Quando ero piccola specialmente in estate trascorrevo molte ore con una signora piuttosto eccentrica che in gioventù aveva fatto la governante nelle case nobili di mezza Europa. Al tempo della mia infanzia la signora S. era ormai anziana e “in pensione”, e in virtù del fatto che “servendo le blasonate famiglie dell’aristocrazia” non se ne era fatta una propria, soffriva di una struggente solitudine che la rendevano quasi logorroica quando finalmente qualcuno le dava retta. A me comunque è sempre piaciuto ascoltare le storie altrui (forse più che raccontarle), per cui passavo molto volentieri il mio tempo di bambina in compagnia di questa signora chiacchierona dal passato tanto curioso. Forse è per questo, cioè per tutte queste storie di principesse, di maggiordomi, di intrighi tra servitù, di cristalli e corone, ascoltate in tenera età, che in me convivono un amore smisurato per la nostra cara Repubblica e l’inguaribile passione per vicende, castelli e intrallazzi delle case regnanti. Tutto questo per dirvi del mio entusiasmo (ormai fuori tempo massimo) per la serie Downton Abbey, che negli anni scorsi ha riscosso un successo straordinario portando sul piccolo schermo le vite di una famiglia nobile dello Yorkshire a inizio Novecento. Ho scritto “fuori tempo massimo” perché la serie è andata in onda tra il 2010 e il 2015 (ben 6 stagioni), in cui con gli stessi identici meccanismi di una telenovelas (solo in costume) il Conte e la Contessa di Grantham, le loro figlie, amori e servitori hanno ammaliato milioni di telespettatori in tutto il mondo (tra cui naturalmente la sottoscritta che detesta le soap, ma come tutti i suoi simili non è al riparo da furiose contraddizioni esistenziali). Oggi comunque non sono qui per parlarvi della serie Downton Abbey, ma di due libri ad essa collegati di cui voglio scrivere da un bel po’.
Il primo si intitola “Ai Piani Bassi” di Margaret Powell, ed è la storia autobiografica di una ragazza della servitù (poi diventerà cuoca) che pare abbia vagamente ispirato gli sceneggiatori di Downton. Al di là di quel che è dichiarato sulla fascetta apposta al libro dalla casa editrice, su questa vera o presunta influenza del memoriale sulla serie tv sono stati spesi i proverbiali fiumi d’inchiostro. Ma poco importa, io ve ne parlo perché secondo me completa il quadro, in un altro modo (sono memorie e non fiction) e da un altro punto di vista (quello dei sotterranei a cui credo rimandi anche il logo della serie che ha un castello in positivo ed emerso -quello della nobiltà – e uno invisibile – il mondo sotterraneo dei domestici relegati ai piani bassi appunto).
Ebbene, non c’è stata pagina di questo libro che non mi abbia fatto pensare alla mia cara S. e alla gran quantità di storie che ho sentito seduta su un tronco a prendere il fresco degli alberi dopo lunghissime passeggiate nei boschi. Certamente per me non era facile comprendere un mondo complesso, fatto di grembiuli inamidati, di regole rigidissime, di pettegolezzi, apparenza e formalità, ma S. con la suoi modi schietti ha sempre trovato il modo di farmi capire anche l’incomprensibile, che poi è un po’ quel che fa Margaret Powell con la sua scrittura scarna, coraggiosa e onesta. Se lo leggete per quello che è, cioè per un testo in cui una donna del proletariato inglese racconta la sua vita a contatto con persone generalmente convinte che la ricchezza fosse fonte di superiorità morale, sono sicura che questo libro vi regalerà molto. Sì, “Ai piani bassi” è una specie di carta vetro, che toglie il lucido al bel mondo immaginario e irreale di cui ci ha fatto innamorare Downton, per restituirci la realtà nuda e cruda (e sicuramente meno scenografica).
Visto però che siamo fatti per sognare (e non per soffrire), nulla ci impedisce di credere che da qualche parte il rapporto eccezionale e rispettoso dei Grantham verso la propria servitù (tanto da permettere allo chauffeur di sposare la loro figlia) esistesse davvero. E per continuare allegramente nella pia illusione ecco il secondo libro, che – finzione nella finzione – non è nient’altro che “The Unofficial Downton Abbey Cookbook” (è in inglese) redatto con cura dalla scrittrice americana Emily Ansara Baines. Nella serie molte scene si svolgono nella bella cucina della dimora, gestita dalla fenomenale signora Patmore e dalla sua ingenua aiutante Daisy (forse ispirata alla sguattera che è stata Margaret Powell). E così come esisteva un mondo dei piani alti e uno di quelli bassi, anche il cibo si divideva tra “upstairs” e “downstairs” (stessa distinzione che si trova nel ricettario). Insomma perché no? Quale amante dei fornelli non si è chiesta come mangiassero a Downton? Questa è la risposta…e appena sotto la ricetta dei crakers all’avena di Mrs. Patmore in persona! 😉
Legati a questa serie esistono molti altri libri interessanti tra i quali segnalo “Snob”, di Julian Fellowes (il creatore della serie tv), e “Lady Almina e la vera storia di Downton Abbey” di Lady Fiona Carnarvon. Io però non li ho ancora letti…
Mrs. Patmore’s Rosemary Oat Crackers
Crackers di avena e della signora Patmore
Avvertenze: nel libro ogni ricetta è preceduta da una piccola introduzione, e seguita da una specie di chiosa sul galateo (sono solo tradotte, ma le ho lasciate intatte). La ricetta invece è frutto del mio adattamento a quella originale che naturalmente è in cup (per quanto semplicissima è sempre un’avventura fare quadrare i due sistemi di misura evitando catastrofici pasticci di cui sono io sono capace!). L’autrice dice di fare l’impasto, e immediatamente dopo di stenderlo, cosa che nella mia cucina, in questi giorni di freddo stellare e Burian ha funzionato benissimo (se fate i cracker in bella stagione però fate riposare il tutto mezz’oretta in frigorifero). I cracker sono davvero buonissimi e gustosi (specialmente se lasciate l’avena un po’ più gossolana. Sono l’ideale per un bell’aperitivo e si conservano per oltre una settimana in una scatola di latta o dentro un barattolo di vetro. Infine come non riflettere sul fatto che la Patmore non aveva un super robot da cucina dei tempi moderni? Ah, certo, però aveva la povera Daisy…
Durante l’infanzia e l’adolescenza delle ragazze di Downton Abbey, è probabile che il conte e la contessa di Grantham offrissero ai loro ospiti dei cracker fatti in casa, piuttosto che quelli facilmente acquistabili in un mercato. Dopo tutto, che senso ha avere un cuoco se non sa preparare i cracker? Tuttavia, con il passare degli anni e la scarsità di ingredienti dovuta alla guerra, i padroni potrebbero aver permesso alla signora Patmore di usare cracker acquistati in negozio a condizione che l’ altro suo cibo continuasse ad essere eccellente.
Ingredienti per circa 30 crackers:
170 g di fiocchi d’avena
1 cucchiaino di sale fino
1/2 cucchiaino di pepe nero macinato fresco
1/2 cucchiaino di rosmarino secco e tritato finemente
1/4 di cucchiaino di aglio secco in polvere
35 g di farina 00
3,5 g di lievito chimico per torte salate (per capirci tipo “Pizzaiolo” Paneangeli)
113 g di burro a cubetti
65 g di latte fresco intero
Procedimento:
1. Preriscaldate il forno a 180°.
2. Nel robot da cucina (procedendo a impulsi) sminuzzare i fiocchi di avena sino ad ottenere la grana desiderata. Se volete ottenere dei craker rustici (tipo quelli che vedete in foto) lasciate l’avena più grossolana, altrimenti potete usare direttamente la “farina di avena” che si trova in molti negozi bio (costa di più però rispetto ai semplici fiocchi e inrancidisce anche più in fretta!).
Aggiungete a questa farina sale, pepe, rosmarino, aglio in polvere, poi la farina setacciata, il lievito e il burro a dadiniburro. Attivare nuovamente il robot fino a quando la miscela si trasforma in briciole grossolane di impasto. A questo punto versare il latte e attivare il robot per pochi secondi sino a quando non si forma una palla di impasto omogenea.
3. Stendere l’impasto su una spianatoia ben infarinata (il foglio deve avere uno spessore di 4 mm)
4. Formare i crackers con il tagliabiscotti preferito (io ho usato un timbro Tescoma che aveva un nonsochè di età edoardiana 😉 ).
Trasferire i crackers su teglie coperte di carta da forno e cuocere per circa 15-20 minuti o fino a quando i cracker sono leggermente dorati (per me 12 minuti di cottura sono bastati). Lasciare raffreddare completamente prima di servire, con formaggio fresco, affettati, olive.
Lezioni di galateo
Gli inviti a una cena formale devono essere inviati almeno da sette a dieci giorni prima dell’evento e devono essere spediti entro una settimana dal ricevimento. A meno che non ci sia una malattia, è considerata una cattiva forma rifiutare un invito a una cena.
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