Fino agli inizi del XX secolo la Tartrà era una crema densa e saporita in cui i contadini del basso Piemonte intingevano fette di pane nero abbrustolito. La si preparava facendo un soffritto di cipolle o porri a cui si aggiungevano lentamente latte e uova sbattuti. Il tutto veniva cotto a bagno maria sulla stufa nelle giornate più fredde. Io non so esattamente quando e come questa preparazione sia passata dalla cottura sopra alla stufa a quella dentro il forno, ma scendendo di qualche centimetro verso il cuore caldo del putagè, la Tartrà è salita dal semplice status di crema rustica di accompagnamento, a quello ben più altezzoso di budino salato. Quel che caratterizza questo piccolo sformato è il suo delicatissimo profumo di erbe: rientrano infatti nella sua preparazione cipolla, alloro, rosmarino, prezzemolo, salvia, pepe e noce moscata che finiscono per creare un bouquet che completa e contrasta l’unione di latte uovo e formaggio. Ora, per qualcuno i profumi sono ricordi, e io sono tra quelli che, aiutati da un infallibile nasino a patata, mi stampo in testa curiose memorie olfattive. Così la Tartrà esce dal forno e sa di passeggiata, di inverno, di campi incolti e boschi. La mia tartrà sa di sassi smossi, di rive e di erbe secche che profumano quando vengono sfiorate. Profuma di tutti quei giretti solitari che facevo a Novembre, appena prima che iniziasse a nevicare, per raccogliere bacche, pigne e muschio per fare le ghirlande di Natale. E finisce che una di quelle bacche rosse si appoggia per caso e per curiosità sulla Tartrà, che sposa il suo profumo antico di erbe d’orto a quello zuccherino di una rosa selvatica.
Questo post poteva intitolarsi: della Tartrà che si credeva una panna cotta con coulis di lamponi! Ma è solo apparenza, o meglio, è solo il “verso fotografico”che mi sono messa a fare al titolo del contest “DolcementeSalato” di Arricciaspiccia in collaborazione con l’Azienda Agricola Mariangela Prunotto e lo Chef Claudio Sadler a cui partecipo con questa ricetta.
Senza scomodare bistecca e salsa tartara, o addirittura antichi popoli nomadi, dalla variante del nome diffuso anche senza accento nell’Albese (Tartra), si può intuire che la r sia “ballerina”e doppia proprio per la derivazione dal francese Tarte (torta), forse nel momento in cui la crema è entrata in una teglia!
Dosi per 12 stampini d’alluminio da 7 cm di diametro. Ricetta gluten free.
TARTRà (budino salato alle erbe aromatiche dell’albese)
Ingredienti:
400 ml di latte
200 ml di panna
4 uova
30 g di burro
60 g di formaggio grattugiato
1/2 cipolla
sale, pepe, noce moscata q.b
2 foglie di alloro
3 o 4 foglie di salvia
una manciata di foglie di prezzemolo tritate finissimamente, oppure 1 cucchiaino di prezzemolo secco sbriciolato
un bel rametto di rosmarino
Olio extravergine d’oliva per ungere gli stampini e per servire, 1 cucchiaino di Confettura di Rosa Canina per ogni budino, due foglie di alloro per ogni piatto come decorazione.
Procedimento:
– In una ciotola capiente sbattere le uova, poi aggiungere il latte, la panna, il formaggio e il prezzemolo tritato. Regolare di sale, pepe, noce moscata secondo i gusti e lasciare riposare con le due foglie di alloro e mezzo rametto di rosmarino. Accendere il forno per portarlo a 180° (ventilato). Affettare grossolanamente la cipolla. In un padellino antiaderente imbiondirla dolcemente con i 30 gr di burro, la salvia e quel che resta del rosmarino. Fare colorire bene, aspettare qualche minuto, poi versarlo sul composto di latte e uovo facendolo passare attraverso un colino. In questo modo gli aromi raggiungeranno latartrà senza rovinarne la digestione. Mescolare bene il tutto con l’aiuto di una frusta, rimuovere le foglie di alloro e il rosmarino, e colare nelle formine per budino unte preparate in una teglia più grande con l’acqua per il bagnomaria. Cuocere in forno caldo per circa 50 minuti. Fare la prova dello stuzzicadenti per verificare la cottura, ma considerate che la consistenza di questo budino è molto morbida.
Aiutarsi con a lama di un coltello per togliere dalla formina la tartrà calda, posizionarla al centro del piatto, coprire la sommità con un cucchiaino di lucidissima Confettura extra di Rosa Canina per ogni budino, decorate con due foglie di alloro e qualche goccia d’olio extravergine d’oliva.
ema.arricciaspiccia dice
Bellissima ricetta Betulla! Non conoscevo la tartrà e sono contenta di aver imparato cos'è! Un vero inno al Piemonte questa ricetta! Grazie mille davvero! La mangerei subito :)!
Un abbraccio!
Ema
Betulla dice
Grazie Ema! Il fatto che sia appetitosa è il più bel complimento!!ma la cosa migliore di questa tartrà è la sua consistenza, a metà tra un budino, una spuma e un gelato caldo!Davvero da provare!
a presto
Betulla
Marisa dice
Grazie della preziosa ricetta piemontese..
Domanda
Si possono congelare ?
Grazie
Betulla dice
Cara Marisa è davvero un piacere sapere che c’è ancora chi apprezza questi sapori antichi e inconsueti! Quanto al congelamento se devo essere sincera non ho mai provato (è esattamente come per il budino classico: c’è chi dice che non ne risente e chi assicura che il freezer trasforma il tutto in una pappetta!). Però, se può aiutarla, le dico che dopo cotta la tartrà ha una durata di qualche giorno in frigorifero. Spero di esserle stata utile (comunque)…buona serata, e buona tartrà!