Dopo aver parlato di segale per tutta l’estate (qui il post sul Museo della Civiltà della Segale, qui quello sulla crostata con farina di segale della Valle Gesso…) non potevo non dedicare un post al rustico Carnevale alpino di Valdieri, il cui protagonista è proprio un Orso di Segale. Dunque, per prima cosa dimenticate ogni forma di Carnevale comune: niente mascherine, coriandoli, stelle filanti, colori. In questo Carnevale montanaro, predomina l’aspetto più pagano della festa, tanto da rendere il tutto molto più simile ad un arcaico rito legato alla fertilità agricola.
E infatti comincio con un po’ di storia, e cioè con il mitico Euclide Milano (lo studioso di folclore e tradizioni etnografiche cuneesi di inizio secolo che da mesi leggo prima di andare a dormire). Euclide (lo chiamo per nome, perché ormai siamo grandi amici!), racconta che «Il carnevale a Valdieri era un tempo molto complesso e comprendeva: pubblica gnoccolata – elezione degli Abbà – taglio della testa d’un gallo o di un gatto – testamento del Carnevale – arriva la Quaresima». Poi con il Ventennio, l’Orso e molte altre abitudini carnevalesche troppo allegre e felici, sono state messe al bando con un severo provvedimento della regia questura di Cuneo del 28 gennaio 1931. Così, che a causa del fascismo, questa antichissima usanza medievale perse vitalità fino a cadere nel dimenticatoio del passato. Fino al 2003, quando all’interno delle ricerche condotte dall’Archivio della teatralità popolare su incarico del Laboratorio Ecomusei della Regione Piemonte un anziano del paese (Bernardino Giraudo detto “Din del Papa”) intervistato, ha raccontato della rappresentazione bizzarra che aveva interpretato da giovane : « non so chi abbia sognato questo: di fare un orso, un orso vestito di paglia! » (qui sul sito dell’Ecomuseo della Segale si può ascoltare il racconto). E fu così che dopo un letargo di mezzo secolo l’Orso di segale è tornato a correre per le vie del paese di Valdieri: vivo, pauroso, chiassoso e bellissimo.
Da una decina di anni puntualmente la domenica successiva al mercoledì delle ceneri (la prima domenica di Quaresima) l’Orso esce dalla sua tana di neve. Nell’immaginario popolare questo “risveglio dell’Orso” è legato alla comparsa nel cielo notturno della luna che annuncia l’arrivo della Pasqua, e proprio in base alla luna del giorno di uscita dell’Orso dalla tana si potevano prevedere le sorti dell’annata agricola (quest’anno l’Orso si è svegliato a Luna Nuova, quindi la stagione dei lavori nei campi dovrebbe essere ormai alle porte).
La vestizione dell’Orso è alquanto macchinosa: lunghe corde di paglia di segale ritorta vengono avvolte intorno al corpo del valdierese che interpreterà l’Orso. Le mani e il viso sono anneriti da un turacciolo bruciato, e completano la maschera un cappello e una lunghissima coda di paglia. Così “impagliato” l’Orso è pronto per uscire dalla sua tana e portare scompiglio nel paese.
Un domatore lo tiene legato alla catena, e intorno a lui si raccoglie un corteo di figurati alquanto bizzarri: ci sono i “perulìer” (gli stagnini), ovvero bambini vestiti di stracci e con il volto annerito che fanno fracasso battendo del vecchio pentolame o le “scaréle” (strumenti di legno che producono un rumore secco e sgradevole). Poi non mancano mai “le fantine”, ragazze vestite con gli abiti tradizionali, e i religiosi, nello specifico, un prete e alcuni “frà” (finti frati), che seguono l’Orso e ogni tanto declamano pompose “Epistule” (satire che nel dialetto locale mettevano alla berlina vizi e virtù -ma specialmente vizi- degli abitanti della valle Gesso).
In breve si forma un chiassoso corteo intorno all’Orso, che mal sopporta la catena e non perde occasione di ringhiare e tormentare chiunque incontri sul suo cammino. La lunga questua dell’Orso a caccia di cibo è partita: di casa in casa il corteo chiede uova, e dolci, e offre in cambio scherzi ed “Epistule”. Le mattane dell’Orso, vengono spesso quietate dai suonatori di organetto che lo ammansiscono con la loro musica allegra, e sfruttano gli slarghi delle vie del paese per coinvolgere i presenti in balli tradizionali.
Secondo un copione ormai codificato, al termine della questua, e della sua estenuante lotta con il domatore, dopo aver ringhiato, soffiato e mostrato i denti a tutti, l’Orso balla con una bella fanciulla dal volto pallido. É la Quaresima, che doma definitivamente l’Orso e pone termine al Carnevale. Il tempo degli scherzi è finito…ma in un momento di confusione sulla piazza l’Orso scappa e sparisce: al suo posto viene bruciato un “ciciu” di paglia (un fantoccio) simbolo dell’inverno che si allontana pian piano.
Figura legata al mondo contadino della montagna, “l’ùars” (l’Orso) incarna contemporaneamente l’Inverno, e il ritorno della bella stagione. L’Orso-inverno schernito e percosso per le strade, placato con doni, e infine bruciato propiziava la nuova stagione agricola, e il risveglio delle forze sopite rimaste a giacere sotto la neve per lunghi mesi, come le sementi nei campi.
Ve l’ho detto che questo Carnevale è un po’ sui generis… e proprio per questo, con semplicità e gioia genuina, riesce a conservare il fascino di un’antica, misteriosa usanza delle Alpi del Mare.
Ci sono molte altri aspetti interessanti in questo Carnevale Alpino, compresi risvolti mangerecci. Mi riservo però di affrontarli prossimamente, per evitarvi il solito post kilometrico pieno di ciance. Guardando le foto, comunque, si vede tutto il mio entusiasmo… 😉 no?
Ah ancora una cosa: non esiste festa popolare degna di questo nome senza i “giochi” per bambini. Durante il Carnevale Alpino c’è la bellissima “ricerca dell’ago nel Pagliaio”. Dopo un piccolo saggio della battitura della segale fatta sulla piazza, nella stessa paglia vengono nascosti degli aghi in plastica colorata. I bambini presenti (un nugolo) si scatenano furiosamente a caccia di questi aghi (a ogni ago corrisponde un premio) sollevando un terribile polverone di paglia. Ve lo dico? Avrei voluto fare anche io questo bellissimo gioco…eh eh!
N.B: specifico che l’Orso di Segale, ha illustri e altrettanto antichi colleghi piemontesi: l’Orso di piume di Cortemilia, l’Orso di Sfojass di Cunico, mentre a Monpantero di Urbiano in Valle Susa per Santa Brigida (2 febbraio) c’è una caccia all’Orso che è un figurante coperto di pellicce (con famoso ballo finale insieme alla più bella del paese). Concludo quindi con un’ immagine della prima edizione dell’Orso di segale. Ero una giovincella, con una microscopica digitale tascabile, ma questa foto è un omaggio alla memoria storica del paese, Din del Papa, solo grazie a lui e ai suoi ricordi l’Orso è tornato a Valdieri dopo il lunghissimo letargo durato più di cinquant’anni..
L’edizione 2019 del carnevale alpino con l’Orso di Segale si terrà domenica 24 febbraio a Valdieri (Valle Gesso – Cuneo). Sul sito Aree protette Alpi Marittime trovate maggiori dettagli e l’intero programma della manifestazione.
Cristina dice
Scrivi…scrivi…continua a scrivere e a raccontarci delle tue vallate. Ti leggo con molto interesse ed entusiasmo. Fortuna che c’è ancora qualche vecchio che tiene vive le tradizioni. Non ne avevo mai sentito parlare. Chissà se ce ne sono di analoghe nelle “mie” amate dolomiti. Anch’io mi sarei buttata a capofitto alla ricerca dell’ago di plastica ahahaha ! Grazie Betulla 🙂 Continua ad accompagnarti ad Euclide
Betulla dice
Grazie mille cara Cristina. Ogni tanto mi chiedo: ci sarà qualcuno là fuori che legge i miei sproloqui? Grazie grazie per le tue parole, è importante sapere che apprezzi il piccolo grande mondo che cerco di raccontare qui! Quanto alle tradizioni montanare in biblioteca avevo visto un libro dedicato proprio al Carnevale sull’arco alpino, e mi sembra di ricordare qualcosa di simile a questo orso di paglia proprio a proposito delle dolomiti…non appena mi torna sotto mano ti scrivo! Nel frattempo un caro abbraccio