Ci sono state primavere in cui per onorare degnamente la bella stagione, il sole e l’esistenza intera mi facevo prendere dalla malsana voglia di organizzare dei“déjeuner sur l’herbe” con amici. Mi alzavo la mattina, e mandavo un sms standard a tutta la rubrica del telefono con coordinate spazio temporali. In 10 minuti partiva un evento di “aggregazione spontanea sperduto su un prato montanaro” meglio detto “picnic della domenica”. Mezza giornata di tempo per organizzarsi, una cartina disegnata a mano e un posto speciale in cui trovarsi, sempre diverso, sempre bellissimo.
Naturalmente non mi sfiorava il pensiero che gli invitati potessero non avere nulla in comune l’uno con l’altro (ero convinta che se la gente si sopporta cordialmente ai pranzi di matrimonio perché non può conoscersi/amarsi/odiarsi un po’ anche ad un mio picnic?). L’occupazione abusiva dei prati altrui era dribblata selezionando con cura le “aree verdi attrezzate” oppure scegliendo i campi senza padrone (e in tempo di fienagione si riparava nel cortile di casa). Non mi preoccupavo neppure del cibo…perchè tanto qualcosa arriva sempre…e anzi di solito si avanza. Un po’ più difficile era avere bevande per tutti. Ah, sì perchè alla fine questa storia dei “picnic della domenica” piaceva un sacco, sono arrivata a contare fino a sessanta svitati (esclusi bimbi & cani) intenti a mangiucchiare improbabili insalate di fagioli&cipolle guardando con me il sole tramontare sui monti! Senza intrattenimento, senza Whatsapp, -quasi sempre- senza acqua corrente, senza pensare che non si sarebbe potuto dire alle forze dell’ordine che il wc per tutta quella gente erano gli alberi a “200 mt in tutte le direzioni”. Non lo racconto per nostalgia o perchè sento il fiato del tempo sul collo. Sono ricordi bellissimi, ma sinceramente adesso avrei il cruccio per l’amica celiaca, il patema per quella che sviene se sfiora le fragole, non dormirei al pensiero della coppia che ha il bambino allergico all’erba e al pelo dei cani, sarei preoccupata dell’incontro di Tizio che odia Caio, e mi farei carico di riempire la pancia di tutti assecondando i gusti di ognuno, penserei che accendere fuochi nei boschi (anche chiamandoli romanticamente falò)è proibito dalla forestale e, in ultimo, avrei il sacro terrore delle foto assurde che verrebbero condivise in internet.
La mia mamma dice sempre “zucca e melone alla loro stagione”. Così questi miei pazzi e affollati “déjeuner” sono andati avanti per un bel po’di tempo. Poi si cambia, si cresce (magari nel frattempo il fantasma di tale Gustave Le Bonn ci fa prendere coscienza dell’imprevedibile “Psicologia delle folle”). E non ultimo si apprezza il fatto di essere stata un po’ scriteriata in tempi in cui l’aggettivo “sociale” era riservato alla cantina del paese, o alla gita della pro loco.
La fissa del picnic continua a spuntare ogni primavera (e qui poteteleggere la declinazione cittadina)… ma, come per il cibo ha subito un’evoluzione verso la qualità. Conscia che il “Dio vede e provvede” non include per forza anche i picnic, ho deciso di occuparmi (e preoccuparmi) del benessere di pochi selezionati amici per volta. Gestisco meglio le cose! 😉
Buon picnic amici….
p.s:come dicevo, devo a queste allegre domeniche un notevole bagaglio di “arte dell’arrangiarsi in cucina”. Sapete quei libri stupidini tipo ricette con tre ingredienti? Basta abitare in un paesello sperduto sui monti, basta voler invitare taante persone la domenica, quando é tutto chiuso, e si prova questa splendida ebbrezza di raspare la dispensa e creare!!! Questo karkadè/limonata è nato così, come alternativa a tutte le bibite con bollicine che possono venirvi in mente (i fiori di ibisco erano sempre disponibili tra le mie tisane per una bella infusione). Ai déjeuner c’erano solo alcolici, o acqua di fonte…la via di mezzo era solo una. Lui, rosso rubino, dissetante e fresco: il Karkadè al limone! Amatissimo e ricordato con affetto a distanza di anni, oggi -tanto per stare in tema bucolico e “vita dei campi”– ci ho abbinato una focaccina di farro con sopra la cicoria selvatica, ovvero il tarassaco.
Tre piccole note sugli ingredienti:
-Farina di farro monococco (Triticum monococcum): è uno di quegli alimenti antichissimi (è la prima specie di frumento coltivata 9000/10000 anni fa) lentamente soppiantato da frumenti più produttivi e di facile trebbiatura. Di recente è stato riscoperto grazie alle sue proprietà nutrizionali, e al suo sapore ricco, anche se generalmente si trova in versione integrale. La sua farina ha caratteristici pigmenti che, anche in piccola quantità, conferiscono agli impasti e ai prodotti da forno una lieve colorazione gialla.
-Foglie di Tarassaco (Taraxacum officinale): comunissima pianticella dei prati dai mille nomi (tra cui cicoria selvatica, dente di leone, girasole -in Piemonte-). La si trova praticamente in ogni dove, e in primavera le foglioline tenere sono una vera delizia amarognola. É anche facile da riconoscere, ma mi sembra d’obbligo raccomandare di non farsi prendere dalla frenesia dell’alimurgia. Raccogliere le erbe spontanee è bellissimo… non tutto quel che cresce nei prati però è commestibile (anzi la natura produce veleni che neanche l’uomo è riuscito ad eguagliare). Quindi raccogliete solo ed esclusivamente piante riconoscibili, e in luoghi non inquinati!
-Karkadè (Hibiscus sabdariffa): l’ibisco è una pianta straordinaria, che necessita di poca acqua e poche cure. Non essendo soggetta a malattie e parassiti, può essere coltivata senza l’impiego di fitofarmaci o fertilizzanti chimici, che danneggiano i contadini e il suolo. Io apprezzo particolarmente quello in fiori essiccati coltivati in Kenia (dopo l’infusione tornano carnosi e succosi).
FOCACCIA DI FARRO AL TARASSACO
Ingredienti:
-per la pasta:
300 g di farina 0
200 g di farina di grano duro
140 g di farina di farro monococco (non integrale)
320 ml di acqua
30 ml di olio extravergine di oliva
3 g di sale fino
4 g di lievito di birra disidratato
1 cucchiaino di miele
per la farcitura:
200 g di foglie tenere di tarassaco
40 g di olive taggiasche denocciolate
40 g di filetti d’acciuga sott’olio
mezzo bicchiere di brodo vegetale
un pizzico di peperoncino o paprica forte
2 spicchi d’aglio
sale, olio extravergine qb
Procedimento:
1.In una terrina capiente setacciare le farina e mescolarle. Porre da un lato della montagnola il sale e dall’altro il lievito disidratato. Fare un buco al cento e rovesciarvi un poco di acqua e l’olio. Cominciare a impastare rapidamente con una forchetta aggiungendo l’acqua man mano. Quando si ha una pasta grossolana trasferirla sulla spianatoia infarinata e terminare di impastare. Porre il composto in una ciotola coperta con un canovaccio pulito in un luogo riparato a lievitare per almeno un’ora.
2.Nel frattempo preparare la farcitura: sbollentare rapidamente le foglie di tarassaco (4 minuti circa), e raffreddarle in acqua e ghiaccio. Su un tagliere tritare finemente le acciughine e le olive taggiasche, poi metterle da parte. Tritare grossolanamente anche le foglie di tarassaco, poi pelare due spicchi d’aglio e scaldare un filo di olio extravergine di oliva in una padella antiaderente. Fare una specie di soffritto con gli spicchi d’aglio e il trito di acciughe e olive. Spadellare rapidamente mescolando con un forchettone di legno. Sfumare con mezzo bicchiere di brodo vegetale caldo e fare consumare tutto il liquido. Infine condire con sale e peperoncino secondo i gusti e fare raffreddare. Accendere il forno portandolo alla temperatura massima consentita (tra 200° e 220°)
3.Quando la pasta sarà ben lievitata rovesciarla sulla spianatoia, dividerla in due o tre parti (a seconda teglie che usate). Preparare un foglio di carta da forno adatto alla teglia che userete per la cottura (io ne ho usate 2 da 40×40). Disporre al centro del foglio uno dei pezzi di pasta e stenderlo sottilissimo con il mattarello e aiutandosi con le mani. Sistemare le sfoglie nelle teglie e farcire distribuendo con una forchetta uno strato sottile di tarassaco ripassato. Condire con un filo di olio e una spolverata di peperoncino. Cuocere in forno caldissimo per circa 15 minuti.
KARKADE FREDDO AL LIMONE
Ingredienti:
1 limone bio
100 g zucchero (volendo anche di canna, ma scurirà molto la bevanda)
700 ml di acqua
8 g di fiori di Karkadé
Procedimento:
-Con un rigalimoni ricavare la scorza di un grosso limone non trattato (evitate accuratamente l’albedine amarognola)! Mettere queste scorzette in un pentolino con 100 gr di zucchero semolato e 100 ml di acqua , portare a ebollizione e fare cuocere mescolando delicatamente sino a quando lo zucchero non sarà completamente sciolto. Togliere dal fuoco e fare raffreddare lo sciroppo (giallo intenso), rimestando di tanto in tanto le scorze per fare loro rilasciare gli oli essenziali profumati.
-Mel frattempo preparere il Karkadè portando a ebollizione 600 ml di acqua. Aggiungere i fiori di ibisco, mescolare bene, spegnere il fornello e coprire il pentolino con un coperchio. Lasciare in infusione circa 15 minuti. Poi fare filtrare il liquido con un colino separandolo dai fiori.
-Filtrare anche lo sciroppo di limoni (si avranno circa 150 ml di sciroppo) e unirlo al Karkadè. I due liquidi possono anche essere tiepidi. Fare raffreddare a temperatura ambiente poi mettere in una bottiglia e fare riposare qualche ora in frigorifero prima di consumarlo. Servire fresco, eventualmente con ghiaccio, e una fetta di limone!
SeV a colazione dice
Quei pic nic, anche io ne ho un certo numero sulle spalle, sembrano quasi una sventatezza a pensarci adesso… Ma poi, quando devo decidere il menù per ospiti con più "non" che "con", un pochino rimpiango quelli che mangiavano proprio di tutto!
La tua focaccia la farò al più presto invece, un altro modo per cucinare il tarassaco.
V.
Valeria Della Fina dice
Ma che post speciale ci regali oggi! Questa focaccia me la sognerò di notte oppure.. potrei provare a farla!! Molto meglio 😉
Ros Mj dice
"ero convinta che se la gente si sopporta cordialmente ai pranzi di matrimonio perché non può conoscersi/amarsi/odiarsi un po’ anche ad un mio picnic?….ahahah, bellissima!! Quanta spensieratezza e sano egoismo quando si è adolescenti, non ci si facevano tanti problemi, c'era quel pizzico di incoscienza che con l'età un po' si perde. Ricordo che ai picnic non pensavo mai "se mi siedo sull'erba si possono sporcare i pantaloni", oggi ci penso invece. Ottima la tua focaccia e non posso immaginare il buon sapore del karkadè in fiori. Io ho bevuto quello ottenuto dalle bustine e l'ho trovato buonissimo anche così. I tuoi post sono sempre ricchi, mi piacciono tanto. Un bacione, amica mia