“Lutèce”
Chapitre IV
BABIOLES ET COLIFICHETS
Come ovvio anche a Parigi non ho potuto evitare di andare a caccia di carabattole (qui rese per l’occasione con i termini di “babioles” e “colifichets”, rispettivamente “cianfrusaglie” e “fronzoli”…insomma quei piccoli, grandi orpelli da cucina che adoro). Così ho organizzato una meravigliosa gitarella da Dehillerin, tempio sacro delle attrezzature da cucina professionali.
Quando scrivo “tempio sacro” non esagero, perché dal 1820 questo negozio (gestito sempre dalla stessa famiglia – ormai alla quinta generazione) ha fornito le batterie di pentole, e moltissimi altri strumenti, alle cucine migliori di Francia, se non del mondo intero. Le pentole in rame marchiate E. Dehillerin, da circa duecento anni contribuiscono imperterrite alla gloria della grande cucina francese. Ci sono state batterie Dehillerin nelle cucine di Escoffier, sui grandi transatlantici della compagnia britannica White Star Line (compreso il Titanic), nei più raffinati ristoranti francesi, all’Eliseo (ovvio), e persino al di là dell’Atlantico, perché la famosissima Julia Child adorava questo negozio, e sembra che il pentolame in rame ancora visibile nella sua cucina (ricostruita allo Smithsonian National Museum of American History) fosse stato acquistato proprio qui, durante i suoi anni di vita francese. In ogni caso, anche senza inseguire i clienti blasonati, questo luogo merita una visita, se non altro per il fatto che ha mantenuto disposizione e struttura di una babelica bottega dei tempi andati.
Di quando Les Halles non erano un centro commerciale sotterraneo, bensì il gigantesco mercato centrale di Parigi (quello mirabilmente descritto da Zola ne “Il ventre di Parigi”). Ecco, Dehillerin è ancora lì, fermo come una specie di affascinante solidissimo fossile vivente mentre intorno Parigi si trasforma quotidianamente (in realtà il negozio è immobile solo nell’aspetto, perché sono molto aggiornati in fatto di innovazioni culinarie e attrezzature recenti).
Detto tutto ciò, in un posto del genere per cosa potevo perdere la testa? Bhe, sicuramente per uno stampo in ferro bianco che serve per fare il Gâteau Battu (brioches misconosciuta tipica della Piccardia che una volta sformata ha l’aspetto di un “toque” da chef).
Poi però quel che mi ha fatto davvero andare in visibilio (e perdere il lume della ragione) è stato trovare da Dehillerin un’intera mensola di “hâtelets”, ovvero dei bizzarri piccoli spiedi sormontati da una figurina. Nella cucina classica questi “hâtelets” servivano per decorare i piatti -specialmente le carni- oppure inseriti in pasticci, terrine, pièce montée e torte servivano a dare il tema (e a distinguerne il contenuto tipo: “hâtelets” con pesciolino in cima = terrina di pesce).
Si trovano esempi di questi curiosi e ormai dimenticati spiedi in tantissimi testi storici della gastronomia…io ne ho preso qualcuno dal trattato del piemontese Giovanni Vialardi capo cuoco e pasticciere di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II.
Insomma avrete capito il mio entusiasmo incontenibile, che giustifica anche l’acquisto compulsivo di un oggetto tanto particolare. Peccato che poi alla cassa, mentre il commesso incartava questo spadino con fagiano, Ladolcemetà abbia sentito il bisogno di fare un po’ di conversazione di circostanza dicendo: «per fortuna che siamo venuti a Parigi in treno, altrimenti non avremmo potuto imbarcare una spada nel bagaglio: quella è un’arma!». Senza scomporsi minimamente il commesso ha risposto «ma anche alla Gare de Lyon, in treno, i bagagli sono controllati. Sarà un bel problema portarlo fuori dalla Francia!».
Grazie! GELO, peggio gelicidio, vento dell’Artico, misto a terrore. Non ci avevo pensato! Uffa!
A questo punto, dopo averlo pagato, che cosa me ne facevo di uno spadino, pur bellissimo, che non potevo portare a casa? Sono uscita dal negozio con le orecchie basse, infinitamente triste e già rassegnata a lasciare il mio “hâtelet-faisan” a Parigi, o peggio a ingaggiare un estenuante esercizio di retorica con sette agenti della “gendarmerie” per dimostrare la mia totale tontolaggine e le mie migliori intenzioni di usare l’hâtelet (moderatamente appuntito) per infilzare solo arrosti e non viventi. Evidentemente devo aver guardato un numero esagerato di quei programmi tipo air port security, e quelli sui poliziotti di Parigi con la body-cam, perché anche solo andare in giro con nella borsa una cosa che avrebbe potuto essere scambiata per arma mi faceva sentire male…come se avessi avuto una freccia luminescente sulla testa: questa qui infrange le regole del vivere civile.
Stavo sprofondando nella desolazione quando per fortuna Ladolcemetà, mio paladino e marito, ha avuto l’idea geniale di provare a spedire l’hâtelet-faisan: «Mal che vada non ci arriverà mai a casa».
Così siamo corsi da Gibert Joseph Papeterie in Rue Saint Michel, e nonostante fosse il giorno prima della grande rentrée scolastica siamo emersi vittoriosi dal delirio di “bambini-lista-quaderni-penne-genitoricoinervi-pianti-colla-cartella” brandendo una robustissima “enveloppe matelassé”.
Abbiamo imbustato con cura lo spiedospada con lo scontrino (per dimostrare anche a un’eventuale ispezione che si trattava comunque di un oggetto da cucina) e siamo andati in un ufficio postale a spedirlo. Lunedì mattina 5 settembre, appena 4 giorni dopo averlo imbucato, il mio “hâtelet-faisan” faceva capolino dalla cassetta delle lettere qui a Torino. Felicità.
Della mia sconfinata collezione, questa è senza dubbio la carabattola più sofferta, forse quella più curiosa, ma anche quella che mi ha dato più “chagrin”. Ladolcemetà suggerisce di infilzarla in cima alla credenza come monito “attivare ragionamento logico prima di fare acquisti”. Questa volta un po’ ha ragione…ma tanto io non sarò mai sobria e pacata di fronte a babioles e colifichets di cucina.
E infatti subito dopo aver spedito l’hâtelet sono andata da a.simon (altro antro di carabattole incantate dal logo bellissimo) dove ho trovato due taglia biscotti (in francese emporte-pièce) davvero deliziosi, uno modestissimo a forma di Francia e l’altro a forma di Tour Eiffel. Potevo lasciarli lì? No.
Chiosa didattica/moralista: il lupo perde il pelo ma non il vizio (soprattutto a Parigi)! 😉
p.s: nell’opuscolo celebrativo dei 200 anni di Dehillerin (acquistabile a 5 euro) è ritratta Julia Child nel negozio intenta ad osservare proprio la gran varietà di hâtelets…chissà se anche lei ne ha comprato uno (con annesse peripezie per portarlo a casa)?
N.B: come sempre TUTTE le foto sono mie, sono protette da diritto d’autore, e non è possibile utilizzarle senza permesso. Preciso che ogni marchio o attività citata in questi post NON è frutto di alcuna collaborazione. I miei NON sono “consigli commerciali”, ma semplicemente racconti, quindi beneficio della soggettività e quando considero una cosa o un posto “bellissimi” esprimo un’opinione personale NON necessariamente adatta al resto dell’umanità.
Paola Bortolani dice
Ma quante idee mi hai dato per la prossima visita a Parigi! E pensare che in via Coquillière abita una mia carissima amica!. Grazie
Betulla dice
Allora devi assolutamente andare a trovare la tua amica. Anzi, lei saprà raccontarti ancora meglio storie e segreti della zona. Tutto il quartiere è pieno di negozi bellissimi di articoli per casa e cucina. Senza contare che ho trovato il quartiere de Les Halles incredibilmente migliorato! Sono contenta che tu abbia apprezzato il Feuilleton, e che i miei racconti ti abbiano fatto venir voglia di partire! Come si dice: Parigi è sempre una buona idea!