Questo mese sono particolarmente orgogliosa di ospitare Giulia, una blogger molto schiva e riservata, che però si è prestata con grande entusiasmo a questo mio gioco/intervista…Sono sicura che anche voi, leggendo le sue risposte apprezzerete la profondità di questa dolce “donna selvatica”…
1.Cominciamo con l’immancabile domanda: come hai imparato a cucinare?
Credo che la storia della mia passione per la cucina ricalchi quella di molti, essendo nata osservando ed imitando i gesti delle donne della mia famiglia. Della mia nonna materna in primis, che da bambina seguivo curiosa mentre con lentezza e pazienza preparava i suoi magnifici pranzetti; tra i suoi piatti memorabili gli gnocchi di patate e la frittata di cipolle, che ancora oggi non hanno mai trovato rivali degni di competizione. Le prime avventure di curiosa della cucina hanno per protagonista il suo minuscolo cucinino, nel quale amavo nascondermi per poter assaporare in solitudine i buoni profumi che salivano dal fuoco ed il sapore delizioso del cibo preparato con amore e pazienza.
Dal nonno paterno, invece, ho sicuramente ereditato l’appetito e l’amore per la buona tavola: è stato proprio lui ad insegnarmi come esprimere apprezzamento per qualcosa di buono avvitando l’indice della mano sulla guancia!
Alla mia mamma, ottima cuoca, devo la passione per la sperimentazione e la “ricerca”, grazie alle sue frequenti incursioni nella cucina moderna e creativa; lei inoltre è la custode delle tradizioni di famiglia più autentiche e della formula infallibile per uno strudel senza rivali, per il pesto più profumato o per la crostata più friabile.
Le mani in pasta le ho messe molto presto, dapprima in ruoli da “piccola aiutante”, e poi pian piano con più autonomia; ricordo le attese interminabili incollata alla finestrella del Dolce Forno per monitorare la cottura dei miei esperimenti, le cene preparate con mia sorella con tanto di menu scritto in bella grafia per sorprendere i nostri genitori e le prime ricette ritagliate dalle pagine delle riviste ed incollate sul mio quadernino.
2. Il tuo blog si chiama “Ab ovo usque ad blog”, un titolo che mi ha sempre incuriosito. Oltre alla citazione classica (“ab ovo usque ad mala” significa “dall’uovo alle mele”, secondo l’abitudine degli antichi romani di iniziare un pasto con le uova e di concluderlo con le mele), mi viene sempre in mente l’alfa e l’omega della cucina, o meglio, da un lato penso al gesto antico di cucinare, e dall’altro alla modernissima condivisione del tuo sapere attraverso il blog. Cosa ha fatto scattare la scintilla per trasformare un’ottima cuoca in un’ottima blogger?
Prendendo a prestito una citazione classica ho tentato di condensare in una formula il significato che la cucina riveste nella mia esperienza. Quindi, anzitutto, giustissima la tua interpretazione “cronologica”, intesa sia in senso lato che personale: la cucina come passione primigenia e mai sopita, che con gli anni ha assunto la forma di condivisione attraverso lo strumento del blog; ma anche la cucina come patrimonio di gesti e saperi, come culla di cultura, trasformata in comunicazione, ricerca e confronto nel mondo virtuale dei nostri giorni.
Al mio blog, nato in un momento personale un po’ difficile, ho attribuito anche il significato di una “rinascita”, di un’opportunità o un piccolo riscatto imperniato sulla voglia di dedicare a me stessa un angolo di svago, che fosse di stimolo ad approfondire, confrontarmi ed allargare i miei orizzonti. In questo senso “Ab ovo” come promessa di ripartire da qualcosa di importante per me.
Infine, perché credo che l’uovo sia l’ingrediente principe della cucina, quello al quale ogni cuoco non può rinunciare: dalla pasta fresca alle salse, ai dolci, è la base di moltissime preparazioni classiche e lo spunto per infinite interpretazioni creative.
3. Nella presentazione di te sul blog definisci la cucina come “il regno dell’istinto” di una persona altrimenti molto razionale. Una specie di isola della creatività in un mare di logica…tanto che ammetti che difficilmente segui una ricetta alla lettera. Questo “tocco di Giulia”, impulsivo e passionale è sempre un affidabile alleato, o a volte genera anche solenni delusioni? Ci racconti qualche grande successo o grande fallimento legato alla tentazione di “modificare un piatto in corso d’opera”?
Naturalmente è stato, ed è, anche fonte di fallimenti e delusioni! Diciamo che col tempo ho imparato a selezionare con più attenzione le ricette dove posso permettermi deroghe e interpretazioni personali e quelle in cui è bene attenersi scrupolosamente alle istruzioni: per questo di rado mi avventuro nella fine arte della pasticceria, la quale richiede un rigore ed una precisione che mal si conciliano con lo spirito un po’ scanzonato e “libertino” che professo quando sono ai fornelli.
I fallimenti e le cocenti delusioni li imputo però più alla mia ansia innata ed all’impazienza, che spesso mi portano a fallire miseramente proprio quando vorrei fare bella figura.
4. L’indice delle tue ricette è una specie di “paradiso dei golosi”. Passi senza problemi dai grandi classici alle ricette vegetariane, passando per la cucina etnica allo street food…cosa ti guida nella scelta delle ricette che condividi sul tuo blog? c’è una fonte di ispirazione a cui ti rivolgi e che consiglieresti a tutti gli appassionati di gastronomia?
Per via del mio carattere schivo, che mi porta sempre a difendere gli aspetti più personali ed intimi del mio vissuto, raramente condivido le ricette di famiglia, proprio perché indissolubilmente legate a memorie, affetti e circostanze private. Ciò non toglie che di tanto in tanto mi conceda qualche divagazione “romantica”, in cui cucina e scorci di vita s’intrecciano: d’altro canto credo che per la maggior parte di noi l’esperienza del cibo sia innanzitutto profondamente affettiva. Senza bisogno di scomodare Proust e le sue madeleines, se penso ai miei piatti del cuore scorgo chiaro un sottofondo comune che li lega a certi profumi mai dimenticati della mia infanzia ed alle persone più care della mia famiglia.
Quanto alle ispirazioni, spesso nascono da letture o spunti del web; molto dalla curiosità verso le cucine di altre culture oppure semplicemente seguendo l’istinto ed i profumi di un ingrediente e provando a costruirci intorno una ricetta.
Contrariamente alla maggior parte delle foodies, possiedo pochi libri di cucina e sono molto selettiva nell’acquisto. Se dovessi però dare un consiglio agli appassionati come me, sceglierei due nomi: sicuramente un volume di Ottolenghi per la cucina d’ispirazione mediorientale, gli ottimi spunti vegetariani e la sua capacità di combinare le spezie in maniera sorprendente (ormai conosco praticamente a memoria il suo Jerusalem!). Per chi ama i grandi classici della cucina italiana, imprescindibile invece Il Talismano della felicità di Ada Boni, un catalogo gastronomico ricchissimo, con interessanti note di costume ed alcune chicche di incredibile modernità.
5. Infine la “domanda campanilista”: c’è una ricetta della tradizione regionale piemontese a cui ti senti particolarmente legata. Un piatto rappresentativo di te, della tua famiglia o della tua cucina che faresti assaggiare ad uno sconosciuto per avvicinarlo al tuo modo di essere e di vivere il Piemonte?
Senza ombra di dubbio gli agnolotti, il piatto di tradizione per eccellenza nella mia famiglia. Li prepariamo esclusivamente a Natale, rigorosamente a mano, e tutta la famiglia collabora all’impresa (anche se la vera artefice è la mia mamma).
E poi come non citare la meravigliosa teoria di antipasti classici, tipici della merenda sinoira? Dalle acciughe al verde ai tomin eletrich, dalla carne cruda al coltello agli sformati di verdura con la fonduta… c’è solo l’imbarazzo della scelta! Un vero antenato degli happy hour ed un’esperienza che vale assolutamente la pena provare.
6. Come dimostrano i suggerimenti libreschi a cui hai appena accennato, sul tuo blog la cucina etnica è molto ben rappresentata. Tra le tante ricette curiose io ho scelto di riproporre ai lettori del Betullablog il tuo Borek (ovvero una chiocciola di pasta phillo ripiena con feta ed erbette). Un piatto semplice da eseguire, molto gustoso e adatto ai pic-nic di questa stagione (senza essere la solita torta salata). Come l’hai definito tu il borek è una sorta di “passepartout gastronomico” tra le culture: è diffuso in tutta l’area della dominazione ottomana (dai balcani, al nord Africa, alla Grecia e alla Bulgaria), in innumerevoli varianti e con infiniti ripieni (fritto, al forno, bollito, da passeggio). Insomma un piatto che è un po’un aiutante magico, di cui non ho potuto non notare il simbolico forma a chiocciola che si rivela poi in un’esplosione di sapori.
BOREK di GIULIA Ab oVo
Qui la ricetta originale di Giulia.
Ingredienti per uno stampo circolare da 26 cm:
300 g circa di pasta phillo
400 g di erbette biete
200 g di feta
200 g di formaggio ricotta
200 g si macinata di bovino
1 uovo grande
2 cipollotti
2 cucchiai di menta fresca tritata
1 noce di burro
1 cucchiaio di latte
semi di sesamo biondo
olio extravergine d’oliva
sale
Procedimento:
Lavare le biete più volte in acqua corrente. Pulire i cipollotti, affettarli sottilmente e farli appassire in una padella con un filo d’olio; unire quindi le erbette scolate e fare insaporire ed asciugare per pochi minuti. cuocere la carne macinata in una padella antiaderente con un filo d’olio. Lasciare intiepidire le verdure, quindi tritarle grossolanamente con una mezzaluna o un coltello. In una terrina mescolare le verdure tritate, la carne macinata, la feta sbriciolata, la ricotta. Assaggiare e se necessario salare (data la presenza della feta potrebbe non esserlo). In una ciotolina sgusciare l’uovo, sbatterlo ed unirlo al composto, tenendone da parte un cucchiaio che servirà per spennellare il börek prima della cottura.
Stendere sul piano di lavoro un foglio di pasta phillo, spennellarlo delicatamente con il burro fuso e sovrapporvi un secondo foglio. Distribuire il composto di erbette e feta sul lato lungo ed arrotolare il foglio sul ripieno fino a formare un cilindro. Spennellare di burro la superficie e procedere allo stesso modo fino ad esaurimento degli ingredienti.
Disporre i cilindri su una teglia rivestita di carta forno, arrotolandoli su stessi a partire dal centro della teglia e facendone combaciare le estremità. Spennellare delicatamente il börek con l’uovo tenuto da parte mescolato con il latte e cospargerne la superficie con i semi di sesamo. Cuocere in forno caldo a 180° per circa 30 minuti o fino a quando la superficie non risulterà dorata.
roberta dice
Le tue interviste sono sempre bellissime curiosità sulla passione che accomuna noi cuciniere!!!
pamela dice
Che bella iniziativa: è sempre interessante scoprire chi c’è dietro ai blog che seguo.
Pamela
Betulla dice
Grazie mille cara Pamela! Mi piace tantissimo esplorare con queste mini interviste i blog delle tante e care amiche che inontro sul web! Con l’occasione ne approfitto anche per provare nuove ricette e per non fermarmi alle apparenze distorte che queste comunicazioni social ci impongono. Insomma, rallento, rifletto, cucino e conosco meglio una nuova amica!