Ognuno ha il suo modo per addormentarsi sereno. Io la sera curioso volentieri la corrispondenza altrui, nel senso che mi piace leggere qualche pagina di epistolari più o meno famosi. È un modo per conoscere meglio autori e personaggi pubblici che nelle loro opere diciamo “ufficiali”, non fanno trasparire troppo del loro essere…cosa che invece la “scrittura privata” rivela generosamente (nelle lettere abbondano cosette tipo Emozioni, Paure, Sogni, Amori e Speranze di cui, altrimenti, parliamo sempre con timore). Il migliore di questi epistolari, quello che ho letto e riletto, fotocopiato, consumato sottolineato è l’insieme delle lettere che Dennis Diderot ha scritto a Sophie Volland tra il 1759 e il 1762. Di lei non sappiamo nulla, non abbiamo suoi ritratti, non abbiamo una sola parola scritta di suo pugno (tranne tre righe di testamento). Sophie è un’esistenza in negativo, un’esistenza muta, illuminata soltanto dalle lettere che Diderot le scrisse. Eppure doveva essere una donna meravigliosa e coltissima. Le philosophe diceva di lei:
«Sono legato dal sentimento più forte e dolce che possa esistere a una donna, alla quale sacrificherei cento vite, se le avessi. Badate, Falconet, potrei vedere la mia casa farsi cenere senza provare commozione; la mia libertà minacciata, la mia vita compromessa, ogni sorta di sventura incombere su di me, senza proferire un solo lamento, purché ella mi rimanesse…Dopo dieci anni…Nè il tempo né l’abitudine né alcuna di quelle cose che indeboliscono le passioni comuni hanno potuto nulla sulla mia; da quando l’ho conosciuta, ella è stata per me l’unica donna esistente al mondo».
La loro unione non fu mai semplice…Diderot era sposato con una donna volgare e borbottona, Sophie era tiranneggiata da una madre possessiva e severissima. Avevano entrambi quarant’anni quando iniziarono a frequentarsi, ma per vedersi tornavano ragazzini: si incontravano su una panchina dei giardini del Palais-Royal, o lui si arrampicava nell’appartamento di lei attraverso una pericolante scaletta. In mezzo a questi complessi, fuggevoli incontri da amanti, un mare di parole, lettere dolcissime, acute e vive come una conversazione. E pensare che non era scontato neanche scriversi…Corrieri che non arrivavano mai (già allora), buste disperse, servitori curiosi…ad un certo punto Diderot racconta all’amata di un ciarlatano che sostiene di poter stabilire un contatto tra due persone in stanze diverse. Lui non ci crede, naturalmente, ma per un attimo si illude: «Se dunque l’uomo estendesse un giorno tale contatto da una città a un’altra, da un luogo a un altro luogo, luogo magari posto a qualche centinaia di leghe dal primo, vi figurate che bellezza! Si tratterebbe solo di avere ciascuno la propria cassetta della posta, le due cassette funzionerebbero come due piccole tipografie, dove tutto ciò che si stampasse nella prima, verrebbe ristampato immediatamente nella seconda…Ma basta con gli scherzi».
Capite?? Lui nel 1762 non sognava nient’altro che la Mail…due cassettine per le lettere collegate…Sognava un modo velocissimo per farle arrivare le sue parole, le sue idee, la sua anima!! Ma non ha nient’altro che carta e penna, e la volontà fortissima di fare sentire a Sophie il suo traboccante, luminoso amore. Continueranno a scriversi per tutta la vita, finché la loro corrispondenza nel 1774 si interrompe: finalmente, verso i sessant’anni, entrambi liberi da vincoli familiari potranno vivere, se non insieme, almeno nello stesso orizzonte…così vicini da non doversi più scrivere!
Qualche anno fa ho lavorato in un ristorante dove il cuoco per San Valentino inventò i Ravioli dei Poveri Amanti. Aveva preso due ingredienti poverissimi e sottovalutati come la zucca e la patata per fare una pasta ripiena deliziosa. Piacevano talmente tanto che qualche cliente li chiedeva anche per menu di altre occasioni…E alla fine questi Poveri Amantierano diventati un po’ una delle specialità di quel ristorantino tra i monti. Il cuoco mi raccontava che erano due ingredienti che alla luce del sole sarebbero stati criticati, ma nel ripieno dei ravioli erano due amanti complici e innamorati!!Mi ricordo che mentre ne preparavo qualche kg pensavo che non tutte le storie tra amanti finiscono in tragedia, e che quei ravioli, in fondo erano un po’ come la corrispondenza tra Sophie e Diderot: una alcova segreta in cui i due amanti potevano incontrarsi!
Ieri mi è tornato in mente questo cuoco “sensibile”, e le mie personificazioni degli ingredienti, così mi sono messa in testa di rifare i Ravioli dei Poveri Amanti…dolci però, perché non c’è niente da fare, per me l’amore è zucchero. Lui è liquirizia (stimolante e nervina…è pur sempre il padre dell’Encyclopédie), lei è zucca (dolce e paziente). Insieme sotto un involucro di frolla, delicato e fragile come la busta di carta di una lettera che si sono scritti.
RAVIOLI DOLCI DEI POVERI AMANTI (Frollini Ripieni)
Ingredienti:
220 g di Farina 00
50 g di Farina di Riso
100 g di zucchero a velo
2 uova intere + 1 tuorlo
1 uovo sbattuto per spennellare i ravioli
90 g di burro
Confettura di Zucca e Liquirizia
Procedimento:
– In una terrina lavorare con una forchetta il burro ammorbidito tagliato a tocchetti e lo zucchero a velo. Setacciare le due farine e formare la fontana sulla spianatoia. Unire delicatamente le uova e il composto burro/zucchero. Impastare velocemente. Riporre in frigorifero almeno 30 minuti prima dell’uso. Se al momento di stenderla la frolla risultasse troppo sabbiosa ammorbidirla con un poco di latte ed impastare energicamente sino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo.
– Tirare la frolla in fogli sottili sulla spianatoia infarinata. Tagliare i biscotti in quadratini da 4 cm di lato con una rondella taglia- ravioli. Porre al centro del quadrati mezzo cucchiaino di confettura, coprire con un altro quadratino di frolla, e sigillare i bordi con le dita. Procedere così fino ad esaurire la pasta. Decorare ogni raviolo con un piccolo cuoricino di frolla (incollarlo con un poco di uovo sbattuto).
Spennellare tutti i ravioli con l’uovo sbattuto. Disporli su una teglia antiaderente o coperta di carta da forno. Fare cuocere in forno caldo (170°ventilato) per circa 8 minuti. Aspettare che si raffreddino per trasferirli su un piatto.
Cristina D. dice
Al liceo ho consumato gli occhi sulle pagine dei classici della letteratura. All'università non mi sono iscritta a lettere solo perché l'unico sbocco professionale che vedevo era quello dell'insegnamento (al quale mai avrei potuto dedicarmi). Ma la letteratura resta una mia grande passione. Tutto questo per dirti che ho letto questo post con estremo interesse e che mi iscrivo tra i tuoi lettori per non perdermi gli altri di questo genere che scriverai. Magistrale il collegamento che hai creato tra Diderot ed i ravioli. Davvero notevole ! Ciao…mi piacerebbe sapere il tuo nome (non mi piace salutare solo con il ciao)
Betulla dice
Grazie di cuore…verrò a rileggere questo commento quando mi coglierà il dubbio che i miei sproloqui letterari-culinari non interessino a nessuno! Sono affascinata dall'approccio comparatistico alla letteratura…che in realtà calza a pennello anche alla cucina (sempre arte è no?). Ma non diciamolo a nessuno…critici letterari e cuochi parlano raramente tra loro!!
un abbraccio Betulla