
Nella mia famiglia abbiamo un’ abitudine stupidella: il giorno del proprio compleanno il festeggiato può decidere cosa mangiare e anche la torta su cui spegnere le candeline. Ora, come sapete, ladolcemetà è un giramondo dai gusti robusti, selvatici e a dir poco inediti! Per cui, cosa mi ha chiesto secondo voi per onorare degnamente i suoi 32 anni? Il Fårikål. Sì, per il 29 di agosto mi ha chiesto uno stufato di agnello e cavoli assaggiato a Oslo qualche anno fa. Pare che la nostalgia di questo piatto per lui fosse struggente, una roba tormentante, simile al “mal d’Africa” e alle più dolorose consunzioni dello spirito. Ciò nonostante, complici il gran caldo di fine agosto, ben 3 torte meravigliose e 2 feste, sono riuscita a rimandare questo benedetto Fårikål. Si aspettavano temperature più autunnali, o, volentieri, anche l’oblio! Dopo qualche giorno mi sono messa a sfogliare “La grammatica dei sapori” e cosa trovo? La Segnit che, anche lei, si dilunga sulla bontà del Fårikål. Insomma, due indizi fanno una prova. L’universo tramava contro di me. Sembravo l’unica a non aver mai sentito nominare questo piatto, anzi, a non aver mai immaginato l’idilio tra Agnello&Cavolo. Come potevo vivere ignorando il piatto nazionale norvegese, che, addirittura ha un giorno a lui consacrato (ogni anno l’ultimo giovedì di settembre)? L’ ignoranza è una brutta bestia (anche sulle papille), e una promessa è una promessa. Quindi, ecco il mio Fårikål (a proposito, si pronuncia: «Forrycoal» )! Ladolcemetà gongola leccandosi letteralmente i baffi rossicci unti d’agnello (forse è un Vichingo e non lo so)…
Dato che, come ho scritto, io non ho mai assaggiato l’originale di questo piatto, e ladolcemetà aveva idee piuttosto vaghe in proposito, ho fatto qualche ricerca prima di mettermi all’opera: tutti i libri, siti e blog di cucina che ho consultato indicavano sostanzialmente questi due procedimenti.
1. agnello e cavolo coperti di acqua e fatti bollire per 3 ore.
2. agnello e cavolo cotti rapidamente separati e poi uniti in conclusione per amalgamare i sapori.
Io ho scelto la seconda, che mi è sembrata una versione un po’ più moderna, capace di ridurre notevolmente i tempi di cottura. Considerate che questo piatto ha origini rustiche e contadine, per cui era fatto nelle fattorie, quando a settembre si macellavano gli agnelloni estivi. Ovviamente nel Fårikål dei tempi andati non ci finiva di certo la coscia, ma tutte le parti meno nobili (ricche di grasso e ossa) che non trovavano altri impieghi. La lunga cottura serviva, appunto a estrarre il meglio da queste parti povere. Cosa che oggi, non è più necessaria. Altra nota: l’olio extravergine di oliva. Non sarà filologico, ma così questo Fårikålè buonissimo, leggero e gustoso.

p.s: come avrete notato questo piatto NON è fotogenico nè bello d’aspetto…Cosa di cui si lamenta praticamente ogni blog di cucina che ho letto con questa ricetta. Ho pensato quindi di evitare artifici e belletti: uno stufato di cavolo rimane tale anche in un piatto d’oro. D’altronde questo non è un fashion blog…e ho creduto bene che puntare alla sostanza (anche nell’immagine) fosse il modo migliore per rendere onore a questo cibo bruttarello ma immensamente buono, e corroborante e felice!
Fårikål
Ingredienti:
1 kg di polpa di agnellone
1 kg di cavolo verza o di cavolo cappuccio
2 cucchiai di farina 00
brodo vegetale
pepe nero in grani
bacche di ginepro
olio extravergine d’oliva ( o burro)
sale
Procedimento:
-Tagliare la carne in pezzi omogenei e non troppo grossi (ridurrete così i tempi di cottura).
-Mondare il cavolo e tagliarlo in striscioline sottili. Portare a bollore un pentolone di acqua non salata e sbollentarvi il cavolo per circa 3 minuti dalla ripresa del bollore. Scolarlo e tenerlo da parte.
-Infarinare i dadi di carne, scaldare 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva in una padella antiaderente e rosolarvi i bocconi di carne su tutti i lati. Quando la carne sarà ben colorita spegnere il fornello.
– In un tegame capiente scaldare qualche cucchiaio di olio e “ripassare” il cavolo appena sbollentato. Dopo pochi minuti aggiungere la carne di agnello, il pepe in grani, le bacche di ginepro, il sale e coprire il tutto con 3 mestoli di brodo vegetale caldo. Incoperchiare e fare sobbollire dolcemente per 30/40 minuti rimestando ogni tanto (comunque sino all’assorbimento completo dei liquidi).
-Servire caldo con patate bollite e acquavite (mi dicono che quest’ultima sia imprescindibile).
Che idee originali!!!
Ciao
Allora, io l'agnello non lo amo molto… Ma vedendo questo piatto, la voglia di assaggiarlo è enorme! Sei sempre bravissima Bea 🙂
Beatrice mi fai morire, cosa non si fà per amore della dolcemetà, e di Alchimie…
Un abbraccione!
Ciao Betullina, da te mi aspettavo tutto tranne questo piatto ma sei sempre la più brava <3
A me questa tradizione di mangiare ciò che uno vuole al compleanno piace un sacco! Peccato che io non ho una Bea in casa, ma un Capellone che può suonarmi tutte le canzoni del mondo, ma ai fornelli mmmh non me lo immagino! Il tuo vichingo ti ha messo a dura prova…ma come sempre tu sei stata bravissima! E chi l'ha detto che è brutto? A me piace assai e tutti quei cavoli mi ricordano il "sancrao" piemontese…non vedo l'ora di mettermi ad affettare verze! 🙂 bellissimo leggerti, come sempre…ti abbraccio forte forte! Buon nuovo Sedici! 🙂