Verso mezzogiorno la dolcemetà doveva passare dal macellaio per prendere due hamburger. É arrivato a casa con un sorrisone trionfale alzando al cielo la mano in cui stringeva un sacchetto ricolmo. «Mi sono fatto un regalo!» ha aggiunto «Ho preso gli hamburger, ma anche la trippa!» .
«Ah!» ho risposto io… «e come la cucinerai?». «Ehhhm, non ne ho idea, mi sa che a quello ci devi pensare tu!». «Bene, allora toglierei il “mi” riflessivo dalla frase, perché il regalo te lo farò io dedicando alla tua trippa tutto il mio pomeriggio!». 😉
Io non mangio trippa, almeno non in questa vita. Quando ero piccola e ingenua invece ne spazzolavo dei bei piattoni. Poi sono cresciuta, mi sono fatta spiegare bene il perché di quella forma e di quella consistenza così strane e ho smesso di mangiarla. Mi rimane però la soddisfazione nel cucinarla bene, e siccome mio marito ne è ghiotto, mi piace provare sempre ricette nuove. Questa trippa del “Vecchio Salera” era in lista da un bel po’, perché è una ricetta ispirata a Giovanni Goria, gastronomo astigiano che ha scritto quello che probabilmente è il più bel libro della cucina del basso Piemonte.
Come ho già raccontato in più occasioni quella del “Piemonte collinare e vignaiolo” è una cucina opulenta, figlia di una tradizione secolare, come del benessere degli anni ‘90. Insomma, questa trippa avrebbe voluto anche uno zampino spaccato (piotin) e una mammela di vacca per «fare un po’ colloso e rappreso il sughetto». Io vi garantisco che anche senza piotin e tettina avrete un piatto untuosamente delizioso, serico al palato e incredibilmente goloso…esattamente come quello che il “Vecchio Salera” di Asti aveva in lista come piatto di richiamo tutti i mercoledì, giorno di mercato.
TRIPPA DEL “VECCHIO SALERA”
N.B: la ricetta originale la trovate a pag.50 e 51 del libro. Questa è ovviamente la MIA versione liberamente ispirata al Goria.
Ingredienti:
800 g di trippa già bollita e tagliata in striscioline
100 g di lardo, o prosciutto crudo o pancetta
2 gambi di sedano
3 carote
2 cipolle
salvia
prezzemolo
mazzetto degli aromi (rosmarino, alloro, punte di basilico fiorito)
4 patate bianche
150 ml circa di Marsala secco o vino bianco (un bicchiere)
brodo caldo di carne (circa 1,5 lt)
due cucchiai di concentrato di pomodoro
fagioli borlotti o bianchi di Spagna già cotti a parte
per servire:
prezzemolo, basilico, uno spicchio di aglio, pepe nero macinato fresco ed eventualmente parmigiano grattugiato
Procedimento:
-Preparate le sedano, carote e cipolle e dopo averle lavate e mondate tagliate a pezzettini come per fare un bel soffritto. Pelate e tagliate a dadi le patate e tenetele da parte
-Scaldate un paio di cucchiai di olio in un tegame largo e fate rosolare lardo e prosciutto crudo,aggiungete sedano, carote, cipolle, qualche foglia di salvia e di prezzemolo, e il mazzetto dei profumi. Tenete il fuoco vivo e aggiungete la trippa tagliata in striscioline e le patate in dadi. Rosolate bene per qualche minuto poi bagnare con il marsala, unendo quasi subito il concentrato di pomodoro. Mescolate delicatamente per fare amalgamare bene il concentrato di pomodoro in modo che colori il tutto. Bagnate quindi di tanto in tanto con un mestolo di brodo caldo, girate e incoperchiare proseguendo la cottura dolcemente a fuoco basso per circa due ore (di tanto in tanto quando il composto si addensa diluite il tutto con un mestolino di brodo). Dopo circa 1 ora e mezza di cottura unite anche i fagioli già cotti a parte incorporandoli al composto. Proseguite ancora la cottura per l’ultima mezz’oretta. Al momento di servire la trippa deve essere ben densa e legata (il sugo non deve essere acquoso). Fuori dal fuoco “rinfrescatela” con un trito di prezzemolo, basilico e aglio. Portate in tavola con una generosa spolverata di pepe macinato fresco e del parmigiano grattugiato a parte.
Daniela dice
Anche a Claudio piace molto la trippa, ma la cucina alla toscana ora gli faccio vedere la Nostra versione
Betulla dice
Ne trovi anche altre due versioni piemontesi sul blog…in minestra (quella della Fiera Fredda) e con i porri di Cervere. Comunque anche quella toscana è deliziosa…vuoi che ladolcemetà non assaggiasse anche quella? Un abbraccio a entrambi!
Paola Bortolani dice
Proverò questa versione, e sai che sono come te? La cucino per la famiglia, a cui piace moltissimo, ma io non l’assaggio nemmeno
Betulla dice
Sicuramente è una versione antica che merita la prova…Pensa che da piccola guardavo ammirata la mamma di una mia amica che cucinava il coniglio per la famiglia senza assaggiarlo nè poi mangiarlo…crescendo si finisce invece per fare così…forse per sopravvivenza! 😉