Nel 1569 Emanuele Filiberto di Savoia concesse ai due sindaci di Borgo San Dalmazzo (nel basso Piemonte) di istituire una fiera annuale di tre giorni in onore del santo patrono. Gli abitanti delle zone di montagna presero l’abitudine di scendere a valle l’ultima volta prima dell’inverno (intorno al 5 dicembre). In quell’occasione si rifornivano di provviste, e festeggiavano insieme il termine dei pesanti lavori autunnali. Il giro tra bancarelle per le compere, finiva immancabilmente all’osteria davanti a un bel piatto di stagione. In compagnia dei carrettieri (i cartuné) in sosta prima di riprendere la via della Francia, si mangiavano minestra di trippe, ula al forno, salamini caldi con crauti, pôcio môi (nespola germanica), castagne, lumache. Con il tempo le lumache sono diventate, il piatto d’elezione di questi gelidi giorni di Fiera Fredda. E sia perché questo è il momento migliore per mangiarle (si sono appena opercolate, chiuse nel guscio), sia perché le trattorie borgarine nei secoli si sono specializzate nel preparare piatti a base di rinomata Helix Pomatia Alpina. Da sempre apprezzata per le sue carni bianche e delicate, e per la grossa pezzatura, negli ultimi anni il centro di Elicicoltura ha studiato a fondo le caratteristiche di questa specie che ha il suo habitat naturale proprio nelle vallate che convergono su Borgo San Dalmazzo.
Insomma le lumache della Fiera Fredda sono un’esperienza da provare almeno una volta nella vita (con quella in corso in questi giorni siamo giunti alla 446 esima edizione). Ormai la Fiera vera e propria ha perso gran parte del suo fascino rustico, e tutta la sua dimensione contadina (una volta vi si compravano alimenti, stoffe, lane, scale di legno, rastrelli strumenti per la vita dei campi, un po’ come si vede ancora alla fiera di Sant’Orso di Aosta). Però ecco, nonostante la Fiera del giorno d’oggi sia sostanzialmente un mercatone gigante sparpagliato per tutto il paese, mi stupisco sempre di vedere certe note colorite tra i banchi: qualche vecchietto imbacuccato che compra le calze di lana per l’inverno o un bel maglione tricottato a mano, chi canta brillo per un giorno intero accompagnandosi con la fisarmonica, o chi se ne va a casa con un fascio di porri e una treccia di aglio sulla schiena. Le lumache invece, quelle sono sempre strepitose, da sole meritano un viaggetto in quel di Borgo per la Fiera Fredda. Parola di Betulla, che solo una volta nella vita, per “educazione gastronomica di papille” si è sentita in dovere di mangiare lumache. Per il resto mi accontento di cucinarle…entrando così, secondo i miei famigliari, in quell’olimpo di persone e semi-dei che cucinano magnificamente una cosa senza mai assaggiarla!
Altra nota colorita della città è che nei giorni di Fiera Fredda spuntano lumachine in ogni dove, compresa questa, mostruosamente gigantesca e gonfiabile, addormentata al centro di una rotatoria sopra una fontana chiusa.
Le lumache vive, o comunque quelle opercolate e chiuse per l’inverno nella loro chiocciolina, devono essere spurgate. Lavoretto lunghissimo e faticoso, per il quale, sinceramente non saprei da che parte cominciare. Io di solito mi affido a carne di lumaca cruda, surgelata o fresca (senza gusci e senza tortiglione, cioè senza apparato digerente). E in questo caso la spurgatura la fa chi le alleva o chi le vende (a Borgo abbondano gastronomie che le vendono in questo periodo). Detto questo le lumache spurgate vanno lessate. Prima di cucinarle davvero, in qualunque maniera, occorre farle cuocere in un brodo particolarmente aromatico. Sedano, carota, cipolla, aglio, alloro e prezzemolo renderanno il brodo capace di esaltare le carni profumate di fieno delle lumache. Dopo la lessatura (lunghetta, siamo mediamente sugli 80 minuti) dei molluschi si può cominciare davvero a cucinarle. Ora le ricette sono infinite, vi dico solo che ci sono ristoranti cuneesi che offrono menù con 6 antipasti, 4 primi e 2 secondi TUTTI a base di lumache. La ricetta che vi propongo oggi è un grande classico della mia famiglia. L’abbiamo ereditata da una zia, e, delle due volte all’anno che le prepariamo una deve essere questa. I segreti sono le erbe aromatiche, in particolare la menta e l’erba di San Pietro (Balsamita major), che armonizzano fantasticamente le carni delle chioccioline. In questi mesi se non avete le piante in qualche aiuolina dell’orto tutte intirizzite, è difficile trovarle. Io ho provato a sostituirle con la versione secca fatta da me, e nel risultato finale non si nota differenza. Ora purtroppo avere una ricetta di una persona anziana, non significa certo avere dosi precise, ma solo indicazioni sommarie. Così facendo, ogni volta le lumache saltano fuori un po’ diverse dalla volta precedente…ma alla fine, anche seguendo una ricetta “truc e branca” (pressapoco), me la cavo sempre. Ecco, se volete qualcosa di più preciso, un consiglio, o un aiuto, scrivetemi…ho ben due mail attive, betullacostantini@gmail.com e info@betulla.eu Magari vi arriverà un piccione viaggiatore, ma comunque vi risponderò.
LUMACHE AL VERDE (IN UMIDO)
Ingredienti per il brodo della lessatura:
1 cipolla
1 gambo di sedano
2 spicchi di aglio
un cioffetto di prezzemolo
2 foglie di alloro fresche
Ingredienti per le lumache al verde:
3 hg di carne di lumache pari a circa 60/65 molluschi (fresche o surgelate, cmq senza gusci e senza tortiglione)
1 cipolla
1 gambo di sedano
3 spicchi di aglio
un grosso ciuffo di prezzemolo
basilico
menta
rosmarino
salvia
erba di S. pietro
vino bianco (1 bicchiere)
pepe nero
peperoncino
3 cucchiai di polpa di pomodoro a pezzettoni
olio extravergine di oliva (¾ cucchiai)
(eventualmente) brodo vegetale caldo
Procedimento:
1.Lessare le lumache per un’ora abbondante in un brodo aromatizzato con carota, sedano, cipolla aglio prezzemolo e alloro. Trascorso questo tempo verificare la cottura, ed eventualmente proseguire ancora per 30 minuti. Questo tempo dipende dalla grandezza delle lumache. In ogni caso, dopo 60 minuti assaggiatele e verificate che siano tenere (rimarranno sempre un po’ gommosette, sono lumache, ma devono essere tenere).
2. Su un tagliere tritare finemente con la mezzaluna la cipolla e il sedano e metterli da parte. Poi fare un trito altrettanto fine con prezzemolo, basilico, menta, salvia, erba di San Pietro, rosmarino In una pentola d’acciaio abbastanza capiente scaldare 2 spicchi di aglio in 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva. Soffriggervi dolcemente di cipolla e sedano (deve essere appena colorito), poi unire il trito di erbe aromatiche. Aggiungere le lumache bollite e fare rosolare il tutto mescolando dolcemente con un cucchiaio di legno. Unire una macinata di pepe nero, e un pizzico di peperoncino rosso secco. Sfumare il tutto con un bicchiere di vino bianco, mescolare, infine aggiungere 3 cucchiai di polpa di pomodoro. Proseguire la cottura per un’altra oretta circa (se dovesse asciugare troppo unire mezzo mestolino di brodo vegetale caldo)! Aggiustare i condimenti e servire con fette di buon pane abbrustolito o con polenta gialla fritta!
Pinco Pallino dice
Fantastica la lumaca gonfiabile!!