Lo zabaglione è uno dei dolci più conosciuti e replicati del mondo (scrivendo zabaione su google si ottengono ben 2.610.000 risultati). Vanta secoli di storia, innumerevoli leggendarie origini sparse ai 4 angoli d’Italia, ed altrettante fantasiose etimologie. Io ho deciso di parlarvene oggi, a dispetto della primavera inoltrata che ci vorrebbe tutti protesi verso gelati e cheescake, perchè oggi è il 17 maggio: San Pasquale. Potevo io pubblicare sul blog una ricetta da 3 righe nette (compresi i 3 ingredienti)? No, non potevo, perchè tra le millemila ricette che si possono leggere on line, nessuna approfondisce più di tanto la gustosa tradizione che attribuirebbe al Piemonte i natali di questo particolarissimo dolce. Qua e là web e testi cartacei associano la crema di tuorli, zucchero e vino dolce a San Pasquale…ma io mi sono messa davvero d’impegno per raccontarvi una storia bellissima e molto sabauda (se la userete per condire il dessert i vostri ospiti ricorderanno per sempre il vostro zabaglione!).
Dunque, posto che non ho alcuna pretesa di ricostruire le vere origini del dolce (la cui più antica ricetta è di Bartolomeo Stefani -1662- cuoco di corte della famiglia Gonzaga a Mantova), mi concentro su quelle presunte e piemontesi.
Partiamo dal Santo. Tale Pasquale Baylon nacque a Torre Hermosa, in Spagna nel 1540. Appartenente all’Ordine dei Frati Minori Alcantarini, potete leggere la sua curiosa esistenza sulla pagina di Wikipedia (dalle meditazioni infantili tra le greggi al pascolo, alle missioni tra i Calvinisti, alla devozione verso l’Ostensorio…). E questa, seppur antica di 5 secoli, sarebbe l’esistenza del Santo in carne ed ossa. La leggenda però vuole che ad un certo punto Pasquale Baylon arrivi a Torino al seguito di Emanuele Filiberto, che prendendo possesso della nuova capitale portò con sé parte del personale che lo circondava già da comandante delle truppe imperiali in Spagna. Insomma, giunto in terra sabauda, o meglio, giunto nelle cucine di un convento in terra sabauda, si dice che un giorno, non riuscendo a fare montare zucchero e uovo, il frate aggiunse del vino dolce al composto (forse il celebre vino di Cipro) inventando così lo zabaglione. In breve tempo la ricetta avrebbe varcato le mura del convento…aiutata anche dallo stesso Pasquale che nel confessionale, alle dame della corte, come alle popolane che si lamentavano delle scarse attenzioni dei consorti, consigliava sempre la magica crema dolce: un metodo infallibile per restituire vigore fisico ed intenti amorosi. Frate Pasquale -quello vero- morì nel 1592, ed è universalmente festeggiato il 17 maggio, giorno della sua morte. Ora, dato che nella sua vita non è attestato un viaggio nelle terre dei Savoia, la leggenda si aggrappa tutta sull’assonanza tra il nome dei Santo, e la spumosa crema, che in dialetto è detta, appunto Sanbajun (in piemontese la z non esiste!). Oltre alla presenza costante e radicata dello Zabaglione nei ricettari come nelle abitudini dei piemontesi, a Torino c’è un’altro elemento che associa il dolce al Santo. Nella chiesa di San Tommaso, in via Pietro Micca (a due passi dalla centralissima Piazza Castello), San Pasquale Baylon è ricordato da una piccola statua lignea. Io, naturalmente, ho deciso che il mio post non era completo senza la foto del Santo…fissa che mi è costata non pochi tentativi, girovagamenti e una messa domenicale.
Alla fine ce l’ho fatta: questo è San Pasquale Baylon (è stato santificato da Alessandro VIII nel 1690). Cercando informazioni sulla sua vita mi è balzato agli occhi il fatto che a Napoli è tutt’ora invocato dalle donne che cercano marito. Così, sulla base di questa affinità verso il gentil sesso, mi sono fatta l’idea che la statuetta non sia nient’altro che il frutto di devozione dei torinesi (meglio delle torinesi) verso un padre spirituale tanto arguto e diciamo, pragmatico. 😉
Malizie a parte, dato che la corporazione dei cuochi torinesi usava riunirsi nei sotterranei della Chiesa di San Tommaso, la «Pia associazione dei cuochi privati e di famiglia» fondata nel 1722, fu posta proprio sotto la protezione di San Pasquale Baylon, che ne è diventato così il Santo Patrono (nella sede di via Bogino dell’A.C.T è visibile questa bandiera dell’associazione con tanto di invocazione al Santo).
Voi non immaginate quanto mi faccia ridere il fatto che Sanbajun (uno dei tre “Santi” piemontesi con Sancrau -cavolo&acciughe- e Sangiut -il singhiozzo dell’avvinazzato-), sia anche il protettore dei cuochi torinesi! L’aneddoto è ormai parte del mio repertorio di ciaccole da dessert, ovvero della mia cucina raccontata che propino generosamente a chi siede alla mia tavola. Scusate, quindi, se il dolce tipico degli inverni piemontesi (meglio se nevosi) è finito qui al 17 maggio, ma in cucina, (quella del blog e quella della vita) ci vuole coerenza, Santi e pazienza!
Lo zabaglione è uno di quei dolci che solo all’apparenza possono sembrare semplici. I tre ingredienti (tuorli, vino dolce e zucchero), dosati a cucchiaiate (o con un mezzo guscio d’uovo), vengono montati a su un bagnomaria (in linguaggio tecnico polsonetto), meglio se di rame, con una frusta. Solo i grandissimi cuochi riescono a farlo montare direttamente sulla fiamma…(e siccome il mio maestro di cucina lo era e cuoceva lo zabaglione a fiamma viva, io ogni tanto ho la facciatosta di emularlo e ricordarlo usando a mia volta questo metodo eretico e periglioso!).
Prima dell’unità d’Italia al posto del marsala si usava il Madera. Ma la verità è che lo zabaglione viene bene con molti vini +o- dolci: Malvasia, Barolo, Barbera, Moscato…La cucina piemontese adora lo zabaglione: come dicevo è presente in ogni casa, e cosa che non smette di stupirmi, in ogni racconto o ricettario montanaro, persino il più povero e sperduto. Ne esistono infinite varianti, e aromatizzazioni (vaniglia, cannella, rum) senza contare che spesso quello classico è abbinato anche a piatti salati ( ad esempio: «pernici allo zabaglione»; «zucchine allo zabaglione» ; «asparagi allo zabaglione»). La caratteristica fondamentale è che lo zabaglione deve essere spumoso, gonfio e senza grumi… Io vi assicuro che con pochissimo allenamento diventerà uno dei vostri pezzi forti di fine pasto, poi se volete attribuirgli doti corroboranti, secondo me, conviene aspettare l’inverno, le notti gelide davanti al caminetto (ovviamente senza tv)!
ZABAGLIONE
ingredienti:
1 tuorlo a testa con la seguente proporzione:
per ogni tuorlo d’uovo un cucchiaio di zucchero e 2 cucchiai (o 2 mezzi gusci) di Marsala o di altro vino. Eventualmente aromatizzare con vaniglia, scorza d’arancia o di limone.
Procedimento:
In una pentola per bagnomaria mescolare i tuorli con lo zucchero, sbattere bene con una frusta fino ad avere una crema liscia e omogenea. Aggiungere il Marsala poco per volta, e quando sarà ben incorporato porre il contenitore sul bagnomaria già caldo (ATTENZIONE: il fuoco deve essere bassissimo e l’acqua non deve mai bollire, ma sobbollire mantenendo un lieve fremito). Lavorare lo zabaglione mescolando il composto sempre nello stesso verso, in 10/15 minuti circa otterrete una crema spumosa, che monta sino a rapprendersi in una massa leggera (qualcuno dice che è una questione d’orecchio, ovvero che il cucchiaio di legno battendo sul pentolino prima farà tek-tek, e a cottura avvenuta tok-tok. A parte il suono, effettivamente diverso, noterete una resistenza della frusta. Spegnete immediatamente perché lo zabaglione è pronto! Aromatizzare e servire caldissimo.
Lascia un commento