Questa piccola chiesetta alpina è uno dei miei luoghi del cuore. Ci sono tantissimi motivi per cui mi piace tanto salire fin lassù (dai maestosi boschi di faggio, alle notturne con le racchette da neve, alle cipolle ripiene della festa della “Madonna della Neve”), forse però il motivo più sincero per cui amo infinitamente questo luogo è la quiete serena delle montagne, e un paesaggio di vette e cime di alberi che fa sembrare il cielo un po’ più vicino, e il mondo (con i suoi rumori inutili) un po’ più lontano. Durante l’ultima di queste mie fughe dal chiasso mi sono trovata a guardare e rigaurdare questa iscrizione, che ricorda “Madonna del Colletto” come uno dei luoghi della resistenza.
É vero che davanti alla chiesa ci sono delle piccole colonne dedicate ai protagonisti e le vicende delle formazioni partigiane, ma per me su questa chiesetta si sommano talmente tanti significati “personali” e intimi che questo aspetto è sempre passato un po’ in secondo piano. Così, mi sono ripromessa di approfondire, e alla prima occasione di farci un post. Tendiamo, ahimè a dimenticare, a distrarci, e a credere che il tempo guarisca. Il tempo passa, è vero. E 74 anni dal 12 settembre 1943 sono una vita intera. Ma certe cose è bene ricordarle sempre. Anche se questo è solo un blog di cucina di una curiosona innamorata delle Alpi e della loro storia.
Scrivo qualche riga di introduzione, anche se meglio di ogni mia parola è la pagina (in corsivo in fondo al post) di Dante Livio Bianco, figura centrale della resistenza che tenne un diario intitolato appunto “Guerra Partigiana”. Alla mia prossima fuga tra gli abeti e i faggi di Madonna del Colletto, seduta sulle panchette di pietra gelida del porticato davanti alla chiesa (sotto il rosone affrescato in rovina), penserò anche alla fuga di quegli 11 uomini, al loro coraggio di salire su queste montagne per “coscienza civile”, e al mio personale “dovere storico” di riflettere e ricordare sempre il vero significato delle parole Giustizia e Libertà….
Le formazioni Giustizia e Libertà, come quelle garibaldine, ebbero un’origine prevalentemente politica. Per gli antifascisti legati a Duccio Galimberti l’8 settembre non fu una sorpresa, e l’armistizio non colse impreparati i militanti (quasi tutti appartenenti al Partito d’Azione). Casa Galimberti, a Cuneo era diventata il centro dell’azione antifascista già a partire dal 26 luglio 1943, quando Duccio Galimberti dalla terrazza che affaccia sulla grande piazza di Cuneo, aveva incitato alla prosecuzione della guerra «fino alla cacciata dell’ultimo tedesco». Meno di due mesi dopo nella stessa casa si riunivano gli uomini che andranno a costituire una delle prime bande partigiane della provincia: visti i vani tentativi di convincere i comandanti militari di stanza a Cuneo a respingere i tedeschi, il gruppo decide di muoversi in autonomia e partire per le montagne. Era il pomeriggio dell’11 settembre 1943. La prima tappa di quella che si chiamerà “banda Italia Libera”, è in valle Gesso a Valdieri nella casa della famiglia Bianco (la villa liberty nella piazza del paese oggi sede di rappresentanza del Parco Naturale delle Alpi Marittime). Il giorno seguente, il 12 settembre 1943 da Valdieri il gruppo sale verso Madonna del Colletto. La cappella (1305 m. s.l.m) sul crinale tra valle Gesso e valle Stura, accoglie e protegge Duccio Galimberti, Dino Giacosa, Dante Livio Bianco, Leo Scamuzzi, Arturo Felici, Ildo Vivanti, Leonardo Ferrero, Dado Soria, Ugo Rapisarda, Enzo e Riccardo Cavaglion. Da questo esiguo nucleo di 11 uomini, derivano, attraverso numerose espansioni e filiazioni, tutte le formazioni Giustizia e Libertà del Cuneese. Il 20 settembre, proprio all’indomani dell’incendio di Boves, la banda abbandonò Madonna del Colletto, ritenendo la zona troppo esposta, per trasferirsi nella borgata Paralup (m.1361) nella bassa Valle Stura, dove la banda ebbe il suo vero sviluppo politico e militare (un altro spostamento avvenne a fine ottobre quando la formazione, cresciuta di numero, passa a San Matteo, valle Grana).
La montagna fu dunque allora la culla del partigianato, come ne fu poi la base fondamentale e l’ambiente di sviluppo e di consolidamento. Il tenente poco amante del colonnello andò a raggiungere la sua carretta in Val Josina, il camion carico di armi e di viveri prese la via della Valle Grana col suo gruppetto di ufficiali, e dal centro di Cuneo, nel pomeriggio dell’11 settembre, muoveva alla volta di Valdieri quella che era già una formazione, seppure bambina. Era la Banda «Italia Libera», composta d’una dozzina di civili, in gran parte vecchi militanti antifascisti, e guidata dal suo principale promotore, Duccio Galimberti. Fu questa, forse, l’unica formazione che si sia veramente costituita, in forma che voleva essere organica, in città, attraverso una selezione e un formale arruolamento e un raggruppamento, naturalmente ancora rudimentali, e che dalla città si sia trasferita, a costituzione avvenuta, in montagna. Nella notte fra l’11 e il 12 settembre, la banda migliorava il suo armamento con dei «prelievi» alla caserma della GAP di Valdieri, e il giorno 12 andava ad impiantarsi a Madonna del Colletto, a cavallo fra la Valle Gesso e la Valle Stura: è da questo esiguo nucleo originario che dovevan poi uscire, attraverso successive espansioni e figliazioni, tutte le formazioni GL del Cuneese.
Questa la situazione vista da Cuneo, nelle tragiche e febbrili giornate che tennero immediatamente dietro all’armistizio. Intanto, però, un po’ dappertutto, nelle valli, si andavan costituendo, essenzialmente cogli elementi militari ancora rimasti, delle bande, più o meno numerose, più o meno omogenee, più o meno consistenti. E già fin d’allora richiamava l’attenzione generale Boves, o meglio San Giacomo di Boves, dove un capitano di complemento dell’esercito in dissoluzione aveva avuto la buona idea di avviare tutti gli elementi che, disorientati, gli venivano sottomano. Fu così che alla metà di settembre si trovavan concentrati sulle pendici della Bisalta (com’è chiamato, nella parlata locale, il Monte Besimauda) armati, mezzi e materiali in quantità notevole.
Che cosa spingeva tutti questi uomini, di cosi diversa origine, slegati gli uni dagli altri, in località distanti fra loro, ad andare in montagna? I motivi erano i più disparati, e non è facile, tanto più in uno scritto come questo, analizzarli compiutamente: potrà bastare qualche accenno, per grandi linee.
L’impressione di molti era che la fine della guerra stesse per arrivare, che fosse solo più questione di giorni: si pensava che da un momento all’altro ci sarebbe stato lo sbarco alleato in Liguria, e che conveniva aspettare in armi il giorno della liberazione. Cosi per un verso ci si poteva sottrarre alle rappresaglie dei tedeschi, indispettiti per il «tradimento» italiano; per un altro ci si apprestava a dar man forte agli alleati al momento finale; per un altro ancora si aveva il piacere di fare una vita militare di nuovo tipo, senza «naja», senza regole fisse. Per alcuni, essenzialmente, si trattava d’una bella avventura, in cui ci si imbarcava con giovanile trasporto. Per altri era una questione di fedeltà al giuramento, di continuazione del servizio militare. Per altri ancora, invece, era una esigenza rivoluzionaria che premeva e spingeva all’azione: una esigenza politica e morale, di carattere democratico, che chiamava in scena il popolo e gli metteva in mano le armi, per difendere ciò che l’esercito regio si era rivelato incapace di difendere, e per conquistare ciò che nessun esercito regio avrebbe potuto conquistare: la giustizia e la libertà.
Dante Livio Bianco, Guerra partigiana, Torino. Einaudi, 1973, p. 10-11.
Irene dice
Questo luogo è stato (ed è tuttora) uno di quelli che frequento nelle stagioni di mezzo, quando la neve o il caldo non sono troppo presenti (con il caldo migro in posti + alti). Da quest’anno però con la neve abbiamo deciso di salirci con le ciaspole, non lo abbiamo ancora fatto (non so neppure la neve è ancora presente, mi informerò) ma le ciastre le abbiamo comperate!
Quando arriviamo lì e parcheggiamo la macchina per proseguire a piedi, tutte le volte (tutte!) leggo la lo scritto che è scolpito sul marmo (tanti giri per non scrivere lapide!). Non so perché, ma è come una calamita e fino a che non sono arrivata in fondo alla data del 12 sett 1953 non si prosegue.
In fondo queste zone (anche le”mie”, un nome per tutti Ulisse) sono state l’incubatrice di quella che poi è diventata LA resistenza vera. Tante sono state le donne e gli uomini che hanno dato tutto, che hanno sacrificato tutto per un pezzo di mondo + giusto e + libero. Io non sono di Valdieri e non provengo da zone limitrofe ma questi posti mi attraggono, mi sento a casa, pensa che mi emoziono pure guardando a perdita d’occhio l’orizzonte e i monti che lo circondano. E’ un’emozione profonda, intima, non so bene spiegarla.
Comunque qui mi sento anche + vicina a mio padre (classe 1922) che questa guerra ha combattuto. Per queste montagne lui ha camminato a piedi in fuga dai nazisti che lo avevano preso e portato sulla Costa francese (sai a far cosa? A svuotare le ville di Nizza, Cannes e limitrofi), lui ed una manciata di suoi paesani a cui la sorte però non è stata così amica. Erano scappati in 5 o 6 e sono arrivati a casa in 2. Sono scappati per montagne (probabilmente con qualcuno che le conosceva, altrimenti come avrebbero potuto ?) e poi a Borgo sono stati riacciuffati stavolta con l’imbarco su un treno diretto in Germania. Ma non si sono dati per persi (in certe situazioni probabilmente ti viene un coraggio che non avresti mai immaginato di avere ..) e sono nuovamente fuggiti (a casa aveva una giacca “storica” con i buchi dei tarli ed i buchi …. delle pallottole tedesche che gli venivano sparate in questa seconda fuga). Altro che film …
Non dobbiamo dimenticare, lo dobbiamo a queste persone, agli uomini ed alle donne che hanno vissuto tutto questo e che ora non ci sono più, ai tanti che nessuno sa che sono esistiti ma che hanno fatto la loro parte, a quelli “più famosi” per cui ogni tanto il loro nome fa capolino (in un rifugio alpino, in una piazza, in una via).
Questo per dirti che cosa provo quando sono dalla “tua” chiesetta …
giovanni dice
luogo a me carissimo,
1 dei miei ‘pellegrinaggi laici’
Betulla dice
è un grande piacere sapere che questo posto è nel cuore di tante persone! Grazie per avermi scritto!
gianfranco dice
buongiorno, vi lascio il link
https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=59801
per l’argomento “Canta Partigiano !”
spero vi interessi e nel caso abbiate documentazione in proposito,
ogni contributo sarebbe gradito
grazie anticipate gianfranco