Il termine “Nouvelle Cuisine” evoca spesso in noi italiani cibi complicati, porzioni minuscole in piatti desolatamente vuoti e sproporzionati quanto i prezzi di queste creature gastromitologiche in bilico tra i dettami salutistici della macrobiotica e il più sfacciato nazionalismo francese. L’opulenza degli anni ’80, se da un lato ha sdoganato questo concetto (distorto) al grande pubblico, eleggendolo a status-symbol di benessere, dall’altro ha spazzato via in un soffio la “Nouvelle Cuisine” lasciandole ben impresso un marchio dispregiativo in associazione a ristoranti inutilmente costosi, di quelli dove ci si alza dal tavolo con la fame. No, nessuno, almeno in Italia, ha mai perdonato a questa nuova tendenza il peccato mortale delle porzioni piccine piccine, facendo anzi della sua fama di affamare la gente il vessillo di una cucina che tradiva il vero, unico scopo di ogni pasto, ovvero nutrire e saziare (e non stupire ed “esperienziare”). Insomma, nessuno la rimpiange, giusto?
Ma davvero questa era la “Nouvelle Cuisine”? No ovviamente. Altrimenti non avrebbe alcun senso parlare oggi, nel 2022, di un libro come “La cucina del mercato” pubblicato nel 1976 da Paul Bocuse, universalmente riconosciuto tra i fondatori e tra i più noti rappresentanti proprio di questa benedettissima “Nouvelle Cuisine”.
“La cucina del mercato”, che dalla sua pubblicazione ha venduto solo in Francia 250.000 copie, è una specie di solenne, imperdibile, straordinaria “bibbia” gastronomica. Uno di quei libri fondamentali in una #bibliotecagolosa di tutto rispetto, e aggiungo senza ombra di dubbio, un libro usatissimo da qualunque amante della buona tavola. A scanso di equivoci non è uno di quei libri di cucina moderna a cui siamo abituati adesso: non ci sono foto, non ci sono scorciatoie, né percorsi infallibili. Sono 700 pagine di cucina purissima nella sua monumentale (all’epoca rivoluzionaria) classicità. Ma la cosa sicuramente più incredibile è leggere nella prefazione cosa Paul Bocuse intendesse nel 1976 per “Nouvelle Cuisine” francese.
1.Per prima cosa c’è il mercato. È inutile, scrive, fissarsi su un piatto e poi andare a cercarne gli ingredienti a tutti i costi. Molto meglio fare il contrario, ovvero andare al mercato, individuare i migliori prodotti del momento e poi, solo tornati a casa con un bottino di rigogliose primizie di stagione, sfogliare il libro a caccia di idee.
2. A secondo posto c’è “la curiosità”. Paul Bocuse, all’apice del successo, era spesso accusato di essere più a zonzo altrove che ai fornelli del suo ristorante. Lui replica spiegando la necessità di questi viaggi “Credo sia importantissimo andare altrove per vedere che cosa non funziona a casa propria. Più si viaggia, meglio ci si rende conto che gli altri non rimangono inattivi ma progrediscono; si può trarre profitto dalle loro esperienze, e per questo bisogna andare a vedere. Dopo tutto, un cuoco non è uno che lavora in ritiro e solitudine. Oggi un cuoco deve muoversi; se vuole progredire, deve girare il mondo. Ogni volta che vado in un paese straniero torno con idee nuove. […] Se questo libro riflette il bisogno, diffuso tra i miei compatrioti, di tornare alle origini della nostra tradizione culinaria, apre però anche prospettive su ciò che possiamo fare osservando ciò che si fa in casa dei nostri vicini o in paesi più lontani”.
3. Il terzo posto è per rispondere alla domanda “Cosa definisce quella che chiamano la Nuova Cucina?”. Ebbene l’attenzione alla qualità degli ingredienti che devono essere sempre e assolutamente i migliori.
4. In quarta posizione un altro principio importantissimo: “rispettare il sapore originario dei cibi e metterlo in evidenza” (il che equivale a una condanna a morte per salse, salsette ammazzagusti, procedimenti di giorni e tempi di cottura lunghissimi).
5. Il quinto punto è il cuore. “Non ho dimenticato un’altra massima di Fernand Point: si cucina bene, diceva, soltanto con l’amore, soltanto quando si mira soprattutto a instaurare intorno alla tavola amicizia e fraternità fra gli uomini. Questo mi sembra essenziale: così la donna di casa come il grande cuoco devono preparare soltanto i piatti che amano preparare” (per noi l’assunto è più che assodato, se non addirittura assodato, ma all’epoca con la cucina vista come un “dovere” necessario nel bagaglio della buona donna di casa, e contemporaneamente come un fastidio patriarcale di cui liberarsi, questa cosa di “metterci il cuore, e soprattutto il piacere personale era avanguardia pura).
6. Infine: “nel cucinare bisogna sempre lasciare una piccola parte all’improvvisazione. Un grande direttore d’orchestra diceva che, al momento di eseguire un’opera lungamente studiata e ripetutamente provata, lasciava un margine all’immaginazione e all’improvvisazione. Nello stesso modo, la donna di casa si persuada che non è obbligatorio seguire una ricetta alla lettera e che all’ultimo momento è sempre possibile sostituire un ingrediente con un altro di cui è sprovvista. […] Soprattutto non deve sentirsi schiava del libro, ma prendere iniziative, e in caso, correre dei rischi”.
Ecco, in sintesi, alcune tra le caratteristiche della “Nouvelle Cuisine” degli anni Settanta secondo Paul Bocuse. Non l’avreste mai detto vero? Così come, sono sicura, sembra impensabile che in un libro dedicato alla “Nouvelle Cuisine” si possa trovare la ricetta dell’Estouffade, corroborante e sostanzioso piatto rustico provenzale. Eppure la conoscenza della cucina regionale, con i suoi robusti e cordialissimi piatti contadini, era proprio uno dei capisaldi per semplificare e innovare davvero un universo culinario stantio e ormai fuori tempo. È chiaro quanto questa “Nouvelle Cuisine” (e non la distorsione peggiorativa italianizzata che è rimasta nel nostro immaginario) sia ancora attuale e utilissima. E la grandezza di un talento come Paul Bocuse brilla e prospera nelle sue ricette (perfette nonostante i 50 anni di felice invecchiamento).
ESTOUFFADE
di Paul Bocuse da “La Cucina del Mercato”, p.250.
Ingredienti
Per 6 persone
800 g di carne di bue scelta nella spalla; 250 g di pancetta magra; 3 cipolle medie; 2 spicchi d’aglio; 2 cucchiai di farina; ½ l di buon vino rosso; 1 l di fondo bruno di vitello o di brodo poco salato; 30 g di burro; ancora un pezzetto di burro; 250 g di champignon sodi e bianchi; un piccolo mazzetto di prezzemolo, timo e alloro legati insieme; sale; pepe;
per accompagnare patate all’inglese*
Metodo
-Tagliare la pancetta in grossi dadi, sbollentarla per 5 minuti, sgocciolarla; farla rosolare con il burro o il grasso in una casseruola bassa di dimensioni appena sufficienti per contenere la carne i liquidi con cui si bagnerà.
-Sgocciolare la pancetta; nello stesso grasso far rosolare leggermente la carne tagliata a dadi di 100 g l’uno. Aggiungere le cipolle mondate e tagliate a spicchi e proseguire la cottura finchè tutto è rosolato (non far colorire troppo le cipolle, che prenderebbero un sapore amaro).
-Condire con sale e pepe, cospargere di farina, mescolare e far leggermente scurire mescolando quasi in continuazione. Unire l’aglio schiacciato e cuocere mescolando ancora due secondi, quanto basta per scaldare l’aglio che sprigionerà tutto il suo aroma. Bagnare con il vino; ridurlo di 2/3.
-Unire il fondo di vitello o il brodo, portare a bollore mescolando; completare con i cubi di pancetta e con il mazzetto aromatico, coprire, passare in forno e cuocere a fuoco dolcissimo per circa 3 ore.
-Eliminare il terriccio, lavare rapidamente in acqua fredda e asciugare subito gli champignon; tagliarli a spicchi e saltarli a fuoco vivace con un pezzo di burro in una casseruola bassa, che poi dovrà contenere la carne e il suo fondo di cottura; dopo 5 minuti, o appena gli champignon cominciano a prendere colore, togliere dal fuoco.
-Togliere l’estouffade dal forno; sgocciolare i pezzi di carne e di pancetta, sistemarli sugli champignon. Lasciar riposare il sugo di cottura 5 minuti, sgrassarlo e portarlo a giusta consistenza allungandolo o riducendolo: dovrà essere tanto da bagnare fino a metà altezza la carne e il contorno. Aggiustarlo di sale, passarlo a un colino fine premendo bene con un cucchiaio di legno e versarlo sulla carne e gli champignon.
-Riportare a bollore, cuocere a ebollizione leggerissima per altri 15-20 minuti. Accomodare in un piatto di servizio fondo, ben caldo e servire passando le patate a parte.
Nota: alla preparazione si possono aggiungere 500 g di pomodori pelati, mondati dei semi e schiacciati, che si uniscono agli champignon; tenere conto che aumenteranno la quantità di liquido. L’estouffade, squisito piatto della cucina di una volta, si può fare anche con il vino bianco.
*PATATE ALL’INGLESE
Scegliete patate tutte uguali, del volume di un uovo piccolo e di una buona qualità poco farinosa. Pelarle, lavarle, accomodarle in una pentola fornita della griglia per la cottura al vapore. Cuocerle 20 minuti circa, o finchè sono tenere (del che ci si accerterà pungendole con uno stecchino).
Le patate cotte in questo modo servono da accompagnamento a vari pesci bolliti o cotti in un cour-bouillon e ad altre preparazioni. Si possono sostituire con patate cotte sotto la cenere, o avvolte in un foglio di alluminio e cotte in forno.
Simona dice
Ciao Betu, la quantià di pancetta è decisamente troppa per i mie gusti (leggasi rotolini di ciccia affezionati), ma credo sia proprio una prerogativa di questa succulenta ricetta che, forse, ho letto da qualche parte in qualche libro vecchio (alcuni scatoloni sono andati persi durante l’ultimo trasloco qualche anno fa, sigh… tra cui molti libri). Leggere tutti i tuoi preamboli è sempre un piacere, un po’ come quando ci si gode il viaggio che ci separa dalla meta.
Devo provarla (alleggerendola, come detto, ahimè)
Un abbraccio
Betulla dice
Cara Simona..ehh sì, è pur sempre un piatto francese, quindi la pancetta c’è, ed è davvero abbondante. Nulla vieta però di alleggerire il tutto e di usare quel buon pizzico di “improvvisazione” che lo stesso Bocuse auspicava sempre ai fornelli. Insomma, sono sicura che anche con le tue varianti verrebbe benissimo! Però che peccato per quegli scatoloni del trasloco…mannaggia. In effetti è una ricetta abbastanza nota, non come il famoso cugino “boeuf à la mode”, ma quasi: è molto probabile che tu ne abbia già letta la ricetta da qualche parte! Meno male che i miei preamboli ti divertono…io sono sempre preoccupata di “cianciare” troppo! In ogni caso grazie di cuore per essere passata da queste parti…;-)
Paola dice
Grazie! Un libro che scopro imperdibile, e che non conoscevo. Mi conforta leggere che io uso, istintivamente, gli stessi principi in cucina. Peccato sia un po’ meno brava a cucinare … 😉