Questa primavera la Società Operaia di Mutuo Soccorso di Valdieri ha festeggiato i 140 anni ininterrotti di attività. Un piccolo grande record per questa associazione di lavoratori (specialmente ardesiai, boscaioli e agricoltori) nata sul finire dell’Ottocento per compensare l’assenza di un vero e proprio Stato Sociale! Per celebrare l’anniversario è stata realizzata una pubblicazione che ripercorre la storia e il significato moderno di questa curiosa “SOMS” alpina. Anche io e mio fratello abbiamo contribuito al libricino intervistando la Signora Rosalba, che per oltre vent’anni ha gestito il ristorante della Società. Quella di Rosalba era una cucina ricca e schietta, una commistione equilibrata tra Romagna e Piemonte, che nel tempo ha saputo fare breccia nel cuore di moltissimi buongustai. Visto l’argomento culinario, e considerata l’importanza della Società Operaia nelle vicende della Valle Gesso e del mio amato paesino Valdieri, riporto qui di seguito integralmente la chiacchierata fatta con Rosalba e con suo marito Tino.
Ricordo che il volume è disponibile in sede (Via Antonina Grandis 2, 12010 Valdieri – Cuneo) e viene dato in omaggio ai soci sostenitori (consultare il sito www.somsvaldieri.it o relativa pagina fb https://www.facebook.com/societavaldieri/ per contatti, aggiornamenti servizi offerti e notizie utili).
L’idea iniziale era quella di fare un’intervista. Ma Rosalba e Tino non sono due celebrità qualunque, e una banale intervista, con domande e risposte non avrebbe reso giustizia al grande bagaglio di emozioni, ricordi, fatiche e soddisfazioni accumulato in una vita intera trascorsa da gestori della Trattoria della Società Operaia di Mutuo e soccorso di Valdieri. Così quei vent’anni (1980-2001) li abbiamo dipanati e rievocati intorno a tavolo e a una tazza di caffè sottoforma di una lunga, interessante chiacchierata. Ne riportiamo l’essenza, con la speranza di trasmettere anche nello scritto la bellezza cangiante ed emozionata di questo incontro.
Rosalba, romagnola di nascita, ci racconta di aver lasciato la famiglia e il paesino ad appena sedici anni, per andare a lavorare a Milano. Nella grande città era al servizio di una famiglia proprietaria di un negozio di formaggi. Oltre ad assistere il padrone dietro al bancone della gastronomia, Rosalba lavorava anche nella cucina di casa «mi facevano fare lo sformato di cappelletti! Allora dovevo fare i cappelletti piccoli piccoli. Fatti a mano i cappelletti, bisognava cuocerli, ma non troppo, e condirli bene con il ragù. Poi dovevo fare il guscio di pasta, foderare la teglia, mettere dentro i cappelletti, coprirli di nuovo con la pasta, e mettere tutto in forno». A parte la difficoltà del timballo di cappelletti è proprio grazie al negozio di formaggi che Rosalba incontra Tino «Lui portava a Milano in negozio la ricotta. Il principale mi diceva: quello lì viene qui per te, non per le ricotte! E io rispondevo: ma figuriamoci! Anzi se mi si attacca a una gamba mi taglio via anche l’altra. Infatti l’anno dopo non solo eravamo sposati, ma avevo pure la pancia». Rosalba e Tino festeggeranno nel 2023 i 62 di matrimonio. Sono una coppia ironica, affiatata, divertente. Si completano nella narrazione degli aneddoti, così come probabilmente si sono sostenuti e completati tutta la vita. Anche la trattoria della Società operaia è stata un’avventura condivisa: «C’è stato qualcuno che ha avuto gli occhi lunghi pensandomi cuoca e romagnola: guardi che se va lì lei lavora!». E così è stato, perché Rosalba e Tino hanno gestito la trattoria dal 1980 sino all’avvento dell’euro, deliziando generazioni di valligiani e turisti con la loro accoglienza schietta e appagante.
Tino, taciturno e riservato, apriva il bar sin dal mattino presto. Inoltre, impegno gravoso e ripetitivo, ma fondamentale, dopo ogni pasto lavava sempre tutti i piatti! Il resto, ovvero cucina, servizio e conti spettavano invece a Rosalba, che riceveva i clienti con una simpatia talmente disinvolta e sincera da fare sentire a casa chiunque.
«Ma lo sapete cosa ha fatto una volta? Allora passa un signore, e Tino era lì fuori davanti alla Società. Quel signore chiede si mangia bene là dentro? E Tino cosa risponde? Non lo so, perché io non ci ho mai mangiato!». E difatti non mentiva: non ci aveva mai mangiato come cliente pagante! In realtà la fama dei manicaretti abbondanti e gustosi preparati da sua moglie si diffonde a macchia d’olio, trasformando ben presto la piccola trattoria della Società Operaia di Valdieri in una tappa fissa di tutti i buongustai dei dintorni. Nei primi anni Ottanta Valdieri, e tutta la valle Gesso erano meta di quel turismo estivo ruspante innamorato del fresco, delle vette più selvagge e dell’aria sana. Erano i tempi d’oro delle seconde case, delle ferie che duravano un mese intero, della Colonia Albese, delle vacanze in quota alla scoperta della bellezza di quel neonato “Parco Naturale dell’Argentera” (la fondazione risale al 1980). I clienti di Rosalba arrivavano da tutta la “provincia granda”: Alba, Fossano, Bra, Saluzzo…Ma oltre ai numerosi visitatori estivi Rosalba si costruisce rapidamente una solida, affezionatissima, clientela che prenota con entusiasmo i suoi tavoli durante tutto l’anno. La trattoria era sempre aperta, ad eccezione del mercoledì (che era il giorno di riposo), e di appena quindici giorni di chiusura prima di Pasqua. Nei giorni feriali il menù fisso “per gli operai” (un primo e un secondo) veniva servito in maniera informale nella saletta del bar (innaffiato con il vino rustico e corroborante prodotto direttamente dai soci). Ma nel fine settimana, o su prenotazione, si apriva la bella sala affrescata al piano superiore, la stessa dove, sin dalla fondazione nel 1883, si riunisce il consiglio della Società Operaia. Anche il menù si adeguava alle grandi occasioni. Se gli antipasti erano tipicamente piemontesi, Rosalba da buona romagnola eccelleva nei primi piatti, le paste fresche, quelle ripiene, e la sua indimenticabile, sontuosa pasta al forno («io mi alzavo anche alle quattro del mattino. A volte quando arrivava mio marito, io avevo già fatto i ravioli, le tagliatelle…avevo già cotto in forno l’agnello! Insomma, non dormivo, per cucinare»). Poi, a dire la verità «i clienti apprezzavano molto anche gli arrosti misti. Io facevo il vassoio degli arrosti misti: c’erano l’agnello, il maiale, il manzo, il coniglio, la faraona…poi qualche volta mettevo anche degli spiedini, gli stinchi. Una volta un Signore è arrivato a mangiare sei stinchi. Io non ho mai avuto “la porzione”, da me non è mai esistita la porzione. Io ho sempre dato da mangiare finché ne volevano, finché erano sazi. E chi mangiava di più non è che pagava di più. Pagava come gli altri. Anche quello che ha mangiato sei stinchi, ha pagato come gli altri…E non sono mai andata in malora, nonostante le dosi generose!».
La struttura dell’edificio della Società Operaia non erano quelli di oggi. La cucina di Rosalba era davvero piccolissima, sul retro del bar. Per raggiungere la sala al piano superiore occorreva uscire in cortile, con vassoi e piatti e poi affrontare una ripidissima scala. Le scomodità però non hanno mai fermato Rosalba, che realizzava in casa la maggior parte dei cibi che serviva, compresi i componenti (a rotazione) del suo celebre “tris di dolci”. Torta di noci, budino casalingo, crostata e la sofficissima, mitica “Bucaneve”. A questo dolce è legato un ricordo molto tenero: «Allora io avevo inventato quella torta, ma non sapevo come chiamarla, così la servivo come “dolce della casa”. Una domenica è venuta a mangiare una coppia giovane giovane, due fidanzatini. Hanno fatto pranzo, e alla fine hanno preso quella torta, poi sono andati in montagna. La sera sono tornati, sono entrati in cucina e mi hanno detto: Signora, abbiamo trovato il nome per la sua torta. È bianca e gialla, deve chiamarla “torta Bucaneve”, come i fiorellini che in primavera ci sono nei prati!».
Rosalba aveva un rapporto tutto speciale con i suoi clienti, li accoglieva, li sfamava e spesso ne raccoglieva anche le confidenze, così come accade a casa di una cara, lontana parente. Spesso alcuni non disdegnavano, dopo il lauto pasto, di passare ancora un po’ di tempo con lei a chiacchierare. Nella sua cucina, per quanto angusta, c’era sempre uno sgabello pronto: «Il pomeriggio dovevo preparare le cose per la cena e spesso c’era qualche cliente che invece si piazzava in cucina con me. Io facevo la besciamella e impastavo le tagliatelle, facevo la pasta al forno. Loro entravano in cucina e mi dicevano: “Ma lei davvero fa a mano tutto quello?” Certo! Tutto a mano! Uno si metteva seduto contro la porta che andava in cortile, e se ce n’era un secondo si appoggiava ai mobiletti che andavano verso il bar! E mentre loro parlavano e parlavano io andavo avanti a lavorare».
Naturalmente in 20 anni di gestione non ci sono state solo rose, fiori e clienti felici. Gli esordi sono stati difficili, e sono costati preoccupazioni e qualche lacrima, così come non sono mancate invidie, critiche, clienti molesti, un po’ troppo alticci o incontentabili (Rosalba ricorda con orgoglio quattro mangioni insoddisfatti che ha mandato via dal ristorante senza far pagare loro il conto: «Quando entravo qualcuno per me non era solo un cliente che mi portava i soldi. Il mio primo pensiero era: mamma mia! Dopo mangiato saranno contenti? Per questo è capitato che se non erano soddisfatti del cibo, io non li facevo pagare!»). Ma tutto sommato il cuore dolce di Rosalba, e la presenza discreta di Tino, i sorrisi, l’ottimismo e la passione per la buona cucina, hanno appianato tutto, lasciando campo libero a una gestione longeva, fortunata e tutt’ora ricordata con grande affetto in tutta la Valle.
Rosalba e Tino ci salutano dicendo «noi vogliamo ancora molto bene la Società…», e sul cancello augurano la stessa accoglienza propizia ricevuta quaranta anni fa anche alla nuova, attuale gestione (Trattoria da Costancia). «Per loro come famiglia…ma anche per Valdieri, perché è bello che la trattoria della Società continui a vivere in paese!».
Grazie Rosalba e Tino, per i vent’anni di buona cucina alla Società, e per i tanti, ricordi golosi, ri-colorati insieme questo pomeriggio.
a cura di Beatrice e Diego Di Tullio
Valdieri, venerdì 24 febbraio 2023
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