Oggi è il giorno del solstizio, che insieme a San Giovanni (24 giugno), segna il crocevia tra primavera ed estate. Come vi ho già raccontato in più occasioni sono incredibilmente affascinata dal rapporto tra le date dell’anno liturgico (il culto dei Santi) e il calendario gastronomico della nostra alimentazione. Si tratta di una scansione arcaica, legata prima di tutto al ritmo delle stagioni, alle credenze religiose, e alla dimensione agricola che un tempo aveva la nostra penisola. A volte mi chiedo se oggi abbia senso mantenere vive certe “usanze” a tavola, come quella di preparare un piatto solo in un dato periodo. In fondo potremmo mangiare tutto quel che vogliamo ogni giorno dell’anno. Eppure no, mi piace pensare che la nostra tavola di casa non è quella di un ristorante…certe cose hanno senso, gusto e profumo solo mangiate una volta all’anno.

San Giovanni, così proteso verso la bella stagione (travestimento di chissà quali ancestrali e superstiziose credenze), è forse la figura a cui, in tutta Italia, sono legate più tradizioni che spaziano da riti legati all’acqua e al fuoco, e alla raccolta delle erbe, processioni campestri, paure sovrannaturali, e per finire (siamo italiani) ad alimenti e bevande che nei modi più curiosi si legano al Santo (tortellate di san Giovanni nel Parmense, lo stoccafisso all’onegliese di Imperia, le “quadrare” di Castelbuono in Sicilia, le tavolate della Bari vecchia, e un po’ in ogni dove ricette con lumache).
Io di mio, che in genere mi definirei per nulla superstiziosa, alla vigilia di San Giovanni vado a vedere i falò (sulle colline di Langa, in Piazza Castello a Torino, o dall’altra sponda del fiume in Valle Gesso), e la mattina presto del 24 vado a raccogliere le noci verdi (rigorosamente bagnate di rugiada per fare un ottimo nocino), qualche volta raccolgo anche un po’ di Iperico, e infine metto sulla porta di casa una frasca di noce. Poi siccome sono comunque una cuoca incontro per caso una ricetta piemontese “alla San Giovanni” mai vista né assaggiata prima, e la accolgo a braccia aperte nella mia cucina.
Insomma…diciamo che pensandoci bene il fondo di verità nel rapporto tra San Giovanni e il mondo vegetale è dato dal fatto che tantissime erbe hanno in questo periodo dell’anno il loro migliore “tempo balsamico”, ovvero quel periodo, ideale per la raccolta, durante il quale è presente una maggiore concentrazione di sostanze attive. Per tutto il resto, cioè pratiche e credenze più o meno consapevoli, la ragione tace, e ogni tanto va bene così!

N.B: la ricetta è liberamente ispirata ai “Cuori di Sedano alla San Giovanni” di
Laura Gras Portinari, “Cucina e Vini del Piemonte e della Valle d’Aosta”, Milano, Mursia, 1971. (non che debba essere fatta solo in questo fine mese di giugno, ma indubbiamente il sedano tenerissimo contribuisce al risultato finale!).
Bibliografia sull’argomento Santi, civiltà contadina e civiltà della tavola:
Enrico Bertone, “Piemonte Rurale, tradizioni, segni materiali, religiosità feste e riti nel mondo contadino”, Torino, Priuli&Verlucca, 2015, 207 p.
Lydia Capasso, Giovanna Esposito, “Santa Pietanza, Tradizioni e ricette dei Santi e delle loro feste”, Milano, Guido Tommasi Editore, 2017, 271 p.
Insalata di Sedano alla San Giovanni
Ingredienti:
sedano
6 acciughe sott’olio
3 uova
un ciuffetto di prezzemolo
spagnolino (peperoncino piccante fresco o secco)
cetriolini sott’aceto
capperi
olio extravergine d’oliva
scaglie di grana per servire
N.B: la dose di salsa che userete per condire il sedano è abbastanza abbondante, si conserva in frigorifero coperta di un leggero strato di olio d’oliva per due giorni, ed è perfetta per accompagnare uova sode (qui avanzerete quattro mezzi bianchi), carni di maiale o salsiccia. Il fatto che non contiene uova crude la rende particolarmente adatta ai pic nic, buffet e rinfreschi estivi!
Procedimento:
-Lavare e mondare con cura i gambi di sedano (meglio se si tratta del cuore della pianta che è più tenero): eliminare i fili con un pelapatate, poi su un tagliere affettarle sottilmente e metterli in una ciotola.
-Fare le uova sode. Ora sembra una banalità, ma probabilmente vale la pena di scrivere per bene i trucchi di questa preparazione. Le uova devono essere a temperatura ambiente (così il guscio non si crepa in cottura). Immergere le uova nell’acqua bollente con l’aiuto di un cucchiaio, e da qui calcolare 10 minuti di cottura con un timer. Trascorso questo tempo scolare delicatamente l’acqua calda e porre le uova a raffreddare in acqua gelida (oppure sotto l’acqua corrente del lavandino). In questo modo, cioè con un rapido raffreddamento, si evita la formazione di solfuro di idrogeno, ovvero quel terribile cerchio verdastro intorno al tuorlo, e si fa anche meno fatica a sgusciare le uova.
-Lavare e mondare una manciata di foglie di prezzemolo asciugandole bene in della carta da cucina. Togliere le acciughe dall’olio e sciaquarle rapidamente in acqua e aceto rosso, poi tamponarle delicatamente nella carta da cucina. Sciacquare sotto l’acqua corrente il cucchiaino di capperi sotto sale (sciacquateli anche se usate quelli sott’aceto), e i cetriolini.
-Mettere in un minipimer due tuorli sodi e un solo albume, le acciughe, le foglioline di prezzemolo, i capperi, i cetriolini e un pizzico di peperoncino. Infine unire due abbondanti cucchiaiate d’olio extravergine. Attivare il robot da cucina a impulsi sino ad ottenere una verdissima crema (non deve essere troppo densa, quindi eventualmente unite ancora un po’ di olio). Regolate secondo i gusti (aggiungendo o meno peperoncino secco).
-Condite il sedano tagliato con due o tre cucchiaiate di questa crema. Mescolate delicatamente con due forchette, e portate in tavola con petali di grana (si fanno facilmente con un pelapatate).
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