Quando ho visto questi taglia biscotti ho DOVUTO comprarli semplicemente perchè sembravano usciti dalla mia penna (ogni scarabocchio fatto mentre sono al telefono ha questa forma sinuosa!). L’idea di avere dei frollini con la stessa forma prodotta dalla mia mente quando è in auto-sospensione per dedicarsi alle chiacchiere era irresistibile. Infatti eccoli qui, anche loro abitanti felici e amatissimi della mia Scatola delle Carabattole da Pasticceria.
Mi piacciono queste Carabattole…non ci faccio caso, ma alla fine mi ricordo dove le ho comprate, perché, e tutte le cose buone che sono riuscita a farci. A guardarle così, fotografate sulla stoffa di Natale sembra che dicano qualcosa di me… forse dicono che l’azzurro è il mio colore, dicono che mi piacciono le curve, dicono che anche un biscotto nel suo piccolo può essere speciale, diverso (non rotondo)! Forse dicono che la luce di una casa in un pomeriggio d’inverno può finire in un taglia biscotti e farlo brillare di ricordi, calore, emozioni… “più dolci che il viso di Ishtar”.
La casellina del 2 dicembre di questo mio calendario dell’Avvento non contiene una ricetta, ma una poesia di Sylvia Plath. Nominarla in questo periodo di “avvicinamento alle feste” sembra un controsenso, perché il suo nome, quasi in automatico evoca il suo suicidio. Leggere la sua opera alla luce della sua tragica fine ha creato la visione distorta e mitica di una poetessa intenta a flirtare con la morte. Se lei fosse ancora viva, se Sylvia Plath fosse una poetessa-vecchietta in ritiro nella campagna inglese, questa poesia non sarebbe una sorta di drammatico testamento, ma un modo cinico di giocare a mescolare vita quotidiana e poesia. Senza sapere niente di lei, senza giudicarla in anticipo, queste Last Words, potrebbero essere le parole ironiche di una donna che si chiede :«Quale sarà la mia eredità al mondo»? Forse non la poesia (che non sarà capita), dopo cercatemi nelle mie pentole, nel luccichio dei miei piccoli “amori” domestici, caldi, rassicuranti come il volto di una bella e terribile dea babilonese*. Ironia della sorte, invece, non sappiamo più nulla di quelle pentole, e tutto (o così crediamo) del suo sensibile coltissimo spirito!
Dello spirituale non mi fido. Sguscia via come vapore
Nei sogni, per le fessure della bocca e degli occhi. Non posso
Fermarlo, né mai tornerà. Ma non così le cose.
Loro restano, con quel piccolo brillio particolare,
Da tante mani scaldato, con un brusio di piacere.
Se avrò freddo alle piante dei piedi,
Mi consolerà l’occhio azzurro del mio turchese.
Siano con me le mie casseruole di rame, i miei vasi di coccio
Mi fioriscano intorno notturni fiori, dal buon profumo.
Mi avvolgeranno nelle bende, deporranno il mio cuore
Sotto i miei piedi in un bel pacchettino.
Non mi riconoscerò quasi. Sarà tutto buio,
Ma ci sarà il fulgore di questi piccoli oggetti più dolce che il viso di Ishtar.
Sylvia Plath (1932-1963)
Last Words,
da Lady Lazarus e altre poesie
trad. it. di Giovanni Giudici
Sylvia Plath |
*Ishtarè una divinità babilonese. Ambigua come solo gli dei antichi possono essere perchè era insieme dea dell’Amore, della Fertilità e della Guerra (e in fondo come darle torto?). A lei era dedicata una delle otto porte di Babilonia. Era indicata anche come Signora della Luce Risplendente, in associazione con il pianeta Venere. Il suo attributo iconografico è spesso la stella a otto punte, proprio perchè il pianeta Venere ripercorre le stesse fasi in corrispondenza di un ciclo di 8 anni terrestri (particolare già ben noto agli astronomi del tempo).
Ketty Valenti dice
Confesso la mia ignoranza circa certi simboli o dei che riguardano il paganesimo,ma certo la donna in questione un certo fascino lo emana.Questo tuo calendario così particolare e personalizzato parla molto di te è davvero ricco di sfaccettature.
A presto Betulla
Z&C