In questa luunga estate calda sono andata a zonzo (più del solito) sulle montagne Piemontesi (su Instagram trovate tutti gli scatti di #Betullablogazonzo). Riguardando le foto di queste mie fresche gitarelle mi sono resa conto di avere una vera e propria passione per gli orti montanari: pezzettini di terra in pendenza strappati a boschi e pascoli d’altura, quasi sempre ben recintati per evitare di condividere il frutto delle proprie fatiche con graziosi animaletti selvatici quali irruenti cinghiali, e ghiotti caprioli. Li adoro! Li guardo e li studio…Cerco di capire come funziona l’irrigazione, la vocazione del terreno (a seconda delle piante che rendono meglio), gli spaventapasseri, e sotto sotto spero di riuscire a fare una chiacchierata con il coltivatore proprietario, che generalmente è un vecchietto, e non aspetta altro che “fare due parole” con uno sconosciuto interessato ai suoi magnifici ortaggi. Ascolto così storie bellissime e interessanti, che purtroppo non ho mai il coraggio di registrare. Se fossi un po’ più baldanzosa avrei già tanti capitoli di un bel libro dedicato agli “orti in pendenza delle terre alte”. Ma non importa… la tecnologia in questo caso sarebbe una barriera, per cui è molto meglio registrare questi incontri nel cuore, e custodirli insieme alle foto di questi eroici “giardini” delle mie amate montagne (in Piemontese la parola “giardino” indica proprio l’orto). Tutto questo per dirvi che il calore eccezionale di questa estate, caratterizzata da anticicloni con nomi sempre più assurdi, ha fatto in modo che anche gli orticelli montanari da me frequentati producessero ortaggi che di solito stentano parecchio in quota. Dato il tripudio di pomodori, melanzane e peperoncini in cui mi sono imbattuta, mi sono sentita autorizzata a sfornare una antica prelibatezza partenopea, che di alpino ha ben poco, ma che si adatta perfettamente alla tavola arroventata di questo caldissimo mese di agosto 2017.

Come sapete leggo volentieri ricettari vecchi bacucchi, che mi forniscono idee curiose (e piatti gloriosi) per la mia cucina. Di solito si tratta di ricette di poche frasi, nessuna dose, ma solo indicazioni, quasi un dialogo tra cuochi, perchè solo due pari possono intendersi su quel “senso d’aglio” che intimorirebbe un dilettante. Questa è dell’abate Vincenzo Corrado, autore de Il cuoco galante, edito a Napoli nel 1773. All’epoca il pomodoro si stava affacciando timidamente (e con fatica) sulle tavole del Bel Paese. Ma l’abate è un precursore, già intravede la gloria che questo succoso frutto avrà nelle cucine italiane, infatti scrive: «Varie e gustosissime vivande si possono fare dei pomidoro; ed infinite conditure col sugo loro si prestano alle carni, ai pesci, all’uova, alle paste ed all’erbe; onde con ragione da un eccellente cuoco furon li pomodoro chiamati gustosi bocconi, e salsa universale». Tant’è che nel Cuoco galante si trovano ben 28 ricette in cui è presente il pomodoro, ma è curioso notare come in nessuna di queste venga accostato con la pasta. Occorrerà attendere l’Ottocento per vedere la prima ricetta di “vermicelli co le pommadoro” ( Ippolito Cavalcanti li inserisce nel suo Trattato di cucina teorico pratica, Napoli, 1837)…più o meno nello stesso periodo in cui il rosso pomo d’amore conquisterà la pallidissima, antica pizza, altro matrimonio d’amore indissolubile e continuamente celebrato nei nostri pasti. Ora però passiamo agli altrettanto celebri Pomidori all’italiana, di Vincenzo Corrado molto gustosi e sempre apprezzati.
Pomidoro all'Italiana -Ricetta ispirata a Il cuoco galante di Vincenzo Corrado del 1773
Questa è la ricetta originale “Pomidoro all’italiana” di Vincenzo Corrado, il Cuoco galante, Napoli, 1773. Nella scheda ricetta la mia interpretazione
« Levata via la pellicola alli pomidoro, e divisi per metà se ne cavano i semi, e si riempiono di un composto di altra polpa di pomidoro trita con un senso d’aglio, acciughe, petrolsemolo, origano, sale e pepe. Ripiene si dispongono in una tortiera tramezzati e coverti di pane grattato, e sbruzzati d’olio; così si fan cuocere al forno, e caldi si servono sopra crosta di pane ».
- 10 pomodori (varietà tonda )
- 250 g pomodori
- 15 g prezzemolo
- 70 g pangrattato
- 20 g acciughe sott'olio
- 1 spicchio aglio
- q.b origano secco
- q.b sale
- q.b pepe nero macinato fresco
- q.b olio extravergine di oliva
- Accendere il forno e portarlo a 180°. Lavare i pomodori tondi, asciugarli nella carta da cucina, poi tagliarli a metà e svuotarli dei semi. Disporli in una teglia da forno leggermente unta. Fare una dadolata fine con i pomodori rimanenti, pesarne 250 g e metterli in una ciotola. In un piccolo robot da cucina tritare rapidamente il pangrattato, con le acciughe, l’aglio il prezzemolo mondato lavato e asciugato. Mescolare questo composto con la polpa di pomodoro, condire con sale e pepe nero e un cucchiaio di olio extravergine sino ad avere un ripieno morbido e umido. Aiutandosi con un cucchiaino riempire i mezzi pomodori sino ad esaurire il ripieno. Spolverizzare con un poco di pangrattato, e cuocere a 180° per 30 min. circa. Servire (anche tiepidi) con un filo d’olio extravergine d’oliva e qualche foglia di prezzemolo fresco.
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