Parto dalle stelle. O meglio parto dal cielo. Da ragazzina avevo una vera e propria fissa per tutti quei monumenti preistorici straordinari e misteriosi tipo dolmen, menir, cairn e compagnia bella. All’epoca megaliti vari ed eventuali costituivano per me una vera e propria mania, con letture a tema, ritagli di giornali e foto appese accanto al letto. Inutile dirvi che tra le quattro mura della mia cameretta coltivavo il sogno segreto e piuttosto new age di trascorrere il solstizio tra le pietre sacre di Stonhenge (che poi è esattamente quello che fa un sacco di gente un po’ squinternata ogni 21 giugno, ma all’epoca non c’era Fb, e i giornali riempivano le pagine con un altro tipo di finte notizie, quindi a me quest’idea pareva incredibilmente originale e spirituale…). Nella ricerca spasmodica di una Stonhenge italiana in cui trascorrere il solstizio (anche Rayan Air non esisteva, né tanto meno l’idea di attraversare l’Europa per un w.e.) mi sono resa conto di avere un luogo incredibilmente antico, e misterioso a due passi da casa: la necropoli protostorica di Valdieri in Valle Gesso (provincia di Cuneo). Mentre la mia passione adolescenziale si nutriva di giornaletti di pseudo scienza e affini libercoli, ero incappata per caso in un testo molto suggestivo di “archeoastronomia” disciplina che metterebbe in relazione i ritrovamenti seguiti a scavi archeologici con la comprensione che gli antichi avevano del cielo. Per farla brevissima, e per quel che ricordo, secondo il testo anche la necropoli protostorica di Valdieri avrebbe un orientamento celeste. Circondati da alte montagne però i primitivi valligiani non avevano bisogno di costruire megaliti per avere punti di riferimento: gli astri celesti, muovendosi sulle alpi marittime, costituivano una sorta di meraviglioso “calendario naturale”. Ora, senza entrare nel merito scientifico di questa ipotesi, l’idea di fondo è davvero emozionante: è esattamente quello che prova ogni montanaro, a cui basta dare un’occhiata alla posizione del sole in rapporto alle vette per sapere l’ora del giorno, oppure per rendersi conto della stagione. Le montagne in effetti facilitano l’orientamento, nel tempo e nello spazio (cosa per me infinitamente più complessa in pianura, e assolutamente impossibile in città): perché non credere che anche i primi abitanti della valle Gesso non regolassero la loro vita secondo questo calendario di cime, luce ed astri?
Posto che fortunatamente certi desideri new-age sono scomparsi con l’età adulta, e posto alla fine ho sposato uno storico (il pover’uomo è in lotta quotidiana e perenne con la mia illogica fantasia), tutto questa chiacchierata è per raccontarvi la mia visita di domenica scorsa al Parco Archeologico di Valdieri in provincia di Cuneo.
Il Parco Archeologico di Valdieri, insieme al Museo della Necropoli ospitato a Casa Lovera, così come il Sentiero delle Farfalle, sono parte di un percorso straordinario all’interno delle aree protette del Parco delle Alpi Marittime che poco a poco voglio raccontarvi e farvi conoscere.
Come ho già scritto altrove Rocca San Giovanni-Saben (sulla sinistra orografica del torrente Gesso) non appartiene geologicamente al massiccio cristallino dell’Argentera. Semplifico eh, ma lei è una montagna diversa: si distingue (guardatela nelle foto e ve ne renderete conto)! L’esposizione al sole, la verticalità delle pareti, e le sue rocce di natura sedimentaria, sono caratteristiche uniche che la rendono habitat di circa 400 specie vegetali (alcune di queste sono endemismi rari, altri, come il ginepro fenicio,apparterrebbero alla macchia mediterranea, mentre riescono a vivere a 800 mt s.l.m). Insomma, non è un caso se questo ambiente tanto particolare è una riserva naturale. Alle pendici di questa altura, lungo quella che era un tempo l’antica via d’accesso al paese, i lavori di rifacimento del manto stradale hanno rivelato una serie di antichissime sepolture. Circa novecento anni separano le prime sepolture, risalenti all’età del Bronzo (1350 -1200 a.C), dalle ultime, databili all’età del Ferro (625-475 a.C circa). Questo dato, unito al numero di deposizioni molto limitate e alla presenza di sepolture infantili, ha fatto supporre che la necropoli fosse destinata ad accogliere esclusivamente personaggi che nella comunità avevano un ruolo particolare, molto probabilmente legato alla sfera sacra.
L’area archeologica, protetta da strutture in legno e tettoie, è corredata da bei pannelli illustrativi (anche in codice Braille), ed è visitabile liberamente.
Sul pianoro accanto alla zona di scavo è stata ricostruita a grandezza naturale una capanna dell’età del Bronzo recente, e una complessa fornace per ceramica. Queste strutture sono utilizzate per i laboratori didattici dedicati alla rievocazione della vita quotidiana delle comunità protostoriche.
Anche se io consiglio vivamente la visita guidata in compagnia di un esperto, grazie i pannelli esplicativi è possibile fare una visita molto piacevole e interessante. Sotto gli alberi della zona c’è anche una mini area attrezzata con tavoli in legno e fontana, quindi si può usare il parco archeologico come punto di partenza per dei bellissimi trekking: a valle il Sentiero delle Farfalle, e la riserva Grotte del Bandito e a monte seguendo le indicazioni si può andare in direzione della cima del Saben (riserva Junipherus phenicea) o il più semplice anello della Fontana di Corda (tutti i sentieri sono ben segnalati dalle solite paline in legno con segnaletica rossa e bianca).
I corredi funerari e le urne cinerarie rinvenuti nella necropoli, dopo essere stati studiati e analizzati, si trovano oggi esposti a Casa Lovera, edificio multifunzione in centro paese (è sede del piccolo ufficio postale, della biblioteca, e del Museo). Devo dire che ho apprezzato infinitamente la scelta di lasciare in loco i materiali rinvenuti…una testimonianza straordinaria delle comunità alpine, che in un museo più grande e ricco sarebbero quasi passate inosservate. Come sempre davanti all’arte e all’artigianato preistorico rifletto sulla tendenza femminile ad adornarsi, e su come i gusti in fatto di orpelli e ninnoli siano praticamente immutati (voi fanciulle in ascolto non gradireste una collana di deliziose armille – le “stelline” rinvenute nella necropoli e ora simbolo del museo?). Infine concludo con una nota food: in alcuni recinti sepolcrali sono stati rinvenuti cereali carbonizzati, testimonianza molto interessante di offerte alimentari al defunto durante il rito funebre!
Il parco archeologico e museo sono di per sé una visita poco impegnativa, eppure ricca di spunti molto interessanti e di curiosità. Una bella gita culturale/domenicale per famiglie ad appena 20 km da Cuneo.
Info pratiche per organizzare la visita:
Sulla pagina del sito del Parco (Aree Protette Marittime) trovate il calendario aggiornato delle visite e delle attività legate alla necropoli di Valdieri previste per l’estate 2019 (archeologia da vivere in Marittime), con giornate e laboratori specificatamente dedicati ai bambini. A Valdieri c’è un punto informativo Iat gestito parte dell’Atl del Cuneese cui è possibile chiedere maggiori informazioni (orari: bassa stagione: dal 15 al 30/06 sab-dom e festivi 09:00 – 12:30 e 14:30 – 17:00. – media stagione: dal 01 al 31/07 e dal 24/08 al 02/09 ven-sab-dom e festivi 08:30 – 12:30 e 14:00-17:00 – alta stagione: dal 01 al 23/08 lun-mar-mer-gio 10:00-16:00; ven-sab-dom e festivi 08:30 – 12:30 e 14:00-17:00).
Casa Lovera si trova nella Piazza della Resistenza in centro al paese di Valdieri (Valle Gesso, provincia di Cuneo). Il Parco archeologico si trova a 15/20 minuti a piedi da Casa Lovera, ma è comodamente raggiungibile anche in auto (seguire “Necropoli Protostorica” sui cartelli marroni). Nel parco le indicazioni sono anche in Braille, e la necropoli è dotata di una passerella in legno che dovrebbe facilitare la mobilità dei visitatori in carrozzina, e delle mamme con passeggino!.
N.B: le foto, come sempre, sono TUTTE mie, e come sempre non è consentito utilizzarle senza chiedere!
Cristina dice
Cara Betulla, io sono un’anima montana ma la mia conoscenza, seppure profonda è limitata ai monti del Veneto e del Trentino Alto Adige. Questi tuoi reportage sono molto preziosi per me proprio perchè aprono una finestra su un modo che mi è del tutto sconosciuto. Sto salvando in un file questi post: programmerò un viaggio…
P.S. anche io ho una fascinazione per i monumenti preistorici e in anni non sospetti (lontano 1989) sono stata a Stonehenge
Betulla dice
Mia cara Cristina, lo sai vero che se mai venissi davvero sulle montagne piemontesi sarebbe per me un grandissimo onore farti da guida e portarti alla scoperta del mio piccolo/grande mondo ad alta quota? Diritto acquisito con grazia, costanza e commenti che mi mandano su una nuvoletta. Io ti ringrazio con tutto il cuore per le tue parole: mi ricordi sempre che il mio modo di vedere il mondo e di raccontarlo arriva anche dall’altra parte dello schermo! Sei davvero e mi auguro di riuscire prima o poi ad abbracciarti…p.s: non sai quanto ti invidio Stonehenge del 1989, sarà stata un po’ meno commerciale e turistica di adesso!
Silvia dice
Eheh… attenta che Giacobbo ti ascolta! ? Devono essere posti bellissimi, non conosco per niente quelle zone e credo varrebbe proprio la pena di programmare una piccola vacanza! Anche io amo i giri “archeo-naturali”!
Betulla dice
Silvia che ridere che hai citato Giacobbo! La mia dolce metà lo usa sempre come spauracchio quando sconfino in leggerezze e amenità (da storico vero ha un certo rigore..!). Non conosci nulla del Piemonte? Urge rimediare: perchè tu e Alice non venite a trovarmi? vi porterei un po’ a zonzo con grandissimo piacere…;-)
Andrea dice
Grazie per il bellissimo post e per le foto! Fai bene a fare attenzione con le teorie più strampalate, ma non bisogna mai smettere di sognare! Pensa quanti siti come questo sono andati persi nel nostro paese perché la mentalità accademica dominante finisce in molti casi a non considerare nemmeno tutto quello che non è classico o romano. Se non dovessi averlo mai visto, ti consiglio di guardare il documentario RAI sul primo sito Unesco italiano: i graffiti della Valle Camonica, in cui lo scopritore racconta di tutte le difficoltà e addirittura le minacce che dovette affrontare per ad avere un riconoscimento di un sito che oggi è uno dei più importanti al mondo. Io qualche anno fa ci sono andato a Stonehenge per il solstizio d’estate e ci ho passato la notte, in mezzo a migliaia di matti, era un sogno che avevo fin da quando ero bambino. Devo dirti che ne è valsa la pena, sia come esperienza singolare, sia perché ho potuto toccare e sedermi sulle pietre, sia perché alla fine è stata davvero un’esperienza in qualche modo spirituale. Alla faccia di tutti quelli che vogliono toglierci il diritto di sognare.
Betulla dice
Caro Andrea, ti chiedo scusa per il ritardo con cui rispondo…ma io sono leenta e riflessiva, e preferisco che quel che scrivo abbia un senso! Ti ringrazio tantissimo per il commento, per i consigli (cercherò sicuramente il documentario), e anche per aver condiviso con me il tuo ricordo così suggestivo di Stonehenge. Ma soprattutto ti ringrazio perchè in un post che dovrebbe descrivere una necropoli, tu hai colto il mio modo incantato di guardare il mondo: senza mai dimenticare un necessario approccio scientifico può (anzi deve) rimanere tanta meravigia, tanti piccoli sogni e anche tanti inspiegabili poetici misteri. Grazie davvero!