Tra le tante leccornie apparse sul blog (siamo a quota 400 ricette, praticamente un libro!), mi sono resa conto di non aver mai reso omaggio alla mia amata Torino, con uno dei dolci che meglio la rappresentano: la torta Gianduja. Ora la storia del prezzo del cioccolato, delle nocciole di Langa usate per “tagliare il cacao”, dell’invenzione del gianduja da parte di Michele Prochet e dei Gianduiotti Caffarel distribuiti a carnevale del 1865 ve la raccontano tutti (quindi cercatela altrove 😉 ). Così come tutti, o meglio tantissimi hanno fatto una loro versione di questa torta (Ernst Knam, Santin, Iginio Massari, Benedetta Parodi, Anna Moroni, Luca Montersino, Paneangeli e il Cucchiaio d’argento… solo per dirvi i nomi dei più celebri). La realtà è che questa torta, che dovrebbe essere uno dei grandi classici della pasticceria italiana, è invece misconosciuta, e praticamente priva di una ricetta ufficiale e codificata. Così ognuno la prepara come meglio crede (un po’ di cacao e un po’ di nocciole), trattandola spesso come una cugina sfortunata della celeberrima Sachertorte viennese.
Io però, che oltre a far dolci e a indagare la loro storia, amo anche le Cenerentole, sono convinta che questa torta non sia stata mai capita e apprezzata davvero. La Sacher, per quanto meravigliosa, non c’entra niente. Ecco dimenticatevela proprio. Pensate invece a Torino, ai suoi palazzi rigorosi, alle sue piazze, ai celebri caffè, e alle “dame golose” cantate dalle poesie del caro Gozzano (nel caso non conosciate Torino vi sparpaglio qui qualche foto).
Insomma, pensate a quel mondo di galupperie (in piemontese =golosità) della borghesia cittadina, e di salotti buoni (quelli dell’Amica di nonna Speranza). La torta Gianduja è così, ha il sapore dell’Ottocento, dei dolci tirati fuori dalla credenza nelle occasioni speciali, e serviti in salotto, tra un bicchierino di Rosolio e “le buone cose di pessimo gusto” (mi sono adeguata con pizzi e ceramiche per le fotografie 😉 ).
Questa, tra le mille, è la mia ricetta. Senza pretese di essere migliore di tutte le altre (ma senza confettura di albicocca, senza scritte sulla superficie, e senza giandujotti sopra ad ogni fetta…). E con una caratteristica che la rende inconfondibile: il sapore della nocciola avvolto da quello di cioccolato, appena appena contrastato da un fondo acidulo dei frutti di bosco (lampone&Maraschino). Sapori d’altri tempi…di quando Torino era stata da poco la capitale d’Italia, e questa torta si chiamava alla francese Gâteau Gianduja…
Torta Gianduja
Ingredienti:
120 g di cioccolato fondente
30 g di nocciole tostate
40 g di burro
3 uova
1 cucchiaino di miele millefiori o di acacia
i semi di mezza bacca di vaniglia
120 g di zucchero
30 g di farina bianca
40 g di fecola di patate
per farcitura e decorazione:
80 g di panna fresca da montare
100 g di cioccolato gianduja
60 g circa di gelatina di lamponi (o di albicocche)
3 cucchiai di rum (Matusalem)
1 cucchiaio di Maraschino
Procedimento:
1. Frullare nel minipimer (o in un robot da cucina molto piccolo) le nocciole tostate sino ad ottenere una farina dalla grana abbastanza sottile.
2. Su un tagliere spezzettare 30 g di cioccolato fondente, metterli in un pentolino a bagnomaria e sciogliere bene il tutto. Aggiungere il burro e le nocciole frullate. Spegnere il fornello e lasciare da parte al caldo mescolando di tanto in tanto. Accendere il forno e portarlo a 170° (ventilato).
3.Sgusciare le uova separando tuorli e albumi. Montare a neve fermissima questi ultimi con un pizzico di sale. Nell’altra ciotola, quella con i tuorli unire un cucchiaino di miele, i semi di mezza bacca di vaniglia e lo zucchero. Montare a mano o con fruste elettriche fino ad avere un composto chiaro e spumoso. A questo punto unire il composto di cioccolato fuso, burro e nocciole, e mescolare. Aggiungere delicatamente anche farina e fecola setacciate (poco alla volta). E infine incorporare i bianchi a neve con un movimento delicato dall’alto vero il basso sino ad avere un impasto omogeneo e privo di grumi.
4. Imburrate e infarinate una teglia da 20 cm di diametro. Rovesciatevi l’impasto e livellatelo. Infornatelo e cuocete per 30 minuti circa (alla prova stecchino deve essere ben asciutto). Capovolgere la torta con delicatezza su una gratella in modo che la pasta possa asciugarsi e raffreddarsi bene.
5. Nel frattempo preparare la ganache per la farcitura: unire la panna ai rimanenti 90 g di cioccolato fondente spezzettato, e di nuovo nel bagnomaria cuocete a fuoco dolce. Raggiunto il primo bollore spegnere e fare raffreddare.
6. Con un coltello da pane o con quella che viene chiamata “la lira del pasticciere” tagliare la torta orizzontalmente ottenendo 3 dischi. Preparare una “Bagna” mescolando in un bicchiere Rum e Maraschino. Spennellare i due dischi centrali.
7. Su una gratella per dolci sistemare il disco base della torta e spennellatelo con la bagna alcoolica, rovesciare in centro la ganasce e con il dorso di un cucchiaio distribuitela verso i bordi. Appoggiate sulla ganache il secondo disco di pasta, spennellate con la bagna alcolica anche questo. Aiutandovi con un coltello distribuite qualche cucchiaio di gelatina di lamponi su tutta la superficie del disco. Se avete avanzato un poco di bagna alcolica inumidite anche il terzo disco (il cappello) dalla parte interna, che andrà a contatto con la gelatina di lamponi.
8. Spezzettare il cioccolato gianduja su un tagliere, e fonderlo a bagnomaria (va benissimo lo stesso pentolino in cui avete sciolto il fondente). Fare raffreddare un poco e ricoprire interamente la torta -bordi compresi- con questo cioccolato (aiutatevi con una spatola o con un coltello a lama liscia). Siate precisi nel “sigillare” bene tutta la torta, perchè questa copertura oltre alle ovvie funzioni di sapore ed estetiche costituisce anche una specie di sigillo, nel senso che contribuisce a mantenere a lungo morbido l’interno della torta. Quando avrete finito questo “fine lavoro di intonacatura” e il cioccolato si sarà indurito un poco trasferite il dolce su un bel piatto di portata (fatelo con due palette da lasagne in modo da non fare pasticci).
La torta sarà perfetta, con i sapori ben amalgamati e armoniosi, dopo qualche ora di riposo a temperatura ambiente (certo non deve essere estate, né fare caldissimo). Insomma, classica “torta da credenza” che deve stare al fresco, ma non nel frigorifero!
Visto che questo blog è anche il mio ricettario virtuale agiorno il post con la fotografia della stessa torta cotta semplicemente in una teglia di forma diversa (a trattorino). Per realizzarla ho moltiplicato le dosi per due e ho sostituito lo strato di confettura di lamponi con quello di ciliegie (cosparsa anche con amarene Fabbri!), poi decorata con confetti colorati.
Gaia Sera dice
Questa cenerentola mi piace assai anche perché il contrasto tra l’acidità dei lamponi e il cioccolato mi convince di più dell’abbinamento con le albicocche. Mi sembra che “sgrassi” un poco il cioccolato.. Questa la provo di sicuro mentre la Sacher non l’ho mai voluta preparare nonostante le supplice del consorte che ricorda ancora quella comprata all’hotel Sacher ?