Vi ho parlato in più occasioni dell’importanza della segale nell’economia alpina della Valle Gesso, e lo scorso febbraio ho pubblicato anche un luungo articolo pieno di fotografie dedicato all’Orso di Segale, maschera arcaica e curiosa del Carnevale valdierese. Mi ero ripromessa per quest’anno di indagare anche gli aspetti alimentari di questa festa, che naturalmente sono ancora ben presenti e vitali nella piccola comunità montanara di Valdieri.
Euclide Milano, il folclorista di inizio Novecento, fondatore dei musei di Cuneo e di Bra, ed etnografo appassionato che io leggo e seguo come un faro, annotava rapidamente: «Il carnevale a Valdieri era un tempo molto complesso e comprendeva: pubblica gnoccolata – elezione degli Abbà – taglio della testa d’un gallo o di un gatto – testamento del Carnevale – arriva la Quaresima». Il Carnevale valdierese ha vissuto alterne fortune, edizioni rivedute e corrette (nessuno da tempo immemore decapita poveri animali), e grandi ritorni, come quello dell’Orso di Segale, che vietato durante il ventennio, equasi dimenticato durante il boom economico è tornato a ruggire grazie alla memoria di un anziano del paese. Ma la costante della festa è da sempre la gnoccolata, ovvero soffici gnocchi di patate preparati e cotti sotto il portico del municipio e distribuiti alla popolazione, che portandosi dietro un contenitore, tornava nella propria casa a consumarli (a febbraio generalmente è ancora troppo freddo per fare un pasto in piazza!).


Il fatto di portarsi il contenitore da casa (pensate che la gnoccolata si fa da tempi in cui non esisteva l’usa&getta), ha stuzzicato non poco la fantasia dei valdieresi, già eccitata dalle lunghe veglie nelle stalle: tra le figure principali di questo carnevale alpino ci sono infatti i “frà” (finti frati), che andando di casa in casa declamavano pompose “Epistule”, ovvero satire che nel dialetto locale mettevano alla berlina vizi e virtù degli abitanti del paese, e che ogni anno venivano messe in rima appositamente per deridere persone diverse. Insomma, lo spirito sarcastico della festa ha fatto in modo che qualcuno si sia presentato a ritirare la propria porzione di gnocchi con un pitale (sicuramente un contenitore capiente), suscitando l’ilarità del paese e dando luogo ad una specie di ridicola usanza, o almeno alla sua memoria, perchè non c’è gnoccolata senza che si accenni a questi “lucenti pitali” colmi di gnocchi dei tempi andati.
Documentandomi un po’ su questa tradizione di fare gli gnocchi in piazza a Carnevale ho visto che è comune in altri paesi dell’arco alpino, sia credo, per l’importanza del tubero nell’alimentazione montanara, ma soprattutto perchè febbraio è il mese in cui le patate cominciano a muoversi, cioè spesso cominciano a germogliare, ed è bene consumare tutte le scorte prima di pensare alla semina del nuovo anno.
Di solito a Carnevale sono distribuiti gnocchi con sugo di salsiccia (la ricetta qui), ma siccome durante le mie letture mi sono imbattuta in questa nota curiosa, ho preferito fare una “gnoccolata bianca”, con toma e butirro:
“Lo stessoVittorio Amedeo III, in visita a Cuneo il 17 agosto 1773, assaggiò gli gnocchi a casa del sindaco, conte d’Andonno, e l’anno dopo Antonio Ferrero da Valdieri li esaltava addirittura nel suo poemetto “La Gnoccheide”:
« Imbalsamati che saranno i gnocchi
con bianca toma e butir gialletto
un cibo resterà non da pitocchi
ma per Colui che sortì dal regio letto.
E ben appaion sol infra li crocchi
di chi non veste signoril farsetto
di lor antichitade il lor buon gusto
degni li rende del bocchin d’Augusto ».”*
Considerate che, nonostante l’impressione odierna che abbiamo della patata, cioè indissolubilmente legata al cibo di montagna, a quei tempi il tubero non era che all’inizio di un faticosissimo e impervio percorso di accettazione (qui ho parlato del lavoro esemplare di Giovanni Vincenzo Virginio per la diffusione della patata in provincia di Cuneo), di conseguenza sapere che il Re aveva mangiato patate, era una cosa degna di essere sottolineata dai giornali, e anche di finire in un poema!
Concludo con una noticina grammaticale sull’articolo: tutti sappiamo che la forma corretta del plurale è “gli gnocchi”, ma in Valle Gesso, come in tante zone dell’Italia settentrionale si dice “i gnoch”, fatti con “i bodi” (cioè le patate, che qui sono maschili).
La prossima Gnoccolata si terrà domenica 24 febbraio 2019 a Valdieri in occasione del Carnevale alpino dell’Orso di Segale. Sul sito Aree protette Marittime trovate il programma completo dell’edizione 2019.
“Gnoccolata valdierese”
Ingredienti:
1,2 kg patate di montagna (pasta gialla)
200 g di farina 00 (+ quella per la spianatoia e per i vassoi di gnocchi)
1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
1 pizzico di sale
Per il condimento:
burro
latte o panna
toma (Robiola e Raschera)
un pizzico di pepe nero macinato fresco
Procedimento:
– Lavare e spazzolare un poco le patate. Metterle in una pentola capiente e coprirle di acqua fredda. Salare l’acqua con un cucchiaino di sale grosso. Accendere il fornello, e dall’ebollizione calcolare 20 minuti di cottura.
– Mentre le patate cuociono dedicarsi al condimento: sciogliere in un padellino un pezzetto di burro,unire un goccio di latte o di panna, sbriciolarvi sopra grossolanamente il formaggio. Spegnere il fornello e coprire il padellino con un coperchio. Tenere da parte.
– Scolare le patate, farle raffreddare qualche minuto e poi spelarle.
– Sulla spianatoia infarinata schiacciare le patate calde con l’apposito schiacciapatate.
– Fare raffreddare la montagnola di patate schiacciate per 5 o 10 minuti, unire parte dei 200 g di farina (non tutti), aggiungere l’uovo, il cucchiaio d’olio e il sale.
– Impastare rapidamente fino ad avere un composto sodo, liscio e non appiccicoso (regolatevi aggiungendo poco per volta la farina).
– Prendendo con il raschietto un pezzo di impasto per volta formare tanti filoni grossi quanto una salsiccia e disporli sulla spianatoia infarinata.
– Sempre con il raschietto (o con un coltello), tagliare i salamini di impasto in tanti tocchetti.
-Formare ora gli gnocchi. Non ho un’indicazione precisa, perché in alcune case li si riga con la forchetta, in altre sulla grattugia del formaggio, in altre si usa un più moderno rigagnocchi in legno, e in alcune gli gnocchi non si segnano affatto. Io li ho fatti strisciando velocemente ogni pezzetto di impasto su una forchetta! Disporre gli gnocchi appena formati su vassoi ben infarinati, e procedere sino all’esaurimento dell’impasto.
– Portare a ebollizione una pentola d’acqua salata, gettare gli gnocchi e cuocerli per pochi minuti, ovvero fino a che non vengono a galla. Scolarli delicatamente con una schiumarola, trasferirli in una terrina imburrata, e irrorarli con il condimento di burro e formaggio realizzato in precedenza (eventualmente intiepidirlo appena!). Servire caldissimi -eventualmente in un pitale 😉 – con una macinata di pepe fresco.
N.B: gli gnocchi vengono bene con tutte le patate di montagna, sia rosse, che gialle, purchè farinose e compatte (eccellenti ad esempio quelle della vicinissima Entracque). La regola generale vuole che non si facessero mai gnocchi con le patate novelle, anche se le patate di montagna (poco acquose) di solito non danno problemi neanche a pochi giorni dalla raccolta. L’uovo è una variante personale, così come la quantità di farina (che in molte famiglie arriva a 400 g per kg di patate). Regolatevi voi a seconda delle patate che state usando e di come vi piacciono gli gnocchi (soffici soffici oppure molto consistenti)!
*Elma Schena, Adriano Ravera, Galupperie del Vecchio Piemonte, Le ricette del mangiare bene, L’arciere, Cuneo, 1991.
Tutte le foto, come sempre sono mie, e chi le usa senza permesso incapperà nella teribile maledizione degli gnocchi molli che si appiccicano in cottura! 😉
Ammazza, na cosa leggera! Secondo me sono buonissimi, infatti me li segno sull’agendina per copiarli!