugnaia; le carni dell’azienda agricola Moschetto e il formaggio Cevrin.
**Consorzio Produttori Cevrin di Coazze, Formaggi e gelato del Caseificio Fior di Latte, Birra Aleghe, Salumi del Salumificio Artigianale Val Sangone, Pane DE.Co. di Coazze, Patate di montagna di Giaveno, Farine macinate a pietra del Mulino della Bernardina.
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