Il mio armadietto delle spezie è babelico. No, non nel senso comune di “caos” (sono piuttosto rigorosa in termini di ordine, scadenze e pulizia), ma nel senso più biblico di “torre con tendenze verso l’infinito”. Sì è un armadietto che, ben oltre i suoi limiti strutturali, è irrimediabilmente attratto dall’immensità. Questo, come ovvio, è dovuto alla mania della sottoscritta di assaggiare e cucinare ogni erba, spezia fiore e aroma del creato. Quindi tale padrona, tale dispensa: senza limiti!

Chiariamo subito: non amo affatto la “cucina speziata” in senso lato, i guazzabugli di aromi sparsi a sproposito e fuori contesto (come i curry quando non sono nella cucina indiana), e detesto cordialmente l’uso “arrogante” dei condimenti, ovvero quando un sapore domina, predomina e copre tutto il resto facendomi dimenticare persino cosa sto mangiando (del genere «è una pizza o è cartoncino unto al peperoncino?»).
Detto questo amo le spezie, le erbe e le loro infinite, gradevolissime, magiche combinazioni aromatiche. Le cerco, le compro, le assaggio, le faccio coltivare alla mia mamma nell’orticello montanaro, me le faccio portare dai buoni amici viaggiatori … e così mattone (vasetto), dopo mattone, la mia torre di babele speziata si innalza con coraggio e sfrontatezza verso il cielo, o almeno verso altri scomparti della dispensa! 😉



Quando si parla di spezie (erbe, e aromi) la domanda però è sempre la stessa: «come mi regolo?». Facile rispondere: “con buon senso e buona creanza”! Un po’ meno è mettere in pratica questo saggio principio mentre si cucina.
La prendo un po’ alla lontana: negli ultimi tempi mi diletto a dipingere. Ho seguito un corso per principianti allo sbaraglio in cui l’insegnante per prima cosa mi ha fatto ritagliare da riviste, giornaletti e volantini una gran quantità di fotografie che ritenevo belle, e armoniose. Poi me le ha fatte incollare sullo sketchbook con il compito di cercare di riprodurre la palette dominante con gli acquerelli a mia disposizione (ricreando cioè quei quattro/cinque colori principali che caratterizzavano l’immagine). Questo prima di iniziare a disegnare, prima di dipingere, prima di immaginare di mettermi di fronte ad un qualunque foglio bianco.
Ho trovato l’esercizio estremamente utile, perché prima di creare autonomamente un’illustrazione è necessario conoscere bene, anzi benissimo, ogni sfumatura dei propri colori. Il concetto molto didattico di “confidenza con la propria palette” si adatta benissimo anche al mondo della cucina. Perché prima di lanciarsi in preparazioni complesse è sempre saggio conoscere bene, uno per uno, i propri ingredienti (non dirò “in purezza” perché è tra le espressioni culinarie più abusate e inutili dell’ultimo decennio – “in purezza” è “il curry” del lessico gastronomico, entrambi quasi sempre usati a sproposito). È una banalità (forse?), ma non diventi amico di qualcuno se continui a uscirci in gruppo, in un branco affollato di persone che si divertono insieme, ma rimangono a un livello superficiale di conoscenza… Diventi davvero amico quando fai qualcosa in pochi, quando riesci a parlarci a lungo, quando senti un’affinità speciale, quando approfondisci…
Quindi, per tornare alla domanda «come mi regolo con le spezie?» la mia risposta è sempre la stessa: «usala da sola, in modo da capirne bene gusto e carattere, vedi se ti piace, diventa suo amico e poi, solo allora, accoglila nel tuo arcobaleno di sapori».
Tutto questo infinito sproloquio solo per dirvi che oggi vi racconto di un aroma davvero interessante, inconsueto e desueto: il Levistico.
La mia curiosità verso questa erba è stata inizialmente una curiosità storico/libresca. Nel senso che chiunque abbia infilato il naso (e gli occhiali) tra le pagine di Storia dell’alimentazione, ha incontrato senza dubbio il Levistico associato a ricette e miti consigli di sapienti imprescindibili come Ippocrate, Apicio, Santa Ildegarda e via dicendo…
Insomma le fanciulle normali fanno liste logiche dove spuntare posti, viaggi, borse firmate, e Louboutin, mentre io mi segno appunti dove mi riprometto di assaggiare (prima o poi) questo o quell’ingrediente, sapore o spezia. Il Levistico girava da troppo tempo tra i miei foglietti, e quando l’autunno scorso sono incappata per caso in un comodissimo sito austriaco (Piccantino) di ottimi ingredienti da tutta Europa non mi sono fatta scappare l’occasione. Il Levistico è giunto a me e alla mia torre di babele come erba secca in un bel pacchettino compatto da 15 g della Sonnentor (alcuni prodotti di questo marchio sono distribuiti anche in Italia, nei negozi biologici tipo Naturasì, ma finora io non ho mai trovato il Levistico). Sulla confezione è tutto scritto in tedesco, ma per fortuna ormai con Google Traduttore Foto non è più un problema. Insomma, finalmente ho assaggiato il Levistico e l’ho adottato a braccia aperte nella mia cucina!
Amatissimo nel mondo greco e romano, presente negli orti di casa per tutto il Medioevo (specialmente nel Nord Europa), l’uso culinario del Levistico si è lentamente affievolito nel mondo moderno, oscurato e sostituito da due suoi parenti stretti cui somiglia moltissimo: Prezzemolo e Sedano. Sì, il Levistico come sapore è proprio lì a metà strada tra il prezzemolo e il sedano, e pur essendo irrimediabilmente “fuori moda” in questi nostri tempi in Europa è ancora ben presente tra gli ingredienti delle cucine popolari di molte zone marginali (come le nostre Alpi, o lungo tutto l’Appennino). Residuo di un’alimentazione povera che faceva di necessità virtù, in realtà il Levistico non è un sapore completamente scomparso o introvabile: anche se siete convinti di non averlo mai incontrato, è molto probabile che lo abbiate mangiato molte volte, perché spessissimo è presente tra gli ingredienti di dadi, insaporitori naturali a base di erbe, miscele di aromi per arrosti/patate/frittate, o sali aromatizzati. Inoltre, anche se la modernità ha dimenticato il suo nome, non si è MAI scordata il suo sapore. Avete presente la famigerata salsa Maggi (insaporitore liquido a base di idrolizzato di proteine vegetali, aromi, ed esaltatori di sapidità come glutammato monosodico, inosinato disodico)?

Per fortuna è molto più famosa all’estero che qui in Italia, comunque la celebre (ormai iconica) boccetta onnipresente sulle tavole di mezzo mondo* per aggiungere a ogni piatto qualche goccia di sapore, ricordava a tutti il Levistico pur senza contenerlo davvero -soprattutto ai tempi del suo lancio sul mercato nel 1886-. Così, con una di quelle inversioni assurde e bizzarre della Storia dell’Alimentazione, la salsa artificiale il cui sapore ricordava il Levistico, è passata a dare il proprio nome all’erba naturale che evocava. Non è raro, infatti, specialmente nei paesi di area germanica, trovare il Levistico indicato come Erba-Maggi, proprio in riferimento al gusto del condimento liquido, o dei dadi da minestra, commercializzati dall’azienda svizzera, e poi dalla Nestlé/Unilever. Per tornare a noi, con buona pace del caro Linneo e dei suoi intenti di nomenclatura univoca, il Levisticum officinale assume in realtà nomi differenti in ogni regione d’Italia (per non parlare degli altri stati europei). In Liguria dove sembra la pianta sia sbarcata nella notte dei tempi, acclimatandosi particolarmente bene, il Levistico è detto “sedano ligure”, “rovistico”, “ruvistico”, “rustico”. Ho letto invece che in Piemonte il Levistico è detto “sedano dei monti” o “sistra”, anche se a dire il vero rimango perplessa su questa definizione perché sulle montagne cuneesi indica più spesso la Finocchiella (Meum athamanticum), il Carvi/Cumino (Carum carvi) o più generiche altre “ombrellifere dei prati” (il Levistico comunque appartiene proprio alla famiglia delle ombrellifere Apiacee quindi è probabile una certa confusione o sovrapposizione di piante). Insomma non ho mai conosciuto nessuno che mi ha indicato inequivocabilmente il Levistico in un prato dicendomi il suo nome in dialetto piemontese/occitano quindi non ho esperienza diretta in merito. Rimane il fatto che il Levistico, con il suo sapore amarognolo, quasi di liquirizia sul finale, è ancora oggi molto usato nella liquoreria, tant’è che a volte entra a far parte delle numerose “erbe, spezie, fiori, radici e cortecce” che compongono il mitico, piemontesissimo Vermouth (vino aromatizzato nato proprio in quel di Torino e base fondamentale di infiniti, ottimi cocktail).
Conclusa la nota etimologica/enologica ritorno al sapore del Levistico, che preciso, al momento conosco solo nella versione disidratata. Ovunque si trova scritto che il Levistico è portentoso nelle zuppe e nei pani, ma attualmente io l’ho provato (e trovato eccellente): sulle patate (bollite e arrosto), con i legumi (nell’insalata di fagioli, cipolle e aceto alla piemontese tipo questa), sul formaggio fresco fatto in casa (tipo primo sale o a base di yogurt), nei biscotti salati al formaggio (tipo i tozzetti) e in una padellata di carote&piselli. Come ho già detto ho usato un avvicinamento “slow” progressivo a questo sapore, per cui l’ho sperimentato in piatti dove normalmente avrei usato un bel trito di prezzemolo (o la stessa droga secca mescolata con l’olio), oppure del “sale ai semi di sedano” (anche lui meriterebbe un certo approfondimento). Anche se non ho condiviso con voi una vera e propria ricetta, mi auguro che questa chiacchierata sul Levistico vi abbia incuriosito…come sempre non ho alcun legame commerciale con nomi e marchi citati (i prodotti sono acquistati di tasca mia, quello che scrivo è semplicemente la mia esperienza soggettiva e personale, questo post NON è frutto di collaborazioni, partnership o ADV con aziende).
Arrivederci a presto cari amici bacucchi, vi saluto con un passo di “Harry Potter e l’ordine della Fenice” (2003), dove il famoso maghetto è intento a studiare proprio il potere del Levistico
La mezzanotte arrivò e passo mentre Harry leggeva e rifletteva su un paragrafo sugli usi della coclearia, del Levistico e della starnutaria […]. Codeste piante sono quanto mai efficaci nell’infiammare la mente, e sono pertanto d’uso nei Distillati Svianti e di confusione, laddove il Mago desideri produrre stati di impudenza e testa calda […].
Insomma persino un mago come Harry Potter consiglia una “mano parca” con le spezie…😉
BIBLIOGRAFIA:
-La Rocca Felice, Paganucci Laura, “Il Levistico, Sedano degli antichi romani”, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2009.
-Francesca Giorgetti, “Tutte le spezie del mondo”, Milano, Mondadori, 2022.
-Stobart Tom, Guida alle erbe, spezie e aromi, Milano, Mondadori, 1970.
-André Jacques, “L’alimentazione e la cucina nell’antica Roma”, Gorizia LEG edizioni, 2016.
-Dosi Antonietta, Pisani Sartorio Giuseppina, “Ars Culinaria”, Roma, Donzelli, 2012.
–Pierre Lepidi, “Le Monde”, 6 marzo 2015, “En Afrique, le cube Maggi à toutes les sauces”
(*Per mezzo mondo intendo davvero ovunque: questo articolo (in Francese) di Le Monde del 2015 spiega efficacemente come il dado Maggi abbia seguito l’espansione dei paesi europei nelle loro conquiste coloniali tanto che ormai oggi “le cube Maggi” è considerato come uno degli ingredienti tradizionali e immancabili della cucina africana alla stregua di un cucchiaio d’olio e di un pizzico di sale).
Grazie, lo avevo sentito nominare ma n9n lo ho mai assaggiato
Mi hai messo curiosità, devo procurarmelo
Grazie, non lo conoscevo. Lo proverò! 😊