Un mio amico dice sempre che la qualità di un ristorante è visibile già dal cestino del pane. In effetti come dargli torto? Siamo italiani, la prima cosa che facciamo quando ci sediamo a tavola è sgranocchiare un grissino, e saziare quel languorino insistente con un pezzo di pane. Inutile raccontarvi tutte le volte che mentalmente mi sono detta che davvero, il cestino del pane la dice lunga, anzi lunghissima su come sarà il pasto. Una specie di sfera di cristallo, grazie alla quale si possono fare previsioni sulla riuscita o meno della libagione. Insomma…quando un’idea ti entra in testa, poi non te la togli più, neanche quando inviti le persone a mangiare a casa tua, che chiaramente non è un ristorante, né aspira ad esserlo. Non importa…il cestino del pane deve essere curato, goloso e ricercato. Un accompagnamento, l’amico forbito direbbe una preziosa ala, che insieme al vino, a una buona “mise en place”, a un servizio cortese e a un’atmosfera gioiosa, può fare spiccare il volo all’intero pasto.
Per farla breve da qualche tempo sto sperimentando lievitati adatti al mio cestino del pane…poi mi sono ricordata di questo librino delle Sorelle Simili comprato durante un giro a Bologna qualche anno fa.
Loro sono due arzille fornaie (Margherita e Valeria sorelle gemelle), cui va riconosciuto il merito indiscusso di aver scritto, raccontato e insegnato di pane e panificazione in tempi non sospetti, ovvero quando quasi per tutti era moolto più comodo andare in panetteria piuttosto che mettersi a impastare (sì, tempi bui durante i quali non esistevano le foodblogger, la pasta madre era un ricordo arcaico delle nonne, la farina era solo quella industriale nel pacco da un kg del supermercato, e si cercava di fare andare di fretta anche la lievitazione…). Per tutti questi motivi, ovvero, per tutte le tendenze, mode, opinioni del momento il libro delle Simili era stato aperto una volta sola per l’Angelica, e poi lasciato in libreria come un souvenir acchiappa polvere. Avevo la testa piena di giudizi altrui che lo definivano superato, un po’ troppo gonfio di lievito di birra, iper-classico. Una volta realizzato che nel mondo della Pane, più ancora che in altri mondi, vale il detto “ognuno a suo modo” (Pirandello docet), ho buttato le ortiche tutti questi preconcetti e mi sono tuffata nel mondo bolognese e infarinato delle due care sorelle (leggendole sembra di ascoltare i consigli di due dolci ziette)!
“Pane e altra roba dolce” è un libro molto interessante, con spiegazioni, semplici ma complete su tantissimi lievitati dolci e salati della tradizione italiana (con ricette che vanno dal farsi la pasta madre da zero, al pane di Altamura). Certamente predominano gli impasti con lievito di birra, usato anche in quantità… Ma ricordate che le Simili sono due fornaie, e che sanno benissimo il fatto loro, sia per esperienza decennale, che per necessità -i gusti esigenti della clientela). Ve lo dico? Le loro ricette sono perfette, collaudatissime e di sicura riuscita. Se proprio ci tenete a renderle più “moderne” nessuno vi vieta di mettere po’ meno lievito, e aumentare i tempi di lievitazione…
Anche se le librerie di casa aumentano in maniera esponenziale, era davvero un po’ troppo che non facevo un post dedicato alle mie care “Buone Letture”, per cui sono felicissima di riprendere con questo ricettario prezioso e curioso (e utilissimo per arricchire il famoso “cestino del pane” sulla tavola).
Come vi ho detto il ricettario delle Simili è particolarmente ben fatto, perchè dopo un’introduzione generale, c’è il capitolo “Cominciamo dai più semplici” ovvero una serie di ricette adatte ai primi esperimenti con i lievitati. La primissima ricetta che si incontra è appunto quella delle “Streghe”, delle specie di cracker salati, croccantissimi e irresistibili. Le Simili raccontano che un tempo i fornai delle campagne bolognesi, nel cuore della notte, per giudicare se il forno fosse pronto per la cottura del pane, infornavano una sottile sfoglia di pasta di pane unta d’olio e cosparsa di sale. Spesso la pasta bruciacchiava, rivelando la temperatura del forno ancora troppo alta (ecco perchè era chiamate strega -streia in dialetto). In ogni caso la strega era un buon motivo per un piccolo spuntino notturno. Ispirate da questa usanza antica le Simili hanno messo a punto una ricetta tutta loro, realizzando così un prodotto che per anni a Bologna le ha distinte da qualunque altro panificio (il prodotto era tanto celebre che loro venivano chiamate “quelle streghe delle Simili”). Le Streghe sono davvero facili da realizzare, e sono perfette per gli aperitivi, i formaggi e gli affettati. Potete personalizzarle in mille modi diversi. E da mesi ormai io le faccio una volta alla settimana, poi le conservo in un grosso barattolo di vetro…a disposizione per mille ottime occasioni!
Le Streghe delle Simili
- 500 g farina 00
- 250 g acqua
- 25 g lievito di birra fresco (oppure una bustina di lievito di birra disidratato)
- 50 g di burro
- 8 g di sale
- olio extravergine per ungere le streghe
- sale fino (+ pepe nero e mix di erbe secche)per cospargerle
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Nella ciotola del’impastatrice setacciare la farina e mescolarvi il sale. a parte stemperare il lievito nell’acqua (appena tiepida). Aggiungere acqua e lievito al centro della farina, unire anche il burro a temperatura ambiente tagliato a pezzetti e gli 8 g di sale. Attivare l’impastatrice con frusta a gancio e fare impastare a bassa velocità per 6/8 minuti circa. Se non possedete l’impastatrice o preferite impastare a mano, fate la classica fontana sulla spianatoia, mettete al centro tutti gli ingredienti e impastate energicamente dino ad avere un composto sodo (10 minuti circa).
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Mettere l’impasto in una ciotola, coprirla con un panno privo di odori e riporla in un luogo tiepido della cucina a lievitare per circa 50 minuti
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Trascorso questo tempo accendete il forno e portatelo a 180° (ventilato) dividere l’impasto in 6/8 parti identiche. Lasciare sotto la ciotola capovolta le parti di pasta che non usate. Prendete quindi una di queste pozioni e infarinatela bene. Passatela poi nella macchinetta sfogliatrice (io ho una Marcato, per cui ottengo lo spessore perfetto passando la pasta allo spessore 1, poi 3, poi 5). Assottigliare la pasta esistemare il nastro intero direttamente in una teglia da pizza (40 x50) coperta di carta da forno.
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In un bicchiere emulsionare qualche cucchiaio di olio extravergine di oliva con un pizzico di sale, pepe nero macinato fresco, ed eventualmente erbe secche (prezzemolo, erbe di provenza…). Spennellare con questa emulsione i nastri di pasta assottiliata. Solo dopo aver compiuto questa operazione tagliare i nastri a losanghe con un’apposita speronella (fate le Streghe delle dimensioni che preferite, anche a seconda di come volete usarle).
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Con questa dose si riempiono circa 4 o 5 teglie. Io ne inforno sempre due per volta sorvegliando con cura la cottura: se le streghe nella teglia più in alto coloriscono troppo a metà cottura inverto le teglie. In ogni caso dopo aver riempito 2 teglie infornate e cuocete per circa 10minuti. Le streghe si priempiranno di bolle, e all’uscita dal forno dovranno essere belle croccanti. Mentre le prime due teglie sono in forno procedete ad assottigliare la pasta restante, e infine cuocete anche le altre due teglie di streghe.
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Fate raffreddare bene le streghe prima di riporle in barattoli di latta, vetro o sacchettini.
Come vi ho detto faccio spesso questa ricetta, che con il tempo è finita col diventare una variante di quella originale. Si discosta infatti da quella delle Sorelle Simili perchè ho sostituito 50 g di strutto con 50 g di burro, e ho diminuito considerevolmente il sale nell’impasto da 12 g a 8 g, e spennello le Streghe con erbette secche. Infine anche il procedimento nell’impastatrice è una mia aggiunta.
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