La prima domenica d’agosto è la festa della Madonna del Colletto, il piccolo santuario sopra Valdieri, in Valle Gesso. Siccome ve ne ho parlato in occasione delle cipolle ripiene, e anche per il significato che questo luogo ha rivestito agli albori della Resistenza, è giunto il tempo che io dedichi un post anche a questa bellissima chiesetta alpina, cui, come tutti i valdieresi sono molto affezionata.
La cappella è intitolata alla Madonna della Neve, la stessa che, secondo la tradizione indicò con un’inconsueta nevicata estiva (il 5 di agosto del 352 d.C) il colle Esquilino, sul quale papa Liberio e due coniugi romani costruirono la prima chiesa al mondo dedicata a Maria (detta “ad nives”, presso le nevi), ovvero la basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.

L’episodio, rappresentato nell’abside, e anche in antiche immaginette diffuse praticamente in tutte le case dei devoti valdieresi, ben si adatta alla posizione del santuario, a 1305 m sulla sommità di un colle, circondato dalle alte vette delle Alpi Marittime.
Il Santuario risale probabilmente ai primi anni del Seicento, forse edificato come voto dopo un qualche misterioso male epidemico che flagellava all’epoca le vallate cuneesi, vero è che la Madonna del Colletto si affaccia alla grande Storia comparendo per la prima volta in uno scritto datato 22 agosto 1616, con il quale il Consiglio Comunale di Valdieri radunato «sopra il Cimitero della Chiesa Parrocchiale» nominava i massari della Madonna del Colletto. A causa della sua posizione, sullo spartiacque tra la valle Gesso e la Valle Stura, è impossibile parlare delle origini della chiesa senza citare l’atavica rivalità tra gli abitanti delle due valli (da un lato Valdieri e dall’altro Festiona), che nel tempo si sono contesi il possesso dell’edificio.
E qui entrano in scena ben tre leggende, tutte tre un po’ assurde, e probabilmente nate sulle tovaglie a quadri di qualche osteria di paese tra bicchieri di vino rosso, e lauti manicaretti (al termine di certi pranzi, e della damigiana la fantasia galoppa a briglia sciolta). Il fondo di verità, ve lo anticipo subito, è uno solo, e cioè che al giorno d’oggi, la Madonna del Colletto appartiene al territorio del comune di Valdieri. Come, quando e perché ciò sia avvenuto rimane piuttosto confuso. In ogni caso, la prima di queste storie, riporta liti tra i due paesi tanto disdicevoli, che ad un certo punto si decise di porre fine alle contese con una mera prova di forza. Il forzuto valdierese avrebbe sfidato in una lotta il più vigoroso dei festionesi. Chi avrebbe vinto la lotta a mani nude avrebbe avuto la chiesa. Peccato però che dopo essere stato scelto il forzuto valdierese avesse continuato la sua durissima vita nei campi e nei boschi, mentre dall’altro lato del colle il corrispettivo festionese era stato messo o riposo nutrito di delizie e circondato da ogni attenzione proprio in vista dell’epico incontro. In montagna ahimè , chi la dura la vince, e così fu che il festionese rammollito da una vita non sua, perse le forze e lo scontro, regalando a Valdieri il bel santuario. Ah, se volete vedere il mitico, vittorioso combattente valdierese, lo trovate sotto il pulpito (intento a reggerlo con i suoi solidi muscoli), e tutti riconoscono in lui il gigante “Brunet”. Ma voi ve l’immaginate due omoni a torso nudo a fare la lotta greco romana nello spiazzo sterrato, con una chiesetta come posta in gioco? Lo so, ci vuole talmente tanta fantasia che quasi sarei tentata a crederci e a darla per buona.

Ma non è tutto, la seconda storia è ancor più rustica. Lo scenario litigioso è lo stesso, ma gli attori sono vegetali, o meglio, si decise di porre fine alla lite con due pini piantati dalle rispettive comunità sulla riva antistante la chiesa. Quello che nel tempo prestabilito fosse cresciuto meglio avrebbe determinato la proprietà del santuario. Inizialmente il pino dei valdieresi era rachitico, cresceva male perchè una tempesta lo aveva indebolito. Così i valdieresi corsero ai ripari, organizzando una vera e propria task force di sostentamento: grazie a spedizioni notturne per irrigarlo e concimarlo il pino si riprese, e anzi crebbe talmente vigoroso da dare inequivocabilmente la vittoria alla Valle Gesso. Anche qui, se volete vedere, il mitico, vittorioso combattente valdierese, lo trovate ancora al suo posto vivo e vegeto, sentinella maestosa (e secolare?) della salita al pilone. Pare che molto tempo dopo, forse intorno agli anni ‘50 del Novecento, un fulmine incenerì il pino festionese, tanto per palesare (con tempi lunghi) che anche la volontà divina era dalla parte di Valdieri.

Infine la palla passa niente poco di meno che al primo imperatore cristiano della Storia: Costantino. Giocando sul fatto che i suoi due biografi più accreditati, Eusebio di Cesarea e Lattanzio, sono piuttosto vaghi sul luogo in cui il condottiero romano avrebbe avuto la gloriosa visione (“in hoc signo vinces”:sotto questo segno vincerai), sono moltissimi i paesi tra Lione e Roma che via via si sono attribuiti questo illustre merito. Tra i tanti, perché non immaginare Costantino che di buon mattino sale al Colletto per visionare dall’alto le sue truppe acquartierate in Valle Stura, e proprio lassù vede il segno sul sole nascente? Illuminato, turbato e confortato Costantino fa erigere la chiesa, e forse altre tre, la Cappella della Madonna del Pino, del Bosco e di Romvello, che tutte insieme, dall’alto formerebbero gli apici di una croce a memoria del miracoloso evento.
Ora, se nelle altre due leggende domina l’aspetto goliardico, quest’ultima pare essere quella più slegata dalla realtà, anzi, più cerco a proposito del luogo della conversione di Costantino e meno trovo il bandolo della matassa, vale a dire la prima fonte di questa leggenda. Al momento, a parte la disposizione sicuramente strategica e curiosa delle quattro chiese, non so dirvi altro. Attendo la riapertura della cara biblioteca di Cuneo per verificare, ed eventualmente aggiornare il post e aggiungere Costantino in persona agli insospettabili estimatori della Valle Gesso!*
In conclusione, pur avendo condiviso a lungo la chiesetta, e contribuito in tanti modi alla sua gloria, ad un certo punto, in un modo o nell’altro, questa diventa totalmente valdierese.
Così se “anticamente tal cappella era piccolissima ed avea la porta maggiore a levante e non eravi alcun alloggio accessorio, un campanile a guisa di camino ed una campana di due rubbi formavano tutto l’apparato di Maria Vergine della Neve”, nel 1748 cominciarono i lavori di ampliamento e consolidamento che, con elemosine e lasciti testamentari, verso il la metà dell’Ottocento portano la cappella ad assumere l’aspetto che ha ancora oggi (l’orientamento dell’altare, la sacrestia, il campanile con una nuova campana, la balaustra, l’altare di San Mauro…). Con l’ingrandimento della chiesa aumentarono però anche i partecipanti alla festa, sempre più sentita nelle due valli: l’occasione «diventò un festino di allegria e di intemperanze» con continue scaramucce e veri e propri fatti di sangue, tanto che in età napoleonica il governo francese vietò la festa facendo chiudere la cappella, e minacciando di installare un presidio militare in paese. La Restaurazione restituì presto ai valligiani la loro amata festa, celebrata con affetto e devozione ininterrottamente dal 1856 a oggi la prima domenica del mese di agosto.**


Come ci ricordano le vecchie foto, prima del 1975 solo una piccola mulattiera collegava Valdieri (che si trova a 774 m) al Santuario (1305 m), per cui salire lassù per assistere la messa, la processione della statua della Madonna, e poi mangiare qualcosa sotto gli alberi, assumeva il significato profondo di un vero e proprio pellegrinaggio fatto nel cuore della breve estate alpina. Tutto, dalle famose cipolle ripiene per il pranzo, al materiale per piccoli restauri e mantenimento della chiesa (come le ardesie per il tetto “i chiap”, o il legname), andava trasportato a spalle.


La domenica mattina, allora come oggi, veniva celebrata la Santa Messa, cui seguiva la processione della statua della Madonna della Neve trasportata da otto volenterosi “portatori” fino al pilone posto verso il bosco delle “Ciuliere”. Per pranzo era immancabile un bel “pic nic” all’ombra dei faggi, dove le tradizionali “siule pine” cotte durante la notte nel forni a legna dei panettieri del paese, era innaffiato dal “vin et la Madono”, ovvero il vino che per l’occasione la Società operaia di Mutuo e Soccorso di Valdieri, vendeva a tutti , anche ai non soci. Nel pomeriggio una radura nel bosco (visibile ancora oggi) era adibita a spiazzo per musiche e balli… mentre i bambini ronzavano golosi intorno alle bancarelle di dolci e giocattoli giunte da Valdieri per l’occasione. L’eccezionalità gioiosa della Festa de la Madono, permetteva anche a chi tutto l’anno tirava la cinghia, di acquistare qualche caramella, granite, acque allo sciroppo o alla magnesia, e persino -meraviglia incredibile- soffici gelati.
Naturalmente tanti aspetti della festa sono cambiati nel tempo, ma anno dopo anno, ogni prima domenica di agosto sono felice di rivedere la piccola comunità valdierese che, con lo stesso entusiasmo, sale al Colletto per incontrare alla “sua” Madonna della Neve e stringersi in preghiera attorno a Lei.

Lassù ci ritroviamo, a volte dopo tanto tempo; ci salutiamo con affetto; piangiamo chi ci ha lasciati, e ci struggiamo di nostalgia; bruciamo la paura con il fuoco di mille tremolanti candele; affidiamo il fiocco dei nuovi nati alla Madono; curiosiamo tra gli ex-voto e nelle catastrofi delle vite altrui; preghiamo perché il passato non ritorni, e soprattutto riempiamo di speranze il futuro e una bella domenica d’estate: giochiamo con i bambini, e per un giorno è come se lo fossimo anche noi, mangiamo sempre sotto lo stesso pino le cipolle ripiene, ma volentieri anche la polenta della pro-loco; saliamo a piedi, con lo zaino, ma poi se qualcuno ci porta giù a casa con l’auto è meglio…


Credenti o meno, il senso profondamente rasserenante “dell’avvicinarsi al cielo nel corpo e nello spirito” salendo in montagna, rende vivo e sentito questo luogo, infatti ho scritto questo post anche per segnalarvi che grazie all’interessamento di Don Alberto, parroco di Valdieri, e alla disponibilità di alcune famiglie durante le domeniche di questo agosto 2018, la chiesa del Colletto sarà aperta (con celebrazione della messa alle 17).
Ora che vi ho raccontato tutte queste leggende curiose merita una gitarella no?

*La fonte più antica che ho trovato circa una vaga tradizione popolare relativa a Costantino in Valle Stura presso Demonte è in “Comunicazioni della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici per la provincia di Cuneo” del 1929, ma come scritto non ho consultato il cartaceo. Specifico comunque che la maggior parte degli studiosi pone l’apparizione prodigiosa alla vigilia della battaglia di ponte Milvio a Roma, e che nel viaggio da Roma a Lione sarebbe poco probabile un passaggio di Costantino dal colle della Maddalena. L’unico riferimento a Costantino nell’archeologia della provincia di Cuneo è un’ epigrafe rinvenuta a Forum Germa (San Lorenzo di Caraglio), ma la dedica all’imperatore da parte delle comunità era una pratica frequente, e naturalmente non rivela che Costantino fosse nei paraggi.
Inoltre negli atti della visita pastorale che Mons. Francesco Lucerno Rorengo di Rorà, arcivescovo di Torino, e ordinario della Valle Stura, scrisse nel settembre 1770 a Demonte, si ricorda come le quattro cappelle (Colletto, del Pino, del Bosco e Romvello) fossero state costruite in modo da formare una croce per proteggere Demonte da «pubblica calamità».
** Don Audisio il 6 giugno 1856 otteneva la facoltà di poter celebrare la Madonna della Neve la prima domenica di agosto e non il 5 agosto, spesso feriale, come invece avveniva in precedenza.
Bibliografia:
-Sac.Dott.Maurizio Ristorto, Valdieri, centro turistico della Valle Gesso, Cuneo, 1973.
–Vudìer Cuénto, prima parte, a cura dell’omonima associazione culturale valdierese, 2007/2008.
Parte di quanto scritto proviene alla tradizione orale (della mia famiglia e di quel che, qua e là, ascolto in paese) quindi beneficiate del dubbio! 😉
N.B: tutte le fotografie sono mie, e di Jagod8 (che ringrazio di cuore per l’ obiettivo supplementare durante la Festa del Colletto della scorsa settimana mentre io ero distratta). Nel caso di uso improprio delle immagini questa volta ci arrabbiamo in due! Grazie!
madonna del colletto per me è luogo sacro
non in senso religioso (sono ateo)
intendo per motivi di Libertà
qui si trovarono i primi partigiani cuneesi
(poi si spostarono a paraloup, essendo madonna del colletto troppo ‘esposta’)
Lo scorso anno ho dedicato un breve post proprio alla resistenza a Madonna del Colletto e alla sua importanza, come dice lei, per motivi di Libertà. Quest’anno ho approfondito invece l’aspetto religioso e folkloristico del luogo, anche per scriverne una “piccola storia”… Ho cercato diverse fotografie e cartoline d’epoca…perchè andandoci oggi non si capisce bene il senso di quel “troppo esposta” dato che ormai la montagna è ricoperta da un bosco rigoglioso…Al tempo invece erano tutti pendii coltivati e prati, e la chiesetta si vedeva benissimo da Valdieri!
deve essere un posto meraviglioso, spero un giorno di poterlo visitare (non solo per la religiosita’ del posto, ma perche e’ stato il primo ritrovo dei partigiani cuneensi)
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Caro Bruno, le auguro di riuscire un giorno a venire in Valle Gesso e visitare la piccola Chiesa della Madonna del Colletto che come dice lei è un luogo molto suggestivo per diversi motivi (sulla resistenza avevo scritto questo post, magari le farà piacere leggerlo: https://betulla.eu/la-resistenza-a-madonna-del-colletto-valdieri/ ). Da poco sono iniziati i lavori di restauro della Chiesa e di solito durante la staglione estiva (luglio/agosto) alcuni volontari del paese si alternano per tenerla aperta la domenica. Grazie mille per avermi scritto, buona giornata Beatrice