Oggi condivido con voi una ricetta liberamente ispirata ad uno dei tanti libri bacucchi di cucina piemontese della mia piccola collezione: “Cucina e Vini del Piemonte e della Valle d’Aosta” di Laura Gras Portinari. Il testo è degli anni ‘70, quindi, se pur ricchissimo di ricette interessanti pecca di immagini, ma soprattutto pecca di storia. Nel senso che all’epoca in un libro di ricette trovavi ricette, e non il perchè e il percome dell’alimento, del produttore, o le vicende che hanno portato l’autore ad incontrare, assaggiare e riproporre quel piatto. Così facendo, purtroppo andava perduto un aspetto interessantissimo del cibo, ovvero il suo racconto che oggi invece amiamo molto (come sapete ci condisco a dovere ogni ricetta che vedete sul blog, come ogni piatto che porto sulla mia tavola). Ciò nonostante, senza immagini, né ciance di contorno, sfogliando il libro sono rimasta colpita dal titolo di questa ricetta: “Gallettino al Caval d’ Brons”.
E non poteva essere altrimenti, perchè per ogni torinese che si rispetti “il Caval d’ Brons” è il monumento equestre dedicato a Emanuele Filiberto di Savoia che si trova nella centralissima Piazza San Carlo, e sino a poco tempo fa era anche il nome dello storico caffè situato nella stessa piazza (il “Neuv Caval d’ Brons” al civico 155, ha chiuso i battenti nel 2016, al momento gli spazi sono stati acquistati dal marchio Lavazza). Insomma, evidentemente si trattava di un piatto servito nell’antico ristorante, che nei ruggenti anni ‘70 era particolarmente celebre e amato dalla “Torino Bene” che, allora come oggi, considera Piazza San Carlo il suo salotto buono.
Come vi ho già confessato in più occasioni Ladolcemetà diffida dalle mie incursioni nella cucina del passato, perché agli albori della nostra vita insieme gli ho rifilato un paio di “muffoloni” inauditi preparati seguendo troppo filologicamente ricette bacucche. Erano piatti talmente pessimi da aver generato addirittura un neologismo (la moffola è quel guanto di feltro senza dita che si usa in inverno sulla neve, che unito alla ancor meno commestibile “muffa” ha generato l’appellativo di cui sopra, utilizzato in casa Betulla per indicare tutte le «bacuccate alimentari non riuscite, che richiedono luuunga masticazione »). Sì, Ladolcemetà non ha pietà, ma chi meglio di uno storico poteva mangiare i miei primi esperimenti con cucina “a spasso nel tempo”? Ciò non toglie che anche questi sonori fallimenti alla fine si siano rivelati utili…infatti il più delle volte il libro bacucco è la scintilla ispiratrice, ma il piatto che ne viene fuori è declinato alla Betulla con numerose aggiustatine. 😉
Così ho fatto anche in questo caso, per una ricetta che oltre a ogni aspettativa si è rivelata gustosa e perfetta per il pranzo della domenica.
Sempre per amore filologico di cui vi ho appena detto (lo so è una tara non una virtù!), la prima volta che ho provato a fare il piatto ho voluto usare il galleto. Non avendo però un cortile bestiole a cui “tirare il collo alla bisogna” sono andata a cercare il galletto al supermercato, dove ho trovato solo galletti piccolissimi di dimensioni “simil quaglia” (costano circa 7 euro l’uno, e ne ho dovuti prendere due). Messi a punto procedimento e armonia dei sapori, la volta dopo ci ho riprovato direttamente con il pollo. Quindi posso dirvi sinceramente che se avete a disposizione un galletto (giovane, ma non pulcino) veramente ruspante il piatto sarà eccellente, altrimenti il piatto verrà ugualmente bene utilizzando delle semplici sovra cosce di pollo (che poi sono quelle che ho fotografato, perchè i galletti tagliati in quarti mi sembravano proprio striminziti).
Il Galletto del Caval d’Brons
Ingredienti (per 6 persone se lo servite come secondo):
1,200 kg di galletto ruspante (o 6 sovra cosce di pollo)
100 g di pancetta affettata sottile
100 g di salsiccia fresca
50 g di burro
olio extravergine di oliva
4 cipolle medie (bionde o rosse)
4 foglie di alloro
3 rametti di timo fresco
prezzemolo secco, “erbe di provenza” secche, aglio in polvere
100 g di olive verdi denocciolate
1 bicchiere di vino bianco secco
50 ml di rum
olio extravergine di oliva
sale, pepe nero macinato fresco
farina di grano duro
brodo vegetale caldo
Procedimento:
-Mondare le cipolle e su un tagliere affettarle sottilissimamente, quindi tenerle da parte in una ciotola. Tagliare a striscioline la pancetta, e ridurre in dadini di circa un cm la salsiccia. Infarinare poi le parti di galletto (o le sovra cosce) con abbondante farina, mescolata con prezzemolo secco, “erbe di provenza” e aglio in polvere secondo i vostri gusti (un pizzico di tutto).
-In una padella scaldare il burro con circa 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva, fate rosolare prima la pancetta e la salsiccia, e quando queste saranno appena colorite unire le cipolle, le foglie di alloro e i rametti di timo.
Rimestare dolcemente per 5 minuti circa, e adagiarvi sopra le parti di galletto infarinato. Fare prendere colore da ogni lato (ci vorranno circa 10 minuti di cottura in tutto). A questo punto spegnere il fornello, trasferire il galletto in un piatto, e rimuovere dalla padella cipolle, salsiccia e pancetta e teneteli da parte in una ciotola (meglio al caldo vicino ai fornelli). Accendete nuovamente il fornello sotto la padella scaldando così il condimento residuo, non appena questo comincerà a sfrigolare unite i pezzi di galletto, e subito dopo le olive verdi ben risciacquate dalla loro salamoia. Salate (poco che le olive sono sapide), e pepate, poi innaffiate il tutto con la miscela di vino bianco e rum. Incoperchiate subito dopo. Proseguite quindi la cottura per circa 30 minuti, girando di tanto in tanto il galletto, e bagnandolo spesso con un mestolino di brodo vegetale caldo per evitare che asciughi troppo. Trascorso questo tempo rimettete nella padella sopra al galletto il composto di pancetta, salsiccia, e cipolle. Cuocete ancora per 5 minuti circa per fare insaporire l’insieme e portare in tavola con crostoni di pane casereccio caldi (il pane serve perchè questo è un “piatto bistrot”, si mangia la carne e anche l’intingolo, senza risparmiare una maleducata, ma irrinunciabile, “scarpetta” sul piatto).
Potete anche fare la cottura con largo anticipo, come ho fatto io. Poi prima di servire ho trasferito il tutto in una larga padella di rame (che va anche in forno ed è particolarmente carina per portare in tavola, ma va benissimo anche una pirofila da forno qualunque), e riscaldato coperto in forno a 180° per 10 minuti circa prima di servire. Ovviamente io non sono nel vostro forno quindi verificate voi se la carne e l’intingolo sono caldi al punto giusto (se non avete un coperchio utilizzate tranquillamente della carta stagnola sulla pirofila).
Bibliografia:
Laura Gras Portinari, “Cucina e Vini del Piemonte e della Valle d’Aosta”, Milano, Mursia, 1971, 359 p.
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