Data la Pasqua in avvicinamento (e magari qualche giorno di vacanza) ecco un mio piccolo itinerario primaverile nella Sardegna nord occidentale (province di Sassari e Oristano). Vi dico subito che la Sardegna in questo periodo è il più meraviglioso dei giardini del mediterraneo, quindi se ai fiori ci aggiungete il colore turchese del cielo e del mare, la quiete rasserenante del “fuori-stagione” e qualche piccolo gioiello d’arte, avrete una vacanza davvero indimenticabile! Ovvio, indimenticabile secondo i miei gusti: questa non è la Sardegna nota ai più, quella dei villagi turistici, dei porcellini arrosto, delle spiagge affollate giorno e notte. Esiste, certo, ma a me quella Sardegna non interessa! Questa è meno appariscente, ma infinitamente più profonda, affascinante e autentica.
p.s: siccome viaggio sempre in buona compagnia libresca, vi consiglio di partire con Michela Murgia, Viaggio in Sardegna, Undici percorsi nell’isola che non si vede, Einaudi, 2008.
Dove non è altrimenti indicato le foto sono mie!
Bonorva – Necropoli di Sant’Andrea Priu (Sassari)
Quale potrà mai essere la fissa di un’accanita lettrice di Grazia Deledda, che visita la Sardegna? Semplice, vedere una Domus de Janas (strutture sepolcrali della Sardegna Prenuragica, definite poi in epoca successiva “case delle fate”). Sono stata fortunata, e ben consigliata, perchè questa necropoli ipogeica è davvero spettacolare, ricca e curiosa: vanta una domus de janas con ben 18 vani, una delle più ampie del bacino dell’intero Mediterraneo. C’è una bellezza tutta particolare nel fare le cose fuori stagione: durante la visita a questo sito archeologico ho apprezzato la quiete serena della primavera in arrivo, l’emozione di imparare qualcosa di nuovo, e il privilegio raro dell’esclusività (eravamo gli unici visitatori). Il personale attento e preparatissimo, ha saputo narrare al meglio la stratificazione degli usi che nei secoli sono stati fatti di questa area sepolcrale che interessa un’ampia struttura rocciosa sul lato meridionale della Piana di Santa Lucia. Ecco, per me una brava guida deve essere prima di tutto un eccellente narratore, il dato storico va e viene (eventualmente c’è wikipedia), ma pochi sanno davvero fare tornare in vita la storia usando semplicemente le parole e la voce. La mia prima domus de janas mi rimarrà nel cuore!
Il Retablo maggiore di Ardara (Sassari)
La cittadina di Ardara sorge su una collina rocciosa (300 m s.l.m) ad una quarantina di chilometri dalla costa settentrionale della Sardegna (è in provincia di Sassari). Nel Medioevo era al centro del giudicato di Torres-Logudoro, in una posizione strategica per il controllo delle strade che portavano ai regni di Arborea, Cagliari e Gallura. La chiesa Palatina di Santa Maria del regno infatti, venne edificata ad Ardara verso la metà dell’anno Mille, come cappella di palazzo dei giudici turritani, appena fuori dal circuito murario fortificato dell’abitato. L’interno della chiesa (se è chiusa troverete sulla porta il numero del responsabile da contattare per la visita) è caratterizzato da una serie di tozze colonne cilindriche dipinte con affreschi votivi del Seicento, su cui posano capitelli altomedievali corinzieggianti di recupero. Il vano dell’abside, invece, è completamente occupato dall’imponente “Retablo Maggiore”, detto anche Retablo dei Misteri del Rosario”. Eseguito probabilmente da maestranze iberiche stanziate sull’isola, il Retablo fu commissionato nel sedicesimo secolo dall’Arciprete Giovanni Cataholo che compare, ovviamente, raffigurato nel pannello centrale. Questi 63 mq di gloria, oro stucchi e colori legati alla vita della Vergine sono un vero spasso, per chi come me ha l’insana presunzione di voler “leggere” ogni particolare della storia che il pittore ci ha voluto raccontare. Seduta nei primi banchi della chiesa vuota, nella penombra silenziosa del pomeriggio, ho passato una mezz’oretta di incanto e meraviglia contemplando le vicende in tecnicolor dei Santi, Profeti e Patriarchi che affollano l’antico Retablo.
Camminata a Punta Argentiera -la Vedetta- (Sassari)
Tra le cose da fare in Sardegna nel periodo primaverile non poteva mancare una giornata interamente dedicata alla natura: l’atmosfera di giardino fiorito aleggia ovunque e viene voglia di sbocciare di felicità ad ogni cisto fiorito, o asfodelo che si incontra. Ho inserito questa passeggiata in questo post di consigli perché è una gitarella/trekking di mezza giornata veramente bellissima. Il però è che è totalmente fuori mano, completamente priva di indicazioni e anche abbastanza faticosa. Che volete che vi dica? andate fino ad Argentiera (provincia di Sassari) lasciate l’auto nel primo parcheggio che trovate sulla vostra destra entrando nell’abitato, poi proseguite a piedi verso la piazzetta del paese. Da qui continuate verso la vecchia miniera, tenete la sinistra e la strada (che diventerà sterrata) vi condurrà verso questa cima. Pare che durante la seconda guerra mondiale vi fosse una specie di bunker strategico, e più di recente dovevano installarvi un mostruoso radar di avvistamento…per ora però scampato pericolo: la Vedetta è selvaggia e meravigliosa, e la vista che vi regala questo posto non l’ha goduta neanche Icaro.
Il Pozzo di Santa Cristina (Paulilatino – Oristano)
Intorno alla Chiesa campestre di Santa Cristina si sviluppa un’area archeologica straordinaria. Il sito, particolarmente ampio, è diviso in due parti: la zona del tempio a pozzo (con strutture annesse, capanna delle riunioni, il recinto sacro e altre piccole capanne), e più a sud l’area di un antico villaggio nuragico, con un nuraghe monotorre, e alcune capanne in pietra di forma allungata. Qui mi concentro sul pozzo, che è davvero uno di quei gioielli meravigliosi che soltanto la Sardegna può custodire. Allora, simpatia immediata perchè: 1.il pozzo è legato ad antichi culti delle acque vagamente femminili (una falda perenne riempie la vasca circolare scapata nella roccia) 2. contaminazione micenea chiarissima anche alla quipresentescrivente 3. legame astronomico accertato: ogni diciotto anni e sei mesi durante il plenilunio, la luna proietta sull’acqua in fondo al pozzo la sua forma intera che passa attraverso il piccolo foro sulla cupola del tempio (la prossima volta l’evento cadrà nel 2025…). In ogni caso, anche senza luna, senza essere adepti di moderni (e inquietanti) culti neopagani, e senza avere lapiùpallidaidea sulla reale funzione di questo stranissimo pozzo, vi garantisco che si tratta di un posto speciale. Spero che riusciate a scendere la maestosa scalinata in solitudine e silenzio, e che arrivati all’ultimo scalino possiate sedervi in santa pace 5 minuti a bordo dell’acqua per godervi la frescura antica di quest’opera suggestiva e misteriosa. (Rovino la scena con quel che è capitato a me: due invasati hanno sceso rumorosamente le scale con zaini e borracce, per poi mettersi a fare abluzioni mistiche con l’acqua stantia…roba da matti!).
Rilievi di Giovanni Spano 1857 (tratti dalla voce di Wikipedia)
Basilica della Santissima Trinità di Saccargia (Sassari)
La storia che in un tempo assai lontano tale Costantino I governatore del giudicato di Logudoro si mise in viaggio con la moglie Marcusa Lacon de Gunale per recarsi in pellegrinaggio dai tre martiri turritani: Gavino, Proto e Gianuario.I due non riuscivano ad avere un erede, e avevano deciso di compiere il pellegrinaggio votivo fino a Porto Torres per chiedere la grazia ai tre Santi gloriosi. Durante il viaggio fecero una sosta presso il piccolo monastero di alcuni frati camaldolesi. Quella stessa notte la Vergine apparve in sogno a Marcusa: avrebbero avuto la grazia di un figlio in cambio della costruzione in quello stesso luogo, di una chiesa in onore e gloria della S.S. Trinità e di un monastero per l’ordine camaldolese. I due coniugi, desiderosi di compiacere l’apparizione, diedero immediatamente inizio ai lavori di costruzione della chiesa. Nell’anno 1117, il giudice e sua moglie consacrarono la nuova chiesa sotto il pontificato di Papa Pasquale II. Sinceramente non ho ben capito la sua data di nascita, ma ad un certo punto della storia compare il figliuolo della coppia, tale Gonario. Questo Gonario poi, ha una di quelle vite bellissime, ma qui non posso perdermi dietro a un monaco cistercense di mille anni fa; comunque lui è il segno evidente che il voto era stato esaudito. In ogni caso intorno al 1120 maestranze di scuola pisana e lucchesi eseguirono lavori di ampliamento della chiesa, e costruirono una nuova facciata, oltre all’altissimo campanile. Alla fine del XII secolo l’abside centrale venne affrescata da un ignoto artista proveniente dall’Italia centrale, e ancora oggi la sua opera è considerata l’unico esempio in Sardegna di pittura murale romanica in ottimo stato di conservazione. Ah, nota folklore: pare che il nome della basilica, Saccargia, derivi dall’espressione in lingua sarda logudorese “s’acca argia”, ovvero la mucca pezzata, per la similitudine tra i colori esterni dell’edificio (conci in calcare bianco e basalto nero) e il manto pezzato delle mucche al pascolo. In effetti, questa bellissima chiesa romanico pisana, vista da lontano sembra davvero una mucca quieta a ruminare sui pascoli.
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