
LA CUCINA ITALIANA OTTOBRE 1982
Dopo averlo cercato per anni finalmente l’ho trovato. O meglio dopo averlo cercato per anni ad un prezzo ragionevole finalmente l’ho trovato. Parlo del numero 10 “La Cucina Italiana” dell’ottobre 1982, il mese e l’anno in cui sono nata. Queste riviste si trovano spesso in vendita on line dove raggiungono quotazioni insensate che veleggiano intorno ai 12-15 euro a numero. Prezzi secondo me assolutamente assurdi visto che stiamo parlando di riviste di 40 anni fa, con un valore più sentimentale che oggettivo. Invece quest’estate in un mercatino di pulci e carta ho trovato il n.10 del 1982 ad un giusto prezzo per una bacuccata del genere: 50 centesimi. Me lo sono accaparrato subito ben felice curiosare tra i sapori di un mondo che mi aveva appena accolta in forma di micro fagottino di 2,5 kg.
Sfogliare un periodico dei tempi andati è un esercizio sopraffino per cercare di cogliere davvero lo spirito di un’epoca…e funziona egregiamente anche sfogliando un mensile di cucina, argomento che di solito viene considerato trasversale, super partes, o viceversa troppo triviale e concreto per raccontare davvero i tempi. E invece, come dicono i francesi “le monde passe à table”, motivo per cui oggi scartabelliamo insieme questo celebre mensile culinario!
LA COPERTINA
La ricetta fotografata in copertina è “Pilaf con funghi e noci”. In apparenza questo sembra solo un robusto piatto tradizionale dai sapori autunnali…invece, leggendo bene la ricetta si scoprono qua e là ritocchi tipicamente anni ’80 (sig). Per prima cosa il metodo di cottura del riso: questo non un risotto qualunque ma un “pilaf”, un riso che inizia a cuocere tostato in padella con un soffritto e finisce in forno coperto di brodo. È un metodo vecchio come il mondo (usato da sempre in medio oriente), che con cadenza regolare viene riscoperto e torna di moda anche da queste parti. Ma attenzione, il riso utilizzato per questo “pilaf” non è un riso qualunque, è “Riso Gallo Blond”, cioè un riso “parboiled” (dall’inglese “partially boiled”, ovvero che ha subito un trattamento a vapore per mantenere i chicchi consistenti e sgranati). Tra le pagine della rivista si trova la gioiosa pubblicità di questo prodotto innovativo, dallo slogan più che efficace “Chicchiricchi. Sempre al dente”, e giustamente lo stesso prodotto viene utilizzato proprio per dare lustro e gloria alla ricetta in copertina. Infine non posso non sottolineare l’uso dell’amico “dado”. Lui è senza marca specifica, ma è un “aiutante magico” irrinunciabile per una cucina moderna e con il piede a tavoletta sui gusti decisi (non a caso il “glutammato monosodico” dei comuni dadi da brodo è definito “esaltatore di sapidità”). Sì, gli anni ’80 esaltavano tutto, persino i funghi porcini che non avevano alcun bisogno di insaporitori dopanti. E comunque è solo una copertina, ma secondo me la dice lunghissima sulle tensioni gastronomiche di quegli anni opulenti aggrappati alle tradizioni eppure proiettati in un futuro luccicante quanto una palla specchiata da disco-dance…


L’EDITORIALE
Nel 1982 la direttrice responsabile della rivista era Paola Ricas, giovane e brillante giornalista esperta di cose di casa, ricamo e lavoro a maglia passata al timone del giornale dall’anno precedente (ha diretto “La Cucina Italiana” per 25 anni, dal gennaio 1981 al 2001). La signora scrive ben due editoriali, uno in apertura per illustrare l’elettrizzante prima Crociera Gastronomica* de La Cucina Italiana in partenza il 23 ottobre (Genova, Barcellona, Palma di M., Palermo, Capri sulla nave Ausonia allietati da quotidiana lezione di cucina dello chef Amedeo Sandri e dall’enologo Enrico Guadagnini), e l’altro per introdurre ai lettori il nuovo numero della rivista (più ricca, con tante immagini a colori, due servizi speciali di esperti -uno sulla pasta e uno sulla carne- e persino due bei progetti “a maglia” per i bimbi di casa). Accanto a questa affettuosa chiacchierata della direttrice, c’è il “taccuino” di Vittorio Buttafava che omaggia la prima donna in Europa eletta capo del governo: Margaret Thatcher. Il 13 ottobre del 1982 The Iron Lady compiva 57 anni: in virtù della fama del suo carattere terribile e dei tre anni al governo dell’Inghilterra Buttafava si dice certo che la signora passerà alla storia. Subito dopo evoca la vita drammatica di Edith Piaf, morta nell’ottobre del 1963, e conclude citando quelle regioni del mondo ricche di ultracentenari (Caucaso, Ande, Africa). Quale sarà il segreto della loro longevità? Sembra che la risposta della donna di Upkasia di 135 anni fresca di festa di compleanno con falò, vino, capretto e balli notturni scatenati, fosse “mangiare poco e camminare molto”! Che per una rivista di cucina mi pare illuminante…

*A seconda del tipo di sistemazione scelta la crociera gastronomica di 7 giorni nel Mediterraneo poteva costare tra le 445.000 lire e 1.210.000 lire a testa (considerare che secondo la Banca d’Italia nel 1982 lo stipendio mensile medio era di 1.467.583 lire)
IL PIATTO ICONICO
E qui non sapete la pena nel scegliere un solo piatto iconico. Perché davvero TUTTO l’indice delle ricette di questo ottobre 1982 merita di essere curiosato con gusto (poco) e ironia (tanta). Come rimanere indifferenti di fronte a un tale fantasmagorico corteo di glutammato, sottilette, wurstel, margarina, panna, super alcolici e surgelati? Alla fine, con l’animo frastornato da cotante golosità ho scelto GLI GNOCCHI DI PATATE ALL’IMPERIALE. Mi sembrano un condensato perfetto del 1982. Gli gnocchi fatti in casa, un delizioso, confortante piatto classico della cucina regionale, “esaltato” (fino alla morte per annegamento) con burro, prosciutto, panna liquida e dado ai funghi. Un trionfo!

LE PUBBLICITÀ
Anche qui selezionare solo qualche pubblicità da condividere con voi è stata una sofferenza. Ma alla fine mi sono concentrata su quelle più significative…






GLI ARTICOLI
Esattamente come le nostre riviste contemporanee La cucina Italiana dell’ottobre 1982 mi sembra dilaniata nell’impresa titanica di tenere insieme la tanto amata tradizione, e il “guardare oltre” verso l’avvenire, la modernità, il nuovo… ovviamente con un occhio di riguardo alle “necessità commerciali” che tengono su la baracca. Così tra le sue pagine si avvicendano con leggiadria un articolo sul Giappone dai paragoni gastronomici spericolati* a specialissimi focus prezzolati su “piselli surgelati Findus” e “formaggi tedeschi”. Allo spiegone sulla Grappa (“distillato italianissimo ormai celebre all’estero)” seguono pagine e pagine che riabilitano i tanto demonizzati cereali e derivati, con uno speciale sulla pasta (e giù a pioggia pubblicità e ricette a tema che incensano l’antica tradizione). La rubrica “vivere con gli animali”: “Le sette vite del gatto” è ben puntellata dal banner di scatolette “fido gatto. Ogni gatto ne va matto”. Che dire dell’articolo sull’Hotel milanese Excelsior Gallia dove l’albergatore si deve impegnare al massimo, proprio con lo stesso immenso amore che una qualunque casalinga riversa nelle cure della casa? Mi è entrata una massaia nell’occhio e ancora piango calde lacrime di patriarcato. Ancor peggio è la Tavola Rotonda “Tutto sulla carne”, incontro tra espertissimi del settore e casalinghe, cui la rivista si rivolgeva con ardore. Se le domande poste erano più che legittime (perché la carne non ha più il sapore di una volta? Perché emette tanta acqua? Dove acquistarla? È vero che il filetto è più nutriente della carne macinata?) leggere “noi non ci aspettiamo che le conoscenze delle donne su cosa acquistare migliorino dato che nella società attuale, il tempo che si dedica alla cucina è sempre meno” è la pietra tombale definitiva di ogni buona intenzione. E la corona della tavola rotonda inconcludente è fatta dalle le pubblicità a tema tra le pagine e le ricette stesse: una grottesca convivenza tra quaglie, galletti e lepri ruspanti e inquietanti insaccati industriali! Passato o futuro? Gli anni ’80 scelgono sempre e comunque una serena contraddizione!




*La banalizzazione di una cultura lontana sconosciuta raggiunge vette ragguardevoli sin dal titolo “Giappone: tè ma anche pasta e fagioli”. Prosegue con “spaghettini vermicelli, tagliatelline prodotti con varie farine” per avvicinare il più possibile i lettori italiani al mondo incomprensibile e misterioso della pasta fresca asiatica, anche se il più felice è paragone per la Soba “ve ne sono di simili ai bigoli scuri veneti, realizzati con il 60% farina di grano saraceno e il 40% di fior di farina”. In ultimo l’articolo chiosa in gloria “un grande segreto nell’alimentazione alla giapponese è quello di sostituire il vino con il tè, che è digestivo e corroborante insieme, ideale per una digestione facile, che non appesantisce e rende agevoli gli impegni di lavoro.” Lo so, da solo il segreto dell’efficienza giapponese valeva le 3.000 lire di prezzo di copertina della rivista…

L’ESPRIT DU TEMPS
È quello che a prima vista, inequivocabilmente, mi fa dire: questi sono gli anni ’80! E io credo che, come il diavolo, lo spirito del tempo si annidi nei dettagli… 😉
Il microonde
«Restare al passo con tutte le novità e tutte le scoperte è un probl4ema arduo. Prendere ad esempio la vasta gamma di elettrodomestici: ne escono a getto continuo e sono sempre più perfezionati e studiati per accontentare le esigenze del pubblico. Alcuni di questi elettrodomestici non hanno bisogno di sfondare: il loro successo è immediato e generale. Altri invece fanno fatica ad affermarsi. Perché? Prendiamo per esempio il forno a microonde che, ormai diffusissimo in America da 20 anni, non costituisce certo una novità assoluta in Italia. Eppure pochi lo conoscono e non molti lo possiedono. Io credo che fondamentalmente sia mancato un discorso approfondito e chiarificatore che facesse conoscere le reali qualità e l’utilità di questo elettrodomestico. Il forno a microonde è rimasto, per la maggioranza, un illustre sconosciuto. E questo ha lasciato ampio spazio a pregiudizi e illazioni che vorrei sfatare una volta per tutte». Elena Sala
Segue ovviamente profusione di microonde di diverse marche e prezzi…

I Consigli della Signora Olga.
Olga è uno pseudonimo appartenuto in primis a Fernanda, una delle tre sorelle Gosetti Della Salda che dal 1952 rilanciarono la rivista “La Cucina Italiana”. Poi credo che i saggi consigli della “Signora Olga” avessero un tale successo tra i lettori, che lo pseudonimo dev’essere rimasto attivo anche dopo che Fernanda lasciò la redazione della rivista nel 1969. Anche io ero una sua affezionata lettrice…ma ad un certo punto la fantomatica signora è sparita nel nulla lasciando il posto a Chef in carne ed ossa (ad esempio nell’ultimo numero di settembre 2025 tutto il ricettario è a cura di Niki Romito i cui consigli aprono ogni ricetta). È passata almeno una decina di anni dalla sparizione di «La signora Olga dice che…» …eppure a me lei manca moltissimo, forse perché preferisco da sempre le cuoche vere ai grandi Chef! 😉


I bicchieri da Whisky visti sulla rivista, e ordinabili con cartolina.
«Una piacevole serata da trascorrere con gli amici, quattro chiacchiere in salotto sorseggiando un ottimo scotch nei bicchieri più adatti, come questi, piuttosto bassi e larghi con una base che appoggia bene e che non mette in pericolo moquette e divani; chi non ama tale bevanda potrà utilizzare questi splendidi bicchieri “old fashion” per servire una bibita fresca o un succo di frutta. Pratici, comodi e romantici, i nostri bicchieri sono anche molto belli in quanto decorati a mano con oro zecchino secondo la migliore tradizione italiana». Tuoi a 29.500 Lire.

Cocktail Felicità
A pagina 1111 (la numerazione progressiva iniziava ogni anno e durava per 12 numeri) c’è la rubrica “Il barman in casa”. Il 1982 è l’anno di Felicità, successo incredibile e travolgente di Al Bano e Romina Power che diventa presto anche un bel cocktail a base di Amaro Averna e Prosecco… E visto che noi sappiamo benissimo com’è andata a finire tra Al Bano e Romina, il fatto di usare un amaro dentro un cocktail chiamato felicità mi sembra a dir poco profetico.

Bestie morte sulla tavola
Vorrei tanto sapere perché tra il dopoguerra e gli anni ’90 andava tantissimo l’idea raccapricciante di fotografare i cibi con accanto una bestia morta. Sono onnivora, cucino praticamente di tutto, ma di questa cosa proprio non mi capacito! Cos’è l’atavico prestigio della selvaggina da pelo e da piuma? Il trofeo della caccia esposto sulla tavola? Sono reminiscenze dei banchetti rinascimentali? (quelli con i pavoni arrostiti e poi ricoperti del loro piumaggio)? O forse è l’influenza delle nature morte seicentesche dal gusto barocco? Sono perplessa, soprattutto per l’aspetto poco igienico che queste foto evocano: oltre alla bruttezza di una bestia morta e sanguinolenta o impagliata spiaccicata lì tra i piatti io vedo soprattutto una contaminazione incrociata tra cibo cotto e materia prima cruda. Non me ne farò mai una ragione…ma per fortuna da qualche parte in quegli anni è nata una nuova sensibilità verso gli animali, e anche un altro genere di food Photography!

Ora avete capito perché volevo pagare questa rivista pochi centesimi? Insomma belli gli anni ‘80. Ci sono anche nata, ma tutto sommato non ci vivrei…non più almeno!

N.B: come sempre non ho alcun legame commerciale con nomi e marchi citati. Qui scrivo solo opinioni personali in ciancia libera…

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