Cari amici,
oggi condivido con voi una cara, buonissima lettura che ha accompagnato con gusto le mie vacanze estive, e che da pochi mesi è approdata in libreria: “Ricette e Precetti” della casa editrice fiorentina Giuntina. Comincio col dirvi che l’autrice è Miriam Camerini, ma tante altre belle persone hanno contribuito a rendere particolare questo lavoro: Paolo Rumiz che ha firmato la prefazione, Jean Blanchaert che ha curato le illustrazioni, e infine Benedetta Jasmine Guetta e Manuel Kanah (meglio noti come autori del famosissimo blog di cucina ebraica www.labna.it), che hanno messo a punto le ricette. Insomma una specie di “lavoro corale” che partendo dai ricordi e dalle suggestioni saporite di Miriam Camerini diventa molto molto di più… L’aspetto che certamente ho apprezzato maggiormente in questo volume è la leggerezza, ovvero la struttura. Se il titolo quasi evocava in me gabbie severe di regole intorno al cibo tradizionale, in realtà il libro si è rivelato leggero e godibile, proprio perché organizzato in quarantacinque storie (fatte di aneddoti, divagazioni, riflessioni) altrettante illustrazioni, e altrettante ricette, parti di un tutto che unite raccontano del rapporto intricato fra cibo e norme religiose ebraiche, cristiane e islamiche. Una lettura piacevolissima da sbocconcellare di tanto in tanto (come un cesto di ciliegie), o nella quale tuffarsi a capofitto, come in un mare immenso, turchese, tragico e luminoso quanto il nostro amato Mediterraneo.
Prima di portarvi davvero tra le golosità di queste pagine, torno ancora alla prefazione di Paolo Rumiz, intitolata “Quella pentola chiamata Europa”. Sarebbe bello che si leggesse nelle scuole, che fosse affissa nelle mense, nei mercati pulsanti delle grandi città, e che arrivasse a chi dell’Europa deve occuparsi per tutti noi a Bruxelles. Non ve la posso trascrivere tutta, ma in queste due frasi c’è il senso profondo e prezioso di tutto il libro: «Perchè non vedere l’Europa come un desco dove approdano le più favolose tradizioni della cucina? Che cosa più del cibo riesce a coniugare il mistero dell’identità e della contaminazione, disinnescando il conflitto tra i due? Non vi è pietanza mediterranea “tipica” di un territorio che non venga da lontano e non nasca da un imbastardimento. Basterebbe questo a sbugiardare i teorici della purezza e delle radici. I nomi dei cibi parlano da soli. […]. L’Europa esiste, a mio parere, là dove i cibi esercitano ancora il compito di assorbire e naturalizzare le diversità, dando vita a una globalizzazione “dolce”, che è l’esatto contrario del minestrone insapore che ci viene offerto e inflitto dal sistema della grande distribuzione».
Siamo parte di una grande, straordinaria pentola, a noi la gioia di assaggiare, incontrare, mescolare e comprendere. E no, non è mai solo cucina!
Il capitoletto intitolato “Dolce sole d’Oriente” si apre co un verso del poeta egiziano Fouad Haddad: «Oh, Kahak, Maestro di generosià, non smettere mai di prepararti!». Subito dopo l’autrice spiega che Kahak in arabo significa biscotto, termine che in Egitto è passato ad indicare il dolce per antonomasia. Già nell’Antico Egitto, infatti, questi biscotti preparati con farina, burro, miele di dattero, pistacchi e decorati con i simboli di Amon, divinità del sole, erano ammantati di significati positivi, quasi come degli amuleti magici portatori di gioia che mangiati, proteggevano dalle forze infere (venivano consumati prima di recarsi in visita alle tombe e durante le principali feste religiose). I primi cristiani d’Egitto adottarono questa preparazione sostituendo semplicemente i simboli solari con la croce. Ma il sole di Amon tornò sui biscotti con l’avvento dell’Islam. Oggi il Kahak è presente sulle tavole dei cristiani egiziani per il Natale e per la Pasqua, mentre i musulmani lo preparano per la fine del Ramadan. Il kahak è diffusissimo e amato in tutto il Medio Oriente, dove in tutte le tradizioni religiose propizia le nuove unioni nelle dispense dei novelli sposi. Quando ho letto che « ripieno di datteri e coperto di sesamo lo si può trovare anche con il nome di maamoul » ho capito che non potevo lasciarmi scappare l’occasione di usare ancora questi miei adorabili stampi con una nuova ricetta (dopo una lunghissima ricerca li ho trovati lo scorso anno, raccontandovi tutto in questo post)! Adesso finalmente ho capito il senso del piccolo sole che decora queste tortine farcite dal sapore davvero meraviglioso!
MAAMOUL
di Benedetta Jasmine Guetta e Manuel Kanah
la stessa ricetta la trovate anche su www.labna.it
Porzioni: 30/40 biscotti
Tempo di preparazione: 35 minuti
Ingredienti:
150 g di datteri denocciolati
un pizzico: cannella, all spice, noce moscata grattugiata, zenzero in polvere, semi di finocchio in polvere, chiodi di garofano in polvere
100 g di zucchero
90 g di acqua
1 cucchiaio di acqua di fiori d’arancio
25 g di olio di semi
85 g di burro chiarificato o margarina
125 g di farina + quella per lo stampo
1 punta di cucchiaino da caffè di lievito per dolci
Procedimento:
Ungete con un pochino di olio le lame del mixer e utilizzatelo per tritare i datteri, precedentemente tagliati al coltello per facilitare l’operazione, con 2 cucchiai di olio di semi e le spezie elencate: dovete ottenere una pasta di datteri abbastanza fine, ma non del tutto liscia.
A parte, preparate l’impasto dei biscotti.
In un pentolino, scaldate a fuoco medio lo zucchero, l’acqua e l’acqua di fiori d’arancio e fate bollire per circa un minuto, senza mescolare e muovendo appena il pentolino, fino ad ottenere uno sciroppo non troppo denso.
Sciogliete intanto al microonde o in un secondo pentolino il burro chiarificato (o la margarina) insieme all’olio.
In una ciotola, mescolate la farina e il lievito, poi unitevi con un cucchiaio di legno prima l’olio, poi quando questo è stato assorbito anche lo sciroppo di zucchero.
Mescolate energicamente l’impasto con il cucchiaio di legno finchè tutti i liquidi non saranno stati ben assorbiti dalla farina: dovete ottenere un’impasto uniforme, abbastanza unto ma liscio e omogeneo.
Coprite l’impasto con della pellicola da cucina e fatelo raffreddare in freezer per 5/10 minuti.
Trascorso il tempo indicato, cominciate a formare i biscotti.
Se avete un apposito stampo, infarinatelo bene e riempitelo con un sottile strato di impasto come base, una punta di cucchiaino di ripieno di datteri e un altro sottile strato di impasto a chiudere il biscotto. Questa operazione da fare con gli stampi non è semplicissima: armatevi di pazienza, consapevoli che dopo qualche biscotto non riuscito dovreste poter procedere agilmente fino ad esaurimento ingredienti.
Se non avete lo stampo per maamul formate dei dischi di impasto, disponetevi al centro un po’ di ripieno di datteri e richiudete l’impasto a formare una pallina o una piccola montagnetta.
Quando siete a buon punto con le forme, preriscaldate il forno a 180°.
Disponete i biscottini su una teglia ricoperta di carta da forno e fateli cuocere nel forno già caldo per circa 20 minuti, girando la teglia a metà cottura, finché la base dei biscotti non è bionda. Questi biscotti devono rimanere piuttosto pallidi, quindi non fateli cuocere troppo, mi raccomando.
Fate raffreddare bene i maamoul, poi decorateli con una spolverata di zucchero a velo; conservate i biscotti in una scatola di latta ben chiusa, sapendo che se ben conservati migliorano dopo qualche giorno, grazie alla presenza delle spezie che ne arricchiscono il profumo.
La Buona Lettura che ha ispirato questo post è “Ricette e Precetti” di Miriam Camerini, Firenze, Casa Editrice Giuntina, 2019, 220 p., 18 euro.
Miriam Camerini dice
Grazie mlle carissima Beatrice, per la tua profonda e gioiosa lettura del mio libro, per averne colto e trasmesso proprio gli aspetti a me più cari, e averli voluti raccontare ai tuoi certo molti e fortunati lettori! A presto, spero da vivo! Miriam
Betulla dice
Cara Miriam, ma che bello che tu sia arrivata sin qui! Ammiro davvero tanto il lavoro che hai fatto e custodisco le pagine che hai scritto tra le letture più belle di questa calda estate! Sono sicura che prima o poi ci incontreremo di persona, mi piacerebbe tantissimo ascoltarti! un abbraccio per ora virtuale, Beatrice