Cari amici, oggi vi racconto una storia davvero bellissima. Due anni fa, nel 2016 proprio in questo periodo mi trovavo a Trieste per Olio Capitale, l’importantissima kermesse italiana interamente dedicata all’olio extravergine di oliva (qui potete leggere il mio resoconto). Ora, a parte la suddetta manifestazione, davvero interessante per chi si occupa di alimentazione, Triste mi è rimasta nel cuore per altri due motivi. Da un lato ho potuto finalmente immergermi nell’universo mitteleuropeo evocato magnificamente da Claudio Magris (autore amatissimo che ha accompagnato tutti i miei anni di studi universitari), e dall’altra sovrapposta a questa città di vento, e bellezza poetica ci sono le ragioni del cuore. Ovvero, mentre di giorno assaggiavo oli, studiavo, imparavo e chiacchieravo, la sera, non appena mettevo piede nella camera d’albergo cominciavo a fare telefonate, a trigare e a organizzare dituttounpo’ il mio imminente matrimonio. Così fu, che dopo giorni densi e luminosi in bilico tra l’azzurro del mare triestino e la luce dell’olio italiano, Betulla&Dolcemetà ricevettero conferma della data della loro inusuale, quanto desiderata unione…(ci siamo poi sposati a maggio dello stesso anno, dopo addirittura 3 mesi di preparativi!). Viste queste premesse comprenderete meglio lo spirito con cui ho scritto il post dedicato ad un libro di ricette che avevo acquistato come souvenir (“La cucina Triestina” di Maria Stelvio). Sul treno del ritorno, trovarmi tra le mani un librone scritto come “ricettario dotale” per le proprie figlie in procinto di “prendere il volo” per una nuova vita mi era sembrato un tenerissimo caso di buon augurio…
Il librone della Stelvio, i buzolai, il post che ho scritto, e le foto di Trieste che ogni tanto vado a rivedere sono parte dei miei dolci personalissimi ricordi di matrimonio, e per questo ancor più cari, e romantici di tutti gli altri ricordi possibili.
Qualche mese fa, proprio sotto al post dei Buzolai tale Sig. Lucio mi ha lasciato un gentilissimo commento, dove mi spiegava che il libro di Maria Stelvio in realtà era liberamente ispirato ad un testo precedente, il “Manuale di cucina di Katharina Prato, edito a Graz nel 1892 e vincitore di numerosi premi all’epoca”. Ora, come sapete, queste storie a matrioska di libri che parlano di altri libri sono il mio pane quotidiano…per cui, con un consiglio tanto entusiasta ed accurato servito così su un piatto d’argento, mi sono messa alla ricerca del manuale della signora Katharina Prato*, cercando contemporaneamente di approfondire la storia dei ricettari in Italia (che conoscevo assai poco). Dopo qualche ricerca on line ho optato per una ristampa moderna del manuale (del 2007), che pur modificando il titolo, mantiene invariata la sostanza del corposo ricettario (è anche la soluzione più economica, sui 30 euro, ma volendo investire un po’ di più si trovano copie più antiche). Insomma, il commento del Sig. Lucio mi ha spalancato un mondo delizioso di cui ero completamente ignara. Per cui, come al solito con spirito archeologico (diciamo la verità il mio è più lo spirito della rigattiera), mi sono immersa in queste scatole cinesi di storie curiose, di libri, di scrittura femminile e di cucina di un’altra epoca (le mie amate “ricette bacucche”). Da quando il manuale di Katharina è arrivato (trovato davanti al cancello sotto un’abbondante nevicata, come una strenna natalizia nei libri di fiabe), me lo porto dietro in ogni angolo della casa, e ogni occasione è buona per farmi avvolgere dall’atmosfera promessa dalla copertina (si tratta del “Pranzo di gala offerto da Francesco Giuseppe in onore di Edoardo d’Inghilterra, il 15 agosto 1907).
Katharina, nata il 26 febbraio 1818 a Graz, era la figlia di Franz Polt, appartenente alla borghesia benestante della cittadina austriaca. Nel 1857 Katharina sposò Eduard Pratobevera, storico e ufficiale in pensione, che soffriva di una grave malattia allo stomaco. Le cure e l’attenzione che Katharina poneva alle stringenti esigenze dietetiche del marito nulla poterono contro la grave malattia, a causa della quale Eduard Pratobevera morì il 18 dicembre dello stesso anno.
Le ricette scritte, riscritte, e messe da parte durante la malattia del marito furono comunque l’inizio di una ben più vasta collezione, che Katharina pubblicò nel 1858 con il titolo “Die süddeutsche Küche” (in memoria del suo significativo primo amore, aveva deciso di utilizzare come pseudonimo il cognome del marito abbreviato). Il successo del suo manuale, risiedeva nel fatto che, tra le prime volte nella Storia, un testo di cucina non si rivolgeva a cuochi, governanti o a personale di servizio che professionalmente esercitava la cucina, bensì direttamente a donne che preparavano da sole i pasti per la propria famiglia. La fortuna del ricettario fu travolgente, e di ristampa in ristampa il testo di arricchiva, migliorava, adeguandosi all’epoca di grandi cambiamenti che l’Europa stava vivendo (Katharina, nel 1861 si era risposata con Johann von Scheiger, direttore postale delle province della Stiria e della Carinzia, che accompagnava spesso nei suoi viaggi di lavoro, spostamenti che le consentivano di assaggiare e raccogliere nuove ricette per mantenere in costante aggiornamento il suo manuale). Interessati dall’amplissima diffusione del libro in area tedesca, più editori chiesero a Katharina una traduzione per poterlo pubblicare anche in Italia. Così a trent’anni dalla prima edizione Katharina e Ottilia Visconti – Aparnik (insegnante di economia domestica al liceo civico femminile di Trieste) rimisero mano al ricettario per “renderlo più corrispondente agli usi italiani”, e nel 1892 fu pubblicato in Italia il primo ricettario scritto da una donna: “Manuale di cucina per principianti e per cuoche già pratiche”**.
Ora, non sapendo in che altro modo ringraziare il Sig. Lucio per il graditissimo illuminante commento, ho deciso di seguire fedelmente i suoi consigli culinari testando il “Manuale di cucina per principianti e per cuoche già pratiche” proprio con un dolce. Prima della ricetta vera e propria, però allego qualche informazione sul libro in sé. Le stesse informazioni che cercavo io (disperatamente) prima di comprare il libro, e di cui la rete è stranamente, e misteriosamente avarissima. Dunque, si tratta di un manuale completo (650 pag.), come lo si intendeva un tempo. Si comincia cioè con un centinaio di pagine di preziosissime “nozioni preliminari”, che vanno da come “battere le uova a schiuma” con una verga di betulla, a come uccidere le tartarughe, a come “intonacare e foderare gli stampi per crostate e pasticci”. Insomma, un po’ di tutto, un tutto utile per ogni evenienza, cui seguono poi le preparazioni vere e proprie secondo l’ordine di servizio: zuppe e minestre; assietti; carne di manzo, salse e guarnizioni; ortaggi, legumi e guarnizioni; tramessi; arrosti, insalate e composte; pesci; salse e guarnizioni per pesci; paste e dolci; panna in spuma, gelatine e gelati; bibite calde e fredde; dei pasti (sul servizio a tavola di cibi e bevande). L’edizione che ho acquistato io, cui come vi ho detto è stato cambiato il titolo in “La cucina della Mitteleuropa” (edizioni della Laguna, 2007, 32 euro), proprio in virtù dell’evoluzione del manuale originario nel tempo, e della revisione di Ottilia Visconti – Aparnik, ha in apertura una bella rassegna di immagini d’epoca legate ai luoghi significativi della ristorazione, e dello svago di Gorizia (le immagini fanno parte del Fondo Lodovico Mischou dell’archivio Fondazione Cassa di Risparmio Gorizia). Qua e là nel volume c’è qualche rara incisione, ovviamente immagini delle ricette e affini. Infine una curiosità: è citata (e raffigurata) la pentola a pressione praticamente ai suoi esordi per il grande pubblico.
Spero così di aver inquadrato a dovere il genere di libro di cucina, che più che un ricettario costituisce davvero una summa straordinaria dell’alimentazione dell’epoca. Qui di seguito trovate la ricetta dei “Buffetti all’ussera”, delicatissimi biscottini da té/caffè che ho rifatto per “entrare in confidenza” e “assaggiare a piccoli morsi” il mondo antico dei sapori di Katharina e Ottilia. La ricetta originale la vedete in foto, sotto la mia con qualche aggiustamento su misure e tempi di cottura per queste piccole e fragranti delize. Ah, tanto per ribadire la genialità di Katharina, tra le indicazioni generali consiglia di tenere in cucina un barattolo di zucchero nel quale si sono messi a riposare i bacelli di vaniglia dopo che se ne è usata la polpa in pasticceria, in modo da avere sempre del buon zucchero vanigliato a disposizione! 😉
* Il nome dell’autrice si trova scritto in entrambi i modi (sia Katherina, che Caterina). Siccome l’autrice era austrica, quindi il suo nome vero era Katharina, e siccome Caterina Prato è anche il nome il nome di un’artista contemporanea, ho preferito la grafia tedesca.
**diversi testi di storia della cucina in che ho consultato specificano che questo è sì il primo ricettario scritto da una donna pubblicato in Italia, ma sottolineano comunque “non ancora scritto da una italiana”. A me sinceramente la sottolineatura non sembra così rilevante! 😉
Buffetti all’ussera *
ingredienti per circa 30 biscotti:
150 g di burro (a temperatura ambiente)
2 tuorli
70 g di zucchero
mezza bacca di vaniglia
180 g farina 00
Per la copertura:
1 tuorlo + mezzo cucchiaio di latte
30 g mandorle
20 g di zucchero
confettura di amarene q.b
Procedimento:
-In una ciotola montare il burro a pezzettini con i due tuorli, unire poi lo zucchero, la polpa di mezza bacca di vaniglia e, poco per volta la farina setacciata. Impastare con una forchetta sino ad avere un impasto sabbioso e sbriciolato. Basterà il calore delle vostre mani per ottenere rapidamente una pasta compatta e omogenea da fare riposare almeno 15 minuti in frigorifero.
-Nel frattempo frullare nel robot da cucina mandorle e zucchero (procedere a impulsi sino ad avere una grana sottile). E in una ciotolina sbattere il tuorlo d’uovo con mezzo cucchiaio di latte.
-Tirare fuori dal frigorifero la la pasta, accendete il forno portandolo a 180° (statico), e formare le palline (io ho usato la bilancia: 15 grammi l’una in modo da avere biscotti tutti uguali). Preparate due teglie con il fondo coperto di carta da forno. Una volta formate tutte le palline immergetene la sommità nell’uovo sbattuto con il latte, e subito dopo nella miscela di zucchero e mandorle. Quando avete terminato con questa copertura create al centro di ogni pallina l’incavo che accoglierà la confettura. Potete fare questo passaggio con il dito infarinato, come consiglia Katherina, oppure procedere con l’estremità del mattarello, o con qualunque altro pomello che avete sotto mano nella vostra cucina (ma infarinatelo sempre).
– Sistemate i buffetti sulle teglie, e infornate, cuocendo per 15/18 minuti circa (a seconda del forno, comunque devono essere ben donati in superficie).
-Una volta cotti fare riposare a temperatura ambiente per mezz’oretta almeno (inizialmente sono molto molto fragili e morbidi). Una volta raffreddati colate al centro di ogni buffetto mezzo cucchiaino di confettura, sistemateli in un pirottino e servire.
In una scatola di latta, privi della confettura (da mettere all’ultimo) si consservano tranquillamente per 10 giorni).
*gli usseri o ussari erano militari facenti parti della cavalleria leggera. In pasticceria invece, il pane buffetto è un pane sofficissimo e spugnoso. Non ho ancora capito come e perchè questi due elementi si ritrovino nel nome di questi biscotti, ma mai dire mai! Sappiate comunque che specialmente in area tedesca si trovano spesso gli “ussari dolci” i “biscotti degli ussari” i “krapfen degli ussari” o gli “Husarenkrapfen”, che, a parte lievi differenze (farina di nocciole nell’impasto, o marmellata già in cottura) sono del tutto simili a questi.
Infine grazie ancora, di cuore al Sig. Lucio!
paolo dice
Grazie di cuore per le informazioni riguardo Prato Katharina.Ho trovato in soffitta un altro suo manuale del1898 e grazie a lei ho potuto scoprire chi fosse.